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A Roseto degli Abruzzi sta prendendo il via un nuovo centro di scommesse di una catena in franchising. Che io sappia che ne sono almeno altri tre o quattro.
Ci sono passato davanti l’altra sera, ho scattato lì davanti all’entrata, e la cosa pare che sia stata “tollerata” e non “gradita” da chi stava lavorando alla vetrina. E’ chiaro, la gente scatta foto e selfie con chiunque, mette su Facebook tutto il bambinàme possibile, poi però si stranisce se uno fotografa una vetrina di un negozio regolarmente posto sulla pubblica via. Un po’ come quelli che ti dicono che non puoi prendere loro il numero di targa perché c’è la privacy.
Che dire? Spero che chi l’ha aperto con entusiasmo abbia anche il suo ritorno economico.
Però questi centri scommesse e ricevitorie varie cominciano a spuntare come i funghi. Assieme ai compro-oro e alle rivendite di sigarette elettroniche, liquidi, aromi e pseudonicotinàme assortito.
Ci si potrebbe fare una riflessione. Magari (dico, non sicuramente, ma magari) Roseto è un paese di personcine nervosette che si aggrappano alla sigaretta, non sanno smettere e sono costrette a far ricorso ai surrogati. Hanno anche pochi soldi, si vanno a rivendere sottoprezzo l’argenteria di casa, la catenina della nonna o la presentosa della zia Cesira (cosa sia la presentosa, vi chiederete, va beh, poi ve lo spiego), e vanno a scommettere.
Ecco, questo non capisco. Scommettere. Oh, per carità, ognuno ha il diritto di aprire tutti i centri scommesse che vuole, ci si mette sopra una vetrofania con un figone da sballo e il gioco è fatto. Ma la gente? La gente che cerca di azzeccare una combinata, una corsa, un risultato e dopo mezzo minuto è pronta a gettare via la ricevutina per tentarci di nuovo.
Alberto Sordi in un’intervista diceva “Non mangiate troppo che poi diventate poveri!” Voleva dire che la povertà, dopo che si è conosciutto un maggiore agio, diventa insopportabile. E chi perde il suo denaro scommettendo diventa lentamente sempre più povero, fino a vedersi in una condizione insopportabile.
Ecco, volevo dirvi che sono preoccupato.