Quel “fascistello” che non è in ognuno di noi

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Lucia Annunziata ha pubblicato sull’Huffington Post (realtà editoriale la cui essenza mi è sempre sfuggita, chiedo scusa, sto invecchiando e a certe cose non ci arrivo più) un articoletto (nel senso di “articolo breve e di piccole dimensioni”) intitolato “Non infierirò su Silvio Berlusconi. Perché non sono una fascista”.

Le prime righe recitano:

“So che molti di voi, forse la maggior parte, non sarà d’accordo con quello che sto per scrivere, ma tant’è .

In ognuno di noi esiste un fascistello. È quello che ci fa godere se siamo più belli e più forti di chi ci sta davanti. È sempre lui quello che ci induce a sfoggiare i muscoli, a esercitarci contro quelli più deboli di noi – i vecchi, gli stupidi, i brutti, i poveri, i neri, le donne, i gay… la lista è infinita.

Ma il fascista più fascista di tutti è a mio parere quella pulsione interiore che ci fa infierire sui nemici vinti.”

La consapevolezza di non essere condivisa fa onore alla Annunziata, ma l’onore finisce qui. E da qui in poi comincia l’onere di avere scritto.
All’affermazione secondo cui “in ognuno di noi esiste un fascistello” (la retorica ricorda il “Fanciullino” pascoliano, per cui “È dentro noi un fanciullino”) verrebbe da risponderle che non può dare definizioni generiche. L’idea di un fascismo ingenerato nell’uomo, quasi fosse una sorta di innesto posto in essere da una ingegneria genetico-ideologica non può essere sostenuta. Per nessuno.

Così come non può essere sostenuto come un “infierire sui nemici vinti” l’inopportuno messaggio su Facebook pubblicato ieri da Vito Crimi. Io stesso l’ho stigmatizzato. E’ inopportuno, appunto, fuori luogo, e perfino inutile parlare delle condizioni di salute, vere o supposte, di Berlusconi (questo è l’argomento di cui si parla nell’articolo).
Ma è inopportuno perché non c’entra niente con quello che avrebbe dovuto essere discusso in Giunta, ovvero la decadenza o meno del Berlusconi.
Si trattava di vedere, in altre parole, se Berlusconi dovesse perdere la sua carica di senatore per la condanna subita o no. Punto.
Ma lo scrivere (o riportare) quei contenuto non sono un atto fascista. Sono, tutt’al più un atto di imbarazzante e certamente non giustificabile ingenuità. L’irresistibile tentazione si prendere un telefonito, sditeggiare, oppure forwardare e mettere tutto quanto a disposizione della gente che magari poi ti dice anche “Bravo!”, l’idea che in rete si possa fare di tutto, la convinzione che è possibile dire qualcosa e farla franca, con conseguente linguaggia al compagno di giochi. Ma che sia fascista/fascistello proprio no.

Conclude la Annunziata:

“Ma soprattutto non infierirò su Silvio Berlusconi, perché non sono un maramaldo, non amo i bulli, non mi piacciono le feste sul corpo degli altri. Non sono una fascista, insomma.”

C’è solo da ricordare a Lucia Annunziata che i calci ai cadaveri di Mussolini, della Petacci e degli altri gerarchi appesi per i piedi a Piazzale Loreto non li hanno certo dati i fascisti.