Matteo Renzi e Maria Elena Boschi indagati

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Giunge in queste ore la notizia, data per primo dal quotidiano “La Verità” e, successivamente, confermata dall’agenzia ANSA, che Matteo Renzi e Maria Elena Boschi sono stati iscritti nel registro degli indagati dalla Procura di Firenze e che lo scorso 2 novembre è stata emessa nei loro confronti una informazione di garanzia per finanziamento illecito continuato, assieme al deputato PD Luca Lotti e ai già indagati Alberto Bianchi e Marco Carrai.

Il capo di accusa motiva così il provvedimento della Magistratura fiorentina: “perché in concorso tra loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (…) ricevevano in violazione della normativa citata i seguenti contributi di denaro che i finanziatori consegnavano alla Fondazione Open”: circa 670.000 euro nel 2012, 700.000 nel 2013, 1,1 milioni nel 2014, 450.000 nel 2015, 2,1 milioni nel 2016, 1 milione nel 2017 e 1,1 milioni nel 2018.”

Le somme, secondo la Procura, erano “dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Boschi e Lotti e della corrente renziana”.

Fin qui i fattti. Che non sono minimamente in discussione.

Il ricordo va a quando Matteo Renzi prennunciava denuncia civile con richieste di risarcimento stratosferiche a chiunque lo avesse offeso attraverso i social network o i blog, e alla causa intentata nel dicembre 2017 da Maria Elena Boschi contro quel gentiluomo che è Ferruccio De Bortoli, colpevole, a suo dire, di aver pubblicato notizie false e diffamatòrie sul suo conto in uno dei suoi libri. Non si è mai saputo come sono andati a finire questi ricorsi (ammesso e non concesso che siano andati a finire). Voglio, comunque, essere garantista. Si difendano davanti ai PM in prima istanza e davanti ai giudici di merito che decideranno sulla fondatezza o meno delle accuse.

Ma l’arroganza del potere passa, prima o poi, attraverso la rendicontazione della verità. In questo caso la verità è quella giudiziaria. Noi, come al solito, pazientemente, aspettiamo.

Il Re Sciaboletta l’è turnà’ a cà’

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Vittorio_Emanuele_III_di_Savoia_ed_Elena_di_Montenegro

E così son tornati a riposare insieme, dopo che lui era sepolto da 70 anni ad Alessandria d’Egitto. E’ stato tutto un trabagài, un rimestume, un anda e rianda di notizie date col contagocce, per cui prima è arrivata in gran segreto la salma di lei che è stata portata a Vicoforte, poi, preannunciata, quella di lui, che ora le è accanto, per l’ultimo abbraccio della morte e il sempiterno assalto dei curiosi e dei nostalgici. Ma tranquilli, nulla è stato fatto segretamente, è stata una questione di rispetto della “riservatezza”, hanno detto. Quindi non l’hanno fatto sapere se non a cose quasi fatte. E, soprattutto, non l’hanno fatto sapere all’Unione delle Comunità Ebraiche in Italia che ancora avrebbero da dire per quella firmetta di Sua Maestà in calce al testo delle leggi razziali del 38. E a quegli italiani che ancora non si dimenticano la vergognosa fuga da Ortona del Sovrano e delle sua famiglia, lasciando il Paese nel più totale abbandono e nel disastro sanguinario della guerra civile, perché la memoria è soprattutto storia e certe onte sono e rimangono incancellabili. Ci vorrebbe un po’ più di coraggio nel fare certe cose, quello di presentarsi agli italiani e dire che sì, si vuole un volo di Stato per trasportare un feretro dall’Egitto, quello del re che li ha traditi, così gli italiani metteranno mano alle tasche oltre che sentirsi defraudati del loro stesso vissuto. Che è la storia dei padri di ciascuno di noi. Perché io me lo ricordo ancora il mi’ nonno Armando che mi raccontava delle dimisssioni di Mussolini e di quando andò al governo Badoglio, gli andavano giù le lacrime dai bordi degli occhi, gli andavano. Tra i commenti più imbarazzanti, a parte quello di Vittorio Emanuele di Savoia che voleva che il suo avo venisse sepolto al Pantheon pur non avendo i meriti del suo predecessore più illustre, Vittorio Emanuele II, figura quello di Pietro Grasso, ancora (ma per pochi giorni) Presidente del Senato:

“Il rientro della sua salma in italia, essendo stata esclusa categoricamente la possibilità della tumulazione al Pantheon è un mero atto di umana compassione senza alcun onore pubblico, gestito con prudenza e sobrietà.”

Ed è lì che mi cascò il ciuco. L'”umana compassione” presuppone l’oblio per chi non crede, e il perdono per chi, bontà sua, è credente. Per poter compiere un’opera di misericordia, il dolore del torto subito da quest’uomo dovrebbe essere dimenticato, posto in un angolo della memoria. E invece è ancora vivo. Non ci siamo dimenticati di niente. L’incarico di formare il governo a Mussolini lo diede lui, e chi è sopravvissuto se lo è portato dietro tutta la vita.

Riposi sì. Ma non riposi il diritto alla memoria.