Il senso di Eidos per Wikipedia

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PREMESSA:

Questo è un articolo che NON vuole disprezzare “Eidos” né esaltare Wikipedia (che continuo a ritenere ridondante, inutile, ingestibile e inaffidabile).
E’, tutt’al più, un articolo sul come-si-fanno-le-cose-quando-si-scrive, tutto lì. Chiunque metta in dubbio questa premessa o è in malafede o, come diceva il mi’ nonno Armando, cià ‘r culo sudicio.

SVOLGIMENTO:

L’occasione me la dà un articolo pubblicato sul n. 229/2015 di “Eidos” a pagina 29. Vi è ospitata, nella rubrica “Curiosizie” una digressione sul “Perché via Galilei a Campo a Mare si chiama così”. Di questa digressione, lunga 29 righe, almeno 26 sono dedicate a parlare di Galileo Galilei. Ebbene, senza voler essere cattivi, ma fotografando solo il mero dato, TUTTE queste righe sono state tratte dalla voce di Wikipedia su Galileo. Si tratta di un dato inconfutabile e innegabile. Ecco qui la scansione della pagina:

eidos

ed ecco qui, invece, quanto riportato da Wikipedia:

galileo

Non c’è che dire, a parte l’omissione dei numeri delle note, il testo è identico.

La domanda successiva è quasi scontata: perché copiare pedissequamente senza nemmeno citare la fonte? A voler ben vedere un riferimento c’è, è quell'”Infoweb” tra parentesi alla fine del testo di “Eidos”, ma non soddisfa affatto. Non ha alcun senso dire “l’ho preso dal Web”, è come se si citasse come fonte la Biblioteca Comunale nel caso di un testo ripreso dalla Treccani lì costodita. Oh, intendiamoci, non che non sia lecito (e per molti versi è incoraggiato) copiare da Wikipedia. Ma ci sono delle condizioni. La pagina dedicata a Galileo Galilei è distribuita secondo la licenza Creative Commons Attribuzione – Condividi allo stesso modo 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0). Chissà cosa ci sarà scritto?? Andiamo un pochino a vedere: ciascuno è libero di “Condividere — riprodurre, distribuire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare questo materiale con qualsiasi mezzo e formato” con la seguente condizione “Devi riconoscere una menzione di paternità adeguata, fornire un link alla licenza e indicare se sono state effettuate delle modifiche. Puoi fare ciò in qualsiasi maniera ragionevole possibile, ma non con modalità tali da suggerire che il licenziante avalli te o il tuo utilizzo del materiale.”
Ora, la “menzione di paternità adeguata” non c’è e mancherebbe anche il link alla licenza (d’accordo, si tratta di una pubblicazione cartacea, quindi il link non avrebbe senso -o magari anche sì, chissà-). In breve, io devo mettere qualcosa che indichi al lettore, il quale deve capirlo in maniera sufficientemente inequivoca, che quello scritto è tratto da Wikipedia. Punto.

Oggi con un copia-incolla si possono riempire decine e decine di pagine, si tratta di uno sport piuttosto diffuso e molto triste perché, come nel caso di Eidos, non vince mai nessuno perché tutti si fanno autogol da soli.

A me basta ricordare quello che mi diceva la mia maestra, la Laura del Quaglierini, la quale nell’insegnarci (teste dure che eravamo!) come si fa una ricerca ci diceva che occorrevano almeno due fonti, che non serviva a nulla copiare parola per parola e che i concetti era meglio rielaborarli e dirli con parole nostre, che una ricerca è una delle cose in assoluto più difficile perché difficile è, appunto, essere originali.

Ma la Laura del Quaglierini è morta da tempo e le quadernate di analisi grammaticale che mi faceva fare mi sono ancora impresse.

Lettera aperta a William Di Marco per i lettori di Eidos

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Caro William,

seguo spesso i tuoi interventi su “Eidos”. Mi ripropongo altrettanto sovente di intervenire, ma i propositi restano tali grazie alla mia proverbiale pigrizia. Oggi mi sento più diligente.

Mi pare che il tuo paragone del governo Renzi con il teatro popolare pregoldoniano di fine ‘600 sia ingeneroso nei confronti di questa forma d’arte (il Barocco è soprattutto caricatura!). Mi sembra, piuttosto, che per modalità espressive, pose e vacuità di contenuti ci si possa più appropriatamente riferire alle televendite urlate da imbonitori pronti a vendere un set di pentole o una termocoperta con bicicletta in omaggio ai primi cinquanta che telefonano.

Renzi non è stato eletto, è stato imposto a tavolino come sostituto  di Enrico Letta. Non ha alcuna forma di legittimazione elettorale se non, probabilmente, quella che gli deriva dalla sua ex carica di sindaco di Firenze (e solo quella). E’ un signore che si vanta del fatto che il suo partito abbia conquistato il 41% alle europee, dimentico che in Italia si governa con le politiche. Ha chiamato “riforma” quella che è una vera e propria amputazione democratica, l’abolizione del Senato della Repubblica per come lo conosciamo, allo scopo di “risparmiare”. Ma sulla democrazia, così come sull’istruzione e sulla sanità, non si risparmia. Il bicameralismo perfetto è uno strumento vitale per garantire la legittimazione degli atti parlamentari, e come tale lo vollero i nostri padri costituenti.

L’abolizione dell’articolo 18 (portata a compimento dopo aver ascoltato sommariamente le parti sociali) ha coinciso con la stagione forse più oscura degli scontri tra polizia e operai. E a confrontare quello che guadagna un operaio con quello che guadagna un poliziotto, non è esagerato parlare di guerra tra poveri.

E poi la scuola. Gli insegnanti si sono visti di nuovo congelare per un anno gli scatti di anzianità (e, quindi, di esperienza) che permetterebbero loro di avere una maggiore retribuzione e, conseguentemente, uno stile di vita migliore. E’ stato uno dei primi annunci della preraffaellita ministro Madia, ma poi si è preferito parlare dei gelati che mangia, e anche questo è un indice di come i mezzi di distrazione di massa facciano dimenticare immediatamente le notizie più importanti preferendo loro valange di giornalismo-spazzatura.
E la scuola ha bisogno, certo, di basare la sua crescita sul merito. Ma nessun ministro, tra quelli che citi, ha mai saputo codificare -né si è azzardato a farlo- i criteri oggettivi per cui un insegnante “merita” più di un altro. Perché questo limiterebbe quella libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione stessa, per cui un insegnante non può dirsi meno bravo se fa lezione in classe rispetto a quello che accompagna gli alunni ai viaggi d’istruzione.

Stiamo assistendo ad uno sfascio istituzionale senza precedenti nella storia della Repubblica. Dobbiamo sporcarci tutti un po’ le mani (possibilmente d’inchiostro) se vogliamo uscirne indenni. Questi spunti sono solo un piccolo contributo alla discussione con i tuoi lettori.

Un caro saluto

Valerio Di Stefano

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“Eidos” pubblica i nomi dei 159 indagati a Roseto degli Abruzzi. Ma uno è deceduto.

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“Eidos” è un quindicinale di Roseto degli Abruzzi.

E’ a distribuzione gratuita (e non ho assolutamente niente contro i periodici a distribuzione gratuita) e contiene una altissima percentuale di pubblicità (e io non ho niente in contrario alla pubblicità e ai periodici che si autofinanziano ospitando annunci a pagamento di questa o di quella azienda).

Solo che, quando mi càpita di andare a comprare il quotidiano in edicola e me lo offrono con gesto quasi meccanico (gratis, s’intende!), rispondo sempre con un “No, grazie!”

Perché il fatto che io non abbia nulla contro la distribuzione gratuita di un periodico e la sua decisione di sostenere i costi di stampa e distribuzione con la pubblicità non vuol dire che io ne debba condividere per forza i contenuti o volerlo a tutti i costi. E questo mi pare lapalissiano.

“Eidos”, nel suo numero 161, anno VII, ha ripreso la notizia, già pubblicata sul quotidiano locale “il Centro”, che riferisce dell’iscrizione nel registro degli indagati di 159 cittadini, di cui 17 vigili urbani per ipotesi di reato che vanno dal concorso in truffa al concorso come esterno in abuso d’ufficio, falso materiale o ideologico. Alcune contravvenzioni elevate sarebbero state “ridotte” nella sanzione e nell’infrazione contestata, permettendo un risparmio all’automobilista e creando un danno alle casse comunali.

Ho già detto che non mi piacque l’iniziativa de “il Centro” di pubblicare i nomi di TUTTI gli indagati, anche perché se ci fosse stata una sola assoluzione tra le 159 posizioni contestate, mi chiedevo se la stampa locale avrebbe avuto almeno il buon gusto di dedicare alla notizia dell’assoluzione lo stesso spazio che ha dedicato a quello della pubblicazione del nome, mettendolo in evidenza in un riquadro a parte.

“Eidos” ha ripubblicato tutti i nomi, aggiungendo particolari in più. Intanto l’età e/o l’anno di nascita degli indagati per evitare spiacevoli casi di omonimia. Lodevole delicatezza. Inoltre, l’elenco degli automobilisti indagati viene ordinato per vigile urbano. Ovvero, non si sa solo che quel cittadino è stato indagato per aver beneficiato di una agevolazione nella riduzione della sanzione, ma anche chi è stato il vigile conciliante (una volta dovevano conciliare gli automobilisti, e va beh…).

Si dirà: “E’ diritto di cronaca, si tratta di dati pubblici e, quindi, possono essere ripubblicati anche in forma esaustiva”. Ripeto: “E se qualcuno venisse assolto??” Niente paura, la magistratura farà il proprio dovere e quando si arriverà a una sentenza, anche non definitiva, se ne darà debito conto.

Sembra un ragionamento che fila liscio come l’olio. Ma stavolta si dà il caso che uno degli indagati sia, nel frattempo, deceduto. E che sia stato, si veda il caso, uno dei vigili urbani di cui si fa l’elenco completo, nome, cognome ed età, a pagina 5 del numero in questione, mentre a pagina 6 sono riportati nello stesso ordine i vigili urbani, ciascuno con i nomi dei rispettivi beneficiati.

A pagina 6, dunque, appare la dicitura “vigile deceduto”, ma il nome e cognome del defunto appaiono regolarmente a pagina 5, per cui, sottraendo dall’elenco di pag. 5 i nomi dei vigili di pagina 6 si ottene il nome del vigile deceduto.

Si potrà sempre dire che, in fondo, anche il decesso di una persona è una circostanza pubblica.

Sì, ma si dà anche il caso che, nel diritto italiano, la morte dei presunto reo è causa di estinzione del reato. Cioè, un reato si estingue perché chi si sospetta l’abbia commesso, nel frattempo è morto. Per cui se Tizio ruba una mela, ma muore prima di un pronunciamento definitivo, il furto della mela si estingue. E Tizio, logicamente, non verrà mai condannato.

Né si potrà sapere, nel caso del vigile deceduto in questione, se era responsabile o meno dei reati che gli erano stati ascritti, perché non è cominciata nemmeno la prima udienza di primo grado e non è stata pronunciata nessuna sentenza, neanche non definitiva. Non si è entrati, in breve, nel merito dei fatti.

Era proprio necessario? Si doveva fare?? E se sì, per quale motivo???

A chi giova, sempre che giovi a qualcuno, l’eccesso di zelo di una cronaca che, alla fine, non assume più le caratteristiche dell’informazione, ma quelle della ridondanza e del “cumulo” di dati che arrivano prima ancora delle sentenze,  ma hanno effetti molto più distruttivi? Perché adesso chi glielo dice alla famiglia del defunto, ovvero di una persona il cui reato, se mai è esistito,  è già estinto, che quelli della stampa, come quelli della magistratura, erano “atti dovuti”?

Roseto degli Abruzzi – Bertolaso riceve la Rosa d’Oro 2009

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Sul n. 109 di Eidos, che porta la data del 20 febbraio 2010, a pagina 31 è riportato un succinto articolo con un reportage forografico sul conferimento della Rosa d’Oro 2009 (Città di Roseto degli Abruzzi) a Guido Bertolaso.

Tra le foto riportate, assieme a quelle coi politici locali e coi rappresentanti della Giuria del Premio, anche una posa in cui il Bertolaso si mostra assieme a cuochi e camerieri del ristorante di pesce di turno.

Pochi giorni dopo Bertolaso sia stato inquisito.

E peccato anche che la giuria non abbia emesso un comunicato stampa in cui ritira e revoca il premio conferito a Bertolaso per essersi “distinto dopo i tragici fatti del 6 aprile scorso”. Nessuno poteva sapere *prima*, è vero. Ma nessuno ha voluto fare *dopo* un passo indietro per stabilire che una persona premiata quanto meno debba essere al di sopra di ogni sospetto.

No, Bertolaso è accusato di corruzione e, nel dubbio, il premio resta.
Ecco.