Ebola Day

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E’ tutto pronto, non manca proprio nulla. Qualche poveraccio morto in condizioni igieniche e sanitarie precarie, un morbo per cui non si conosce vaccino, telecamere, giornalisti quanto basta.

E’ lo spettacolo del terrore che inizia, basta accendere la TV. Era già successo con l’AIDS negli anni 80, la malattia dell’edonismo reaganiano, ed è continuato con l’influenza aviaria, per cui tutti a guardare le anatre che migravano in cielo, con la speranza che non ci cagassero proprio sugli occhi.

Ogni dieci anni qualcuno si ricorda che c’è da smaltire quella fornitura di farmaci antivirali stoccati da qualche parte. Oppure che la gente ha una paura fottuta di morire, ça dépend. E facendo leva su questa paura da una parte, e sull’ignoranza dall’altra si realizza ogni giorno un film dell’orrore, di quelli dozzinali, che avevano titolo tipo “L’ultima notte nella tredicesima casa”, “I morti viventi vincono ancora” o “Non bussate alla mia finestra”. Quelli in cui lo vedevi lontano un miglio che c’era il trucco, e anche fatto male.

L’ebola non è altro che questo. In Spagna, dove una infermiera sta morendo, non si parla d’altro. Siti web e quotidiani sono letteralmente pieni dell’argomento “ebola”. La gente non sa più che fare o che dire. Hanno anche assassinato il suo cane per la psicosi che fosse portatore di malattia, bastardi. Rajoy ha già dichiarato che più di questo non si è in grado di fare (dopo il cane potrebbe provare a sparare a un rinoceronte per vedere di nascosto l’effetto che fa, soprattutto se lo prendi di striscio) ed è subito caos mentale.

Noi in Italia ci salviamo perché nessun contagiato ha (ancora) toccato il nostro suolo. E’ accaduto in Spagna, dunque è una cosa che riguarda loro. Siamo talmente imbecilli da credere che un virus, nel propagarsi, osservi strettamente i confini della cartina geografica, senza pensare che viviamo in un’Europa in cui c’è libera circolazione di persone e merci, dunque anche dei virus.

Ma durerà poco. Soprattutto se i giornali non avranno altri argomenti da proporre ai lettori.