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Avrei voluto scrivere, e a lungo, sulla vicenda della tesi di dottorato del Ministro Madia che presenterebbe ampie parti coincidenti o molto simili a quelle di altri studiosi suoi precedenti.
Dicevo, avrei voluto scrivere ogni volta che ci fosse stata qualche novità rispetto a quanto emerso dalla indagine del Fatto Quotidiano, e che mi pare ben documentata, di quelle documentazioni che ti fanno andare “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Avrei voluto farlo ma non l’ho fatto. Perché il tema mi tocca particolarmente e, dato che ho una certa sensibilità al riguardo, ho preferito tacere.
Oggi però un paio di cosette le vorrei dire.
La prima è che il copiare in una tesi di laurea o in un qualsiasi altro lavoro scientifico è un atto riprovevole e contrario a qualsiasi forma di rispetto del lavoro altrui e di decenza accademica. L’unica volta che ho copiato in vita mia fu durante un compito di matematica alle medie. C’era da sommare un quarto più un quarto e il mio compagnuccio scrisse un ottavo. Io, pur molestato dal dubbio, lo ripresi pari pari e la professoressa, che Dio la conservi, mi diede quattro (e fece bene!). E’ fondamentale sapere SEMPRE cosa va dentro e cosa va fuori le virgolette e ande da dove lo si è preso e chi l’ha scritto. Non basta, come si è difesa la Madia, citare quei lavori in bibliografia. Perché in bibliografia metti le opere che hai consultato (e si spera che tu le abbia lette una per una), ma non tutto di quello che hai consultato l’hai citato e il tuo lettore deve sempre avere sott’occhio il percorso che stai facendo, sapere se a parlare sei tu o una tua fonte.
La seconda è che non mi piace per niente la piega che sta assumendo il prosieguo della vicenda. Lo stesso giorno dell’uscita delle 45 slide con la collazione del testo-Madia e del testo originale fatta dal Fatto Quotidiano, la Madia ha annunciato querela. Non so se poi l’abbia anche proposta, come sembra, ma di certo davanti a una mole davvero impressionante -o, se vogliamo essere cauti nel parlare, consistente- di dati non c’è stato un commento che fosse uno che andasse nel merito. Nessuno che abbia detto “Al contrario di quello che afferma il Fatto qui le virgolette ci sono” oppure “qui non è vero che manca la citazione”. No, si è passati subito dalle contestazioni al “Valuteranno i giudici”. Che, per carità, è anche un diritto (come ho scritto quella sera stessa alla Madia via Twitter), ma non permette di dare una risposta alla domanda “Quel lavoro è stato copiato? [e per dare una risposta a questa parte di domanda basta la documentazione messa a disposizione del Fatto]. E se sì con quale grado di mala fede, ma, soprattutto, a quale scopo?”. Sono cose che non sapremo mai.
Fatto sta che proprio quella sera non ce l’ho fatta a tenere i polpastrelli lontani dall’account Twitter della Madia e le ho scritto “Suo diritto ricorrere ai giudici. Ma se dovesse perdere (come credo) la causa, che fa, si dimette? L’articolo mi pare ben documentato.” Tutto lì. Mi hanno risposto dei fan piuttosto incazzati chiedendosi chi mai io fossi per poter presagire che non ci fosse materiale per permettere alla botticelliana di riscattare il suo onore e quello della sua tesi stralciati. LA risposta è semplice. Sono un lettore, ho visto il materiale a corredo degli articoli, mi pare che le accuse siano provate, viviamo in un paese in cui esistono ancora la libertà di espressione, di critica e perfino di satira, la Madia è un personaggio pubblico, quindi quella notizia e quella documentazione sono di pubblico interesse. Mi hanno dato del verme, dell’incompetente, di tutto di più. Ma la cosa più fastidiosa sono stati i continui like e le notifiche dei retweet. Ovviamente non riguardavano il mio intervendo, ma quelli dei miei detrattori, e più detrattori avevo più fili-PD andavano ad insozzarmi la bacheca con i loro “bravo!”, “Oh, sì, come dici bene!!” “No, sei più brava tu!”, “No, guarda, come sei bravo tu non ce ne sono…” E così via.
Ho dovuto togliere il mio intervento per aver espiato la pena (non potevo stare a cancellare centinaia di notifiche, Twitter è uno strumento che serve ad altro!), ma ve ne do contezza in questo post. Almeno tra di noi ci si capisce!