Il potere e la gloria

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L’atteggiamento sminuente di Renzi si concretizza soprattutto quando il Nostro si trova faccia a faccia con il dissenso.

Se qualcuno lo contesta alla Festa dell’Unità a Bologna, si tratta di pochi “fischi”. Se qualcuno lo contesta sul suo amatissimo Twitter sono dei “rosiconi”. Se i black bloc mettono a ferro e fuoco Milano si tratta comunque di “teppistelli” (e sappiamo molto bene che i milanesi riescono a sopportare tutto, appalti comprati, lauree truccate, cliniche degli orrori, politici ladri, infiltrazioni della malavita organizzatama non spaccare loro le porte e le vetrine delle banche perché si incazzano!) mentre di fronte agli scioperi degli insegnanti e degli studenti in sette città italiane ha detto che “Sì, va bene, su alcuni punti si può trattare!” Ma non ha detto che il testo della sua disgraziata riforma scolastica passerà alla Camera il 19 maggio prossimo, quindi la disponibilità al miglioramento durerà al massimo 13 giorni (immagino che dialogo!) e non riguarderà uno dei punti più controversi: il potere dato ai presidi di scegliere discrezionalmente i docenti da apposite liste.

Perché ciò che fa dei provvedimenti di Renzi dei provvedimenti vincenti nelle aule non è la bontà del provvedimento, ma la prepotenza. Un testo di legge come quello dell’Italicum è stato sottoposto a tre voti di fiducia. E sarebbe il caso che ci spiegassero lorsignori come è possibile che una legge elettorale con porti il contributo fattivo del maggior numero possibile delle parti politiche (come dovrebbe essere).

Potere, quindi, nient’altro che potere. Che è lo stesso che Renzi e i suoi stanno dando ai dirigenti scolastici. E poi, quando accanto al termine “potere” viene associato l’aggettivo “discrezionale” il potere ha un sapore ancora migliore, roba che il Chupa-Chups al latte e fragola diventa un sacchetto di bucce di baccelli (nòmansi “baccelli” a Livorno le pregevoli fave). Per questo non esiste e non può esistere ascolto dell’altro che la pensa in modo diverso, perché il potere è nelle mani di uno solo. Ci hanno fatto anche credere, ad esempio, che le leggi le faccia il Governo e non  il Parlamento. Perché se le facesse veramente il Parlamento non ci sarebbe questa tempistica così stretta e, probabilmente, qualcuno le leggi oltre che a scriverle le discuterebbe pure.

Daranno il contentino di una manciata di assunzioni in più in cambio della chiusura di un occhio sui finanziamenti alla scuola privata, e chi verrà assunto in ruolo sarà solo molto meno libero ma non lo saprà.

Sulla sua cattiva scuola

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Mia moglie è un genio, l’ho sempre detto. E’ stata lei che mi ha fatto notare come l’attenzione dei media per l’assoluzione di Berlusconi in Cassazione abbia ovattato quella per lo sfacelo delle nostre istituzioni, a cominciare dall’approvazione alla Camera del DDL che porta il nome dell’illustre Costituzionalista Maria Elena Boschi, decreto che prevede la trasformazione del Senato da elemento del bicameralismo perfetto in zerbino della Camera dei Deputati. E, dato un colpo alla democrazia in senso puro (chi controllerà più il lavoro dei deputati impegnati ad approvare articoli, dispositivi ed emendamenti a spron battuto?), diamone uno anche alla scuola, via, così si minano le basi del Paese in maniera più efficace.

C’è da aver paura a sentire Renzi che dice:
Il merito (dei docenti) lo valuterà il preside, sentito il consiglio dei docenti, secondo modalità che sceglieranno. Decideranno loro.

A parte il fatto che i presidi si chiamano Dirigenti Scolastici e che non esiste il “consiglio dei docenti” (casomai esiste il “collegio dei docenti” o il “consiglio di classe”), si apprende da queste poche e agghiaccianti parole che il Dirigente Scolastico è quello che permetterà ad alcuni di prendere degli euro in più sulla busta paga, sulla base di quello che dice il collegio docenti, di cui, tra parentesi, il Dirigente Scolastico fa parte (può votare) e che presiede. Insomma, decide il tuo preside se sei bravo o no. Il lecchinismo portaborsistico della scuola italiana è dietro l’angolo: adesso tutti a sorridere al Dirigente, tutti a fare quello che dice lui, tutti a proporre progetti su progetti (tanto i soldi crescono ancora dalle monetine piantate da Pinocchio nel Campo dei Miracoli!), viaggi di istruzione (gite) con un posto di particolare prestigio già assegnato -nel caso al Dirigente venisse il ghiribizzo di farsi un viaggetto-. Tutto pur di entrare nelle sue grazie.

Quelli che prenderanno meno saranno, dunque, i docenti che fanno lezione in classe (quelli Renzi-compliant la faranno nelle aule multimediali, con le lavagne tecnologizzate, collegandosi a una connessione internet che non c’è) che si porteranno a casa i compiti da correggere (gli adepti avranno soltanto dei test a crocette!), che si rifiuteranno di accompagnare gli studenti in gita perché è l’unico modo per incanalare l’opinione pubblica sui problemi della scuola, meglio di uno sciopero (ma ci saranno sempre quelli -anzi, quelle- che diranno “Preside, se il collega non va vado io!!”), che presenteranno un fenomenale progetto sull’educazione alla riflessiologia del piede (da svolgersi con i soldi pubblici, si badi) perché ne hanno tratto tanto giovamento e devono diffondere il sacro e plantare Verbo!

Nell’articolato appare anche la “chiamata diretta” dei docenti da parte dei Dirigenti Scolastici che attingeranno da un Albo in cui saranno pubblicati i curricula degli aspiranti. Clientelismi e interessi parenteschi a tutto vapore.

Saranno in molti, al contrario di quanti si crede, a seguire Renzi in questo gioco al massacro. A seguirlo nell’istruzione che fa male al paese e ad accompagnarlo dove nessuno vorrebbe andare: sulla sua cattiva scuola.