Luigi Di Maio, non appena Conte è stato nominato Presidente del Consiglio incaricato, ha subito fatto le bizze. Ha visto che per lui la poltrona da Ministro dell’Interno è sfumata, che la nomina a vicepremier invece pure, e che, insomma, non c’è trippa per gatti. Eppure l’accordo col PD lo ha ripreso in extremis dalla caduta vertiginosa verso l’oblio cui sembrava essere predestinato dopo il fallimento del suo inciucio con la Lega. Adesso se n’è uscito nuovamente a dire che “O mi approvate i 10 punti della mia parte politica (che poi sono miracolosamente e inspiegabilmente diventati 20) o salta la cucuzza insieme a tutto il cucuzzaro. Si permette di farlo dopo che ha praticamente dimezzato i voti dalle scorse politiche alle ultime europee, dopo aver avallato tutte le iniziative politiche di Salvini e aver convinto i suoi a salvarlo dalle indagini della Procura siciliana e dalla relativa richiesta di autorizzazione a procedere, adesso si permette il lusso di alzare la voce (che paura!) e di minacciare addirittura quelle elezioni anticipate che inevitabilmente perderebbe. Cioè, non si è dimesso dopo le europee, no, ha chiesto a Rousseau e a una manciata di smanettoni iscritti a una piattaforma privata, proprietà di un privato, se dovesse lasciare oppure no. E’ ovvio che gli hanno risposto tutti di sì. Lui l’ha presa come un plebiscito, ed eccolo qui a mascherare la vera essenza della sua richiesta, che è “O me, o le elezioni”. Certo, ce ne deve volere di prepotenza per arrivare a fare dei ricattucci del genere. E tutti continuano a dire che questo governo non è affatto interessato alle poltrone, no, macché, Di Maio è diventato la succursale di Poltrone&Sofà. E così siamo di nuovo in bilico e il governo di neoinciucio giallorosso sta per esalare l’ultimo respiro prima ancora di presentarsi alle Camere. “Due miserie in un corpo solo” (G. Gaber).
Salvini è lì che frigge (anche se si dichiara “tranquillo”, come tutti gli indagati che hanno qualcosa da temere, perché chi è veramente innocente tranquillo non lo è per nulla) in attesa del verdetto di martedì prossimo della giunta per le immunità del Senato per le accuse di abuso di ufficio e di sequestro di persona legate alle vicende della nave Diciotti.
Nel frattempo, Conte, Toninelli e Di Maio si sono autodenunciati alla stessa giunta che ha trasmesso gli atti al Pubblico Ministero di Catania, sostenendo che quel che è successo è decisione collegiale del governo, quindi, per la malora, indaghino anche loro. E infatti la Procura ha aperto un fascicolo. “Atto dovuto”, lo chiamano. E la contraddizione che appare evidente in questa circostanza è che ci sono dei governanti che si autodenunciano e poi vorrebbero (o, meglio, si augurerebbero) che il loro collega Salvini sfuggisse al processo mediante un salvataggio in giunta prima e in aula dopo. In breve: non ci si può autodenunciare e poi sottrarsi ai propri giudici.
E i pentastellati, intanto, aprono alla folla della base del movimento mediante la piattaforma Rousseau (che appartiene a un privato) per decidere (o, ancora meglio, far decidere agli altri) se votare sì o no al processo per Salvini, “un sito con evidenti e conclamati problemi di manipolazione dei dati e privo del controllo sul voto di terze parti”, come riferisce Elena Fattori. Giarrussso, dal canto suo, avverte che non va sottovalutato il «grave pericolo» che proviene dalla richiesta di un giudice di valutare penalmente un atto di governo, perché «mai accaduto prima nella storia repubblicana». Se voti Sì salvi Matteo Salvini dal processo. Se voti No concedi l’autorizzazione a procedere per il ministro dell’Interno.
Personalmente sono strasicuro che il sondaggio (perché di sondaggio si tratterà) della piattaforma Rousseau si concluderà con la negazione della autorizzazione a procedere per Salvini: culo e cadrega sono troppo preziosi per chi governa e rischiare una crisi con l’alleato leghista non è proprio il caso, soprattutto adesso che i sondaggi e le elezioni regionali abruzzesi hanno dato il M5S in piacchiata, ma ho dei lettori (e in particolare la cara e fedele lettrice Essebì) che non sono tanto sicuri dell’evidenza del risultato, puntando sull’indole forcaiola e giustizialista della base.
Il punto, evidentemente, non è essere giustizialisti o forcaioli, ma garantisti e dalla parte dello stato di diritto, che prevede principii cardine come l’obbligatorietà dell’azione penale e dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. Salvini ha argomenti a iosa con cui difendersi, ma invece di esporli all’interno di un processo, si fa salvare DAL processo che rischia di condannarlo a una pena massima di 15 anni di reclusione. Se Salvini abbia o no agito nell’interesse precipuo dello Stato è un altro punto da sciogliere. Quale minaccia poteva esserci per lo Stato dall’attracco nei porti italiani e dallo sbarco di un gruppo di poveri disgraziati allo stremo delle forze?
E intanto abbiamo un governo di indagati (è del Corriere la notizia dell’iscrizione al registro del Presidente del Consiglio e del suo Vice Di Maio) che ha un solo scopo: salvare culo, cadrega e fedina penale. Ma gli conviene?
Si stanno lamentando che il volontariato e le opere benefiche sarebbero penalizzate dalla legge di bilancio approvata in extremis dal Parlamento e firmata, sempre in extremis, dal Presidente della Repubblica, per essere poi pubblicata, ancofra in extremis sulla Gazzetta Ufficiale, perché le tasse per le onlus e le organizzazioni di volontariato aumenterebbero e non è giusto che chi fa del bene debba anche pagare di più, no, non è giusto.
Naturalmente Conte, Salvini e Di Maio, una volta resisi conto delle consistenti critiche contro di loro hanno fatto marcia indietro preannunciando una modifica della legge che intanto doveva essere approvata sempre e comunque in extremis, pena pesanti conseguenze per lo Stato. Ma quella dell’aumento delle tasse per le onlus era forse l’unica cosa buona della legge di bilancio. Lo so che dico cose molto impopolari, ma non me ne importa niente, sono a casa mia e dico quello che voglio.
Il volontariato è una cosa meravigliosa. Le associazioni di volontariato molto meno.
Se qualcuno ha un bisogno e qualcun altro provvede questo è volontariato. Se ci si mette di mezzo un’associazione, un gruppo, qualcosa di burocraticamente costituito, qualcosa che faccia da filtro tra il bisogno del singolo e l’offerta di solidarietà è finita per sempre.
Se il mio vicino ha bisogno di un vaccino e non ha i soldi per comprarselo glielo posso comprare io, glielo do, lui se lo fa iniettare e siamo tutti felici. Se invece per avere un vaccino deve passare attraverso un’organizzazione che glielo darà anche gratis, ma che prima, per comprarlo, deve avere raccolto il denaro necessario sotto forma di donazioni (quindi non è neanche garantito che lo abbia il denaro necessario), aver fatto acquisti, scaricato la fattura, aperto un ufficio, pagato il responsabile di quell’ufficio (a meno che non sia a sua volta un volontario e lo faccia gratis), consegnato il vaccino a chi ne ha bisogno uno fa prima a morire.
Poi, per carità, anch’io do qualche soldino all’Opera di San Francesco per i Poveri che prepara pasti caldi per chi ne ha bisogno, ma sono consapevole che dietro a quello che il poveraccio mangia c’è tutta una “filiera” complicatissima, mentre se il poveraccio lo invito a casa mia (ce ne sono di poveracci che hanno bisogno di mangiare anche vicino a casa mia, avete voglia se ce ne sono!) gli faccio un piatto di spaghetti, una fetta di carne alla griglia, un po’ di frutta, qualcosa di dolce e magari spendo la stessa cifra di una donazione, ma almeno il rapporto è diretto, immediato e non ci sono intermediari di mezzo. Perché il poveraccio ha fame qui e ora, non dopo che qualcuno avrà trasformato in cibo ciò che all’origine nasce come donazione.
Quindi è giusto he le onlus paghino le tasse per qualsiasi cifra passi dalle loro mani, e per qualsiasi cifra diversa da zero che abbiano in attivo alla fine del bilancio, che abbiano dei bilanci finali trasparenti e pubblici regolarmente depositati e pubblicati sui loro siti web (come fa la Chiesa Valdese col suo 8 per 1000), che facciano, cioè, quello che lo stato fa con i suoi dipendenti: se ricevono stipendi o sovvenzioni il minimo che possono fare è pagarci le tasse. Ora, le onlus non sono lo stato (ma vi si sostituiscono volentieri) e non possono ritenere le tasse alla fonte, ma in fondo all’anno le onlus le tasse le possono pagare, soprattutto perché molte di esse sono concessionarie di servizi da parte di comuni e regioni (si pensi solo alle cooperative che hanno in gestione asili, centri diurni, servizi per anziani, case famiglia etc…), ed è giusto che paghino salato, che paghino caro, perché la solidarietà non può essere disgiunta dal senso di comunità cui, pure, il Presidente della Repubblica faceva cenno nel suo discorso di fine anno. Per cui se le tasse le pago io, che sono una persona fisica, non vedo perché non possano pagarle loro che sono persone giuridiche. Solo perché il loroscopo è quello di fare del bene? Allora che rendano conto ai cittadini. Se no che paghino le tasse e la smettano di rompere i coglioni con le loro lagne.
Era molto tempo che non vi parlavo più di Paolo Attivissimo.
Oggi mi sento molto più diligente rispetto al passato.
L’Università del Salento lo ha invitato per inaugurare l’anno accademico della Scienza e Tecnica della Mediazione Linguistica, nell’ambito della Traduzione tecnico-scientifica e dell’interpretariato. Parlerà (tra poche ore, ormai) sul tema “Traduzione brevettuale: tecniche ed esperienze”. Sotto al nome di Paolo Attivissimo, nella locandina che vi riproduco, è riportata la dicitura “Traduttore brevettuale professionista“.
Ora, però, si dà il caso che Paolo Attivissimo non abbia neanche la laurea in lingue, ma un semplice diploma di Liceo Linguistico.
Mi si dirà che non occorre una laurea per andare a fare una conferenza di inizio anno accademico. Cioè che non c’è nulla di strano o di inusuale se un non laureato va a fare lezione a persone che, verosimilmente, si laureeranno di lì a pochi anni.
Ma certo che no. Infatti la questione non è legata all’ambito della legalità o della possibilità materiale, ma dell’etica.
In Italia una non laureata è stata per mesi e mesi Ministro della Pubblica Istruzione e dell’Università. In Italia il Ministro del Lavoro nonché vice Presidente del Consiglio ha il diploma di Liceo Classico. In Italia l’altro vice Presidente del Consiglio nonché Ministro degli Interni ha, pure, il diploma di Liceo Classico conseguito con la valutazione di 48/60 dopo, però, aver partecipato a “Doppio Slalom”, condotto da Corrado Tedeschi nel 1993.
In Italia Paolo Attivissimo, non laureato, ma, da quello che mi dice lui stesso, di madrelingua italiana e inglese, con 32 anni di esperienza nel settore della traduzione, e nessuna lamentela da parte dei suoi clienti, può andare ad aprire l’anno accademico di un corso di laurea Ateneo nazionale.
E’ un reato? Ma no, ci mancherebbe anche altro il contrario! E’ una cosa che non si può fare? No, del resto se abbiamo dato una laurea honoris causa a Valentino Rossi è segno che in Italia si può fare di tutto. E’ una cosa inopportuna? Sì, ecco, inopportuna è proprio la parola giusta. Perché, diciamocelo fuori dai denti, quanti di noi sarebbero disposti a farsi operare da un “chirurgo” con 32 anni di esperienza sul tavolo operatorio, senza nessuna lamentela, ma senza la laurea in medicina?
E’ la stessa cosa. Ma nel paese del “valàchevaibene” tutto è possibile. Ma perché una laurea è importante? Perché anni di studio non si sostituiscono con la mera esperienza, ma soprattutto perché se non si studia le cose non si sanno, ecco perché.
Solo che, a dirglielo, Paolo Attivissimo si adira. E per la seconda volta mi butta fuori dai suoi possedimenti telematici. Ormai è più prevedibile del M5S al Governo o di un insulto generalizzato di Burioni.
“Sono quasi pronto per il Nobel per la Letteratura” (Paolo Attivissimo)
L’altro giorno mia figlia (perché non so se vi ho già detto che 17 mesi e mezzo fa mi è nata una figlia) giocherellava, buttandoli allegramente all’aria, coi libri e coi DVD di Beppe Grillo che ho pazientemente accumulato in oltre un decennio.
Nel rimetterli a posto ho provato un po’ di nostalgia, per i tempi in cui Grillo scopriva Skype e insegnandoci ad usarlo ci diceva “possiamo mandarli a casa domattina” (s’intende quelli di Telecom), oppure di quando c’era “La Settimana”, un foglio volante da stampare con i post più interessanti del blog e da lasciare nei punti strategici frequentati dall’occasionale lettore (lo studio del dentista, la libreria di turno, oppure darlo al giornalaio perché lo infilasse nei quotidiani venduti), oppure quando ci fu il V-Day, con la partecipazione di personaggi della cultura e dello spettacolo, e fiumare e fiumare di persone nelle piazze. O di quando Marco Travaglio aveva la rubrica fissa al lunedì alle 14 in streaming sul blog. O anche di quando il blog di Beppe Grillo lo scriveva veramente Beppe Grillo e non era in mano a ghostwriter, rappresentando così un filo diretto tra il pubblico e chi ne portava il nome.
Erano, soprattutto, i tempi dell'”uno vale uno” e del “via i pregiudicati dal Parlamento”. E mi ricordo che per candidarsi alle elezioni politiche con il M5S bisognava avere la fedina penale pulita. E che nemmeno Grillo poteva candidarsi essendo stato (allora) condannato solo per un reato colposo (adesso ha una collezione di sentenze per diffamazione che tra civile e penale gli hanno cambiato un po’ il quadro della situazione).
Solo che da adesso, per correrer alla candidatura di premier per il Movimento, si potrà anche avere qualche caricuccio pendente. Roba di poco conto, s’intende, non reati gravi (ma, appunto, in base a che cosa si stabilisce che un candidato è in attesa di giudizio per un reato grave? Non si sa), giusto, anche lì, una diffamazioncina, giusto il tempo ed il modo di far venir fuori il nome di Luigi Di Maio e poterlo candidare alla corsa (che, poi, voglio dire, finora è anche l’unico a correre). Il Grillo di 10 anni fa una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta. Quello di oggi, si vede, ricorre anche a dei compromessi.
Ora, sia chiaro, Di Maio è solo indagato, e il reato di diffamazione non è neanche tra i più gravi. E’ ben difficile che si arrivi a processo, considerato che il 3 agosto scorso è entrata in vigore la norma sul risarcimento e la limitazione della portata del danno, per cui con un po’ di soldi (che a Di Maio non dovrebbero mancare) si può arrivare al non luogo a procedere. Wikipedia non ha neanche aperto a carico di Di Maio l’odiosetta sezione “Procedimenti giudiziari”, che invece viene mantenuta anche a chi è stato nel frattempo assolto, come Mastella).Quindi stiamo parlando veramente di punture di zanzara, ma che come tutte le punture di zanzara danno fastidio soprattutto quando in fondo alla corsa c’è il traguardo della poltrona di presidente del consiglio dei ministri. Perché sono cose che ti obbligano a cambiare, rivedere e rimodellare i regolamenti anche in controtendenza (Grillo usava molto spesso questa parola nei suoi spettacoli migliori) a quello che hai fatto finora. Ma a Di Maio sono stati perdonati errori, gaffes e pendenze giudiziarie che altri avrebbero pagato a caro prezzo.
Di Maio, nel frattempo, ha accettato la candidatura a premier imposta dall’alto. E lo credo bene. Io, più semplicemente, ho rimesso a posto i libri e i DVD di Grillo che mia figlia ha fatto pazientemente cadere dallo scaffale sul pavimento, e ora aspetto che li metta a soqquadro di nuovo.
PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di illustrare (Prolungati applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) la sua interrogazione n. 3-00192, concernente iniziative per accelerare il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni in attuazione del decreto-legge n. 35 del 2013 (Vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore è possibile continuare? (Prolungati applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Dobbiamo continuare i nostri lavori, per favore (Commenti e applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Per favore, abbiamo capito. Presidente Di Maio può collaborare per favore perché ci sia un andamento tranquillo dei lavori? Presidente Di Maio, la richiamo al suo ruolo. Prego, Presidente Di Maio.
LUIGI DI MAIO. Presidente, io le ricordo che lei sta presiedendo l’Aula, non io in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).