Muore Loris D’Ambrosio e non può essere stata colpa dei giornali

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Loris D'Ambrosio

Loris D’Ambrosio è morto d’infarto. Naturalmente è stata tutta colpa dei giornali e dei pubblici ministeri, che negli ultimi mesi avevano dimostrato una particolare pervicacia e ostinazione nei suoi confronti.

Naturalmente in quelle telefonate con Mancino non c’era nulla di penalmente rilevante.

Beh, allora i pubblici ministeri dovrebbero esserne fuori, dato che si occupano di perseguire i reati. Se il reato non c’è stato non può essere colpa dell’avvocatura dello Stato.

Restano i giornali, rei, alcuni, di non aver pubblicato un bel niente sulla posizione di Loris D’Ambrosio nella vicenda Mancino. Colpevoli, e senza regolare processo, gli altri, per aver pubblicato dei documenti riportanti stralci di intercettazioni tra Mancino e lo stesso D’Ambrosio.

Intercettazioni che, si badi bene, non contenevano alcunché di penalmente rilevante.

E allora? Un documento deve PER FORZA essere penalmente non rilevante per contenere delle frasi, delle affermazioni, dei passaggi di interesse pubblico per la vita politica o, più semplicemente, per l’etica di un Paese?

Loris D’Ambrosio non potrà più testimoniare. Non potrà più riferire davanti a un giudice terzo, che ne avrebbe valutato l’eventuale attendibilità, la sua versione dei fatti. Quindi ora restano solo i documenti. Asettiche trascrizioni davanti alle quali giornalisti, politica e pubblica opinione potranno farsi un’opinione chiara su ciò che è successo o, come dicono in molti, su ciò che NON è successo.

Quelle intercettazioni sono una scatola nera aperta, e ora come non mai c’è bisogno di averle a disposizione per ricostruire la verità in mezzo al buio del paese. Si parla di “cordoglio unanime” e di “niente strumentalizzazioni”. Le strumentalizzazioni si combattono con i fatti. Se no, resterà sempre il cono d’ombra che ci legittima, davanti alle carte che conosciamo, ad avere dei dubbi.