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«Nessun cittadino, sia esso conservatore, liberale, progressista,
può considerare ingiuste delle domande. (…)
Spero che tutti abbiano il desiderio e la voglia
di pretendere che nessuna domanda possa essere inevasa
o peggio tacitata con un’azione giudiziaria.
È proprio attraverso le domande che si può arrivare
a costruire una società in grado di dare risposte»
(Roberto Saviano, Repubblica, 29 agosto 2009)
Allora, vediamo di capirci qualcosa perché su questa cosa mi ci raccapezzo poco anch’io.
Roberto Saviano ha parlato, non so bene dove, ma penso in “Vieni via con me”, di Benedetto Croce. Ha fatto cenno alla circostanza secondo cui il filosofo e critico letterario più insigne del ‘900, in occasione del terremoto di Casamicciola del 1883, avrebbe offerto un risarcimento di centomila lire ai suoi soccorritori. La circostanza sarebbe stata tratta da una citazione di Ugo Pirro, risalente al 1950, e tratta dal settimanale “Oggi”.
Successivamente, Marta Herling, nipote di Croce, sul Corriere del Mezzogiorno, contesta il racconto riferito al suo antenato, riferendo che l’episodio non sarebbe mai stato confermato né dallo stesso Croce, né, tanto meno, da eventuali e non si sa se esistenti testimoni.
La Herling, dunque, scrive “Saviano ha inventato la storia di sana pianta”.
Saviano replica con una richiesta di risarcimento danni da niente, appena quattro milioni e settecentomila euro per un presunto danneggiamento alla propria reputazione.
Colpiscono alcuni aspetti:
a) Saviano si rivolge direttamente al Tribunale Civile e non (anche) a quello penale;
b) L’entità del risarcimento richiesto è enorme;
c) Si tratta solo di una disputa storiografica.
Ma, soprattutto, appare evidente come l’istituto della diffamazione, che dovrebbe servire a tutelare l’interesse del più debole, e non certo quello del più forte (il più forte ha sempre altri stumenti per far valere le proprie posizioni) sia stata applicata a una contrapposizione vero/falso. Croce ha veramente offerto quella somma ai suoi soccorritori? Il fatto è incerto e difficilmente dimostrabile. Lo stesso articolo a cui si riferisce Saviano si rifarebbe a sua volta a fonti anonime. Ora, il fatto che una fonte sia anonima non significa che quello che dice sia necessariamente falso, ma che, forse, questa circostanza rende la tesi difficilmente verificabile e dimostrabile.
La reputazione di una persona, paradossalmente, si misura non più sulle parole effettivamente offensive che le si possono rivolgere, sulle circostanze in cui queste parole vengono profferite, o, peggio, su un sistematico attacco della cosiddetta “macchina del fango”, vòlto a mettere in evidenza delle circostanze (ad esempio “Tizio è indagato dalla magistratura”) e passare in second’ordine fatti altrettanto innegabili (“Tizio, alla fine dell’iter giudiziario, è stato prosciolto da tutte le accuse”), ma addirittura sul fatto che una persona riferisca circostanze difficilmente verificabili a livello di verità storica, su cui esistono varie fonti e interpretazioni.
Oltre a chi mi diffama, allora, d’ora in poi mi metterò a querelare anche chi non la pensa come me o asserisce tesi diverse dalle mie. Con una fiducia incrollabile nelle istituzioni giudiziarie e nel sacrosanto rispetto del principio di libertà di parola e di critica sancito dalla Costituzione.