La carbonara vegana

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Va molto di moda tutto ciò che è vegano, e questo mi preoccupa non poco.

Ora, personalmente non ho nulla contro chi fa la scelta di diventare vegano e di nutrirsi esclusivamente di proteine di tipo vegetale per una questione di etica e di volontà di non ammazzare i poveri animali di cui si ciba la civiltà guerrafondaia, corrotta e carnivora. Ognuno faccia quel che gli pare. Non sarò certo io a impedire ai vegani di sgozzare una lattuga, una pianta di fagioli o una tavoletta di miserabile tofu.

Ma quello che non riesco a sopportare è la mania di voler “adattare” a tutti i costi piatti della cucina tradizionale alla maniera ed al gusto vegani. Che ne so, lo spezzatino di soja: ne ho fatto uso anch’io quando vivevo da solo e sostituire la carne con le proteine vegetali non è cattiva cosa, sempre se uno lo fa una o due volte nella settimana. Ma lo spezzatino di soja è, appunto, soja. Non ha e non può avere la consistenza della carne. Quella di soja si chiama “bistecca” ma non è una bistecca. E’ un coso da reidratare che quando lo vai a cuocere ha una vaga somiglianza con la fettina, ma tutti si limita a darti una sorta di illusione. E’ un “vorrei-ma-non-posso”, ecco.

E, ad esempio, quando si parla del latte di riso, di avena, di mandorle, della stessa soja, si parla di bevande che non hanno nulla a che vedere con il latte (a parte l’aspetto e la densità esteriori), che magari sono buone (il latte di riso, per esempio, lo apprezzo moltissimo) ma non sono latte. Il latte è, appunto, quello che viene dagli animali: il latte è di vacca, di pecora, di capra. Non è di riso. Cosa fai, mungi il vialone nano? L’arborio?? Il Parboiled??? Il Basmati????

Per questo quando ho visto la ricetta della carbonara vegana mi son venuti i brividi. Perché la carbonara la fai con il guanciale e con le uova. Proteine animali, sissignori, e in quanto tali non sostituibili. Voglio dire, vuoi essere vegano? Benissimo, allora la carbonara non la mangi, perché si fa con determinati ingredienti a cui hai inopinatamente rinunciato. Potrai fare una pasta in bianco che più o meno le somiglia nell’aspetto, ma il guanciale soffritto nella padella di ferro, reso croccante e poi amalgamato con la pasta e l’uovo non si battono e non si sostituiscono. Che ci metti a soffriggere, il seitan?? E perché il suddetto seitan deve essere considerato degno di sostituire il guanciale?? Lasciateci con la nostra crudeltà. Sì, noi il maiale lo ammazziamo, anzi, siamo perfido un po’ perfidi e codardi allo stesso tempo, perché lo sorprendiamo in una mattina in cui fa un freddo dell’acvcidente, gli diciamo di venire verso di noi, facciamo finta di dargli da mangiare e poi gli facciamo saltare le cervella con una pistola o gli recidiamo la gola incuranti dei suoi ultimi gemiti. Poi lo spezziamo e ci cibiamo delle sue carni, sì, noi prendiamo le uova dalle galline, rubando loro biecamente la possibilità di procreare, cazzo sarà mai, dobbiamo sentirci in colpa per questo?

Moriremo di cancro, o, piuttosto, di colesterolo. Ci scanneremo per stabilire, una volta per tutte, se con l’uovo e il guanciale si mette la cipolla o l’aglio, ma lasciateci la nostra carbonara e tenetevi le vostre verdurine!

Quelli che se la tirano la crisi

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Sarà perché sto leggendo “Pane e Bugie” di Dario Bressanini, ma espressioni come “DOC”, “DOCG”, “Bio”, “Chilometri zero” mi stanno sempre più indigeste.

Soprattutto “bio”. Ma “bio-” cosa? “Biodegradabile”? “Biocompatibile”? “Biologico”, no? Allora usiamole per intero le parole.

“Bio”, “DOC”, “DOCG”, “Chilometri zero”. Tutte espressioni che associamo all’alimentazione e a un’alimentazione corretta per la nostra salute.

Una mela biologica costa di più del suo equivalente ottenuto con agricoltura tradizionale.
Forse è più gustosa, magari è più ricca di elementi nutritivi.
Però una famiglia spende ogni mese un TOT per l’acquisto e il consumo di frutta e verdura che fanno tanto bene alla salute. Ma se compra solo frutta e verdura biologiche l’assimilazione di nutrienti diminuisce considerevolmente perché ne comprerà una quantità sensibilmente inferiore.

Dice che dobbiamo consumare i nostri prodotti, quelli nazionali, quelli certificati.

Io compro regolarmente la cipolla di Tropea, la bresaola della Valtellina, la fontina della Val d’Aosta, il salame piccante calabrese, il Nero d’Avola, il Chianti, il Merlot veneto, il Cannonau della Sardegna, il Passito di Pantelleria, il Moscato dell’Elba e ora basta se no mi sbronzo.

Ma il Passito da Pantelleria sulla mia tavola a Roseto degli Abruzzi ci viene a piedi? Suppongo che una cipolla da Tropea arrivi dal mio verduraio per smaterializzazione atomica e che il formaggio Asiago giunga rotolando sulla sua stessa forma.

Le uniche cose a chilometro zero su cui posso contare sono le fragole, il prezzemolo, il basilico, la menta e i peperoncini che crescono sul mio terrazzo, il resto è fuori target.

Ci raccontiamo un sacco di balle. Ci preoccupiamo di farci portare la roba buona dal contadino (che ce la porta con la macchina che evidentemente va ad aria compressa) e non ce ne frega niente di tutto il parmigiano e tutta la pasta che mandiamo in Australia con le navi.