Amerigo Quaglierini detto “Pistola”

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Il po’ero “Pistola” a Vada si chiamava “Pistola il Vecchio”.

Questo perché c’era anche un “Pistola” il Giovane. E questo lo faceva a buon diritto appartenere a quella società patriarcale di artisti, come è accaduto con Plinio, Alexandre Dumas e Johann Strauss.

Del perché lo chiamassero “Pistola” non lo so, ma si chiamava anche Amerigo.

Era il classico lupo di mare che la sapeva lunga, molto lunga. Conosceva il mare palmo a palmo, e stai sicuro che se ti diceva qualcosa lui era vera per forza.

“Amerigoooo, come butta il tempo?”
“O Palle, o come vuoi che metta? Mette acqua.”
“Ma se c’è un sole che spacca le pietre!”
“Come ti pare a te!”

E si accendeva una sigaretta. Poi, naturalmente, dopo poche ore una buriana da diluvio universale, e lui che restava a casa ad accudire, per quel che poteva, la moglie ammalata, la po’era Siria, che soffriva tanto e urlava sempre, senza che nessuno potesse farci nulla.

Le sigarette che fumava Pistola erano le nazionali esportazione senza filtro, pacchetto verde. Le teneva nelle tasche dei pantaloni e gli si torcevano, sicché quando ne estraeva una se la metteva in bocca che pendeva all’ingiù, e l’accendeva coi fiammiferi svedesi, per cui prima del puzzo di tabaccaccio made in Italyu, si veniva sempre raggiunti da una zaffata solforosa.

Pistola si cominciò a spegnere come le cicche delle sue sigarette. Mi diceva ancora “O Palle”, ma sempre più distrattamente. Lo seppellirono sulla destra del vialino principale del cimitero di Vada. Poi non lo trovai più nemmen lì.

Niente fiori sulla tomba dei Mignott

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Dopo il raffreddoresco ritorno dalle terre ove il gaèlico "Slainte!" suona, mi son ritrovato con una mail dell’imprescindibile Baluganti Ampelio, il quale, svegliatosi dai letargici sonni in cui il febbraio nebbioso e rompicoglioni l’ha reso avvezzo, ha pensato bene di andare a visitare quanto di più degno e culturale esista ai suoi occhi. Non la "Primavera" del Botticelli agli Uffizi, non il Canzoniere "C" della gloriosa lirica provenzale, non la raccolta del "Vernacoliere" dal ’65 ad oggi tecàta agli Scali del Corso di Livorno, bensì i cimiteri.

Passeggiando per le inumazioni del Camposanto del Cosolì, a Nonsoddove in Francia (o in Australia, ora non rammento), il pio Baluganti Ampelio ha immortalato la tomba della famiglia Mignot, il cui cognome rappresenta comunque un programma mancato (o realizzato, si veda il caso) o una condanna a vita che non trova requie neanche nel sonno eterno. I Mignot superstiti hanno fatto incidere sul sepolcro la frase "è proibito depositare fiori su questa tomba". Come vedete qualcuno ha pensato bene di rispettarne le volontà. E siamo certi che il pio Baluganti Ampelio ci avrebbe anche pisciato sopra.

Profanata la tomba di Toto’

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Qualche imbecille ha profanato la tomba di Totò.

Non si tratta di un gesto eclatante, hanno solo asportato lo stemma nobiliare sulla tomba di famiglia. Non è bello. Ma non è nemmeno degno di nota.

Quello che invece è da sottolineare è che è stato preso di mira il principe della risata, che non si sa che cosa abbia a che fare con delinquenza, vandalismi, bullismi di vario genere, azioni da guappetti di infima categoria.

Profanare Totò è come sputare addosso a Babbo Natale, è un gesto gratuito, che rivela soprattutto ignoranza nei confronti di chi, al contrario, al potere reagiva con una battuta, un gesto, un verso, un motto pungente che trasudava arte da tutti i pori ("Onorevole?…. ‘Ndrànghete!!!").

Chi lo ha fatto ha agito per noia, per convogliare l’attenzione dei media sulla propria bravata, per pura testardaggine o per rivendersi il cimelio per pochi euro.

Bisognerebbe solo ricordargli che Totò gli avrebbe detto: "Lei è un cretino, si informi!"