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Io non ho mai capito se ho ragione io, che il calcio lo prendo come una condanna ai lavori forzati, o se abbia ragione Roberto Di Giovannantonio che lo considera una delle cose più belle della vita e come tale lo vive e ne ricava gioia.
Fatto sta che Roberto Di Giovannantonio, tifoso del Napoli senza che io sia mai riuscito minimamente a capire il perché, è l’unica persona in grado di ricordarsi gesti, papere, ciabattate, gol, nomi, formazioni di una partita (non necessariamente e per forza del Napoli, voglio dire). Io non mi ricorderei nemmeno i nomi delle squadre in campo, voglio dire, e ci metterei quei dieci minuti o un quarto d’ora per associare i colori delle casacche con le squadre che giocano.
Roberto Di Giovannantonio gestisce, a Giulianova, un circolo culturale chiamato “Il nome della rosa” dove se vi càpita di andarci una sera a trovarlo sentirete bestemmiare fin da fuori a voce sostenuta, ma se entrate (fate piano per non disturbare, mi raccomando!) troverete una équipe di esperti giocatori di Subbuteo che si dedicano al loro gioco preferito in un inverosimile campionato della fantasia (sono convinto che vi trovereste un incontro stile Chelsea-Albinoleffe, ma è perché i giocatori del Subbuteo reperibili sul mercato avevano quei colori).
C’è da invidiarlo Roberto Di Giovannantonio, per tutto questo. E anche per il fatto che quando regala qualcosa in occasione di qualche compleanno si butta sempre su un libro di considerevoli dimensioni in quanto a numero di pagine. Il classico “mattone”, insomma. Qualcosa che dura nel tempo e che fa bene tenere vicino al comodino nelle lunghe sere invernali. Credo che oltre a questo tipo di regali sopravviva da qualche parte ormai il tradizionale e mai dimenticato “cappottino per l’inverno” (“così lo sfrutti”, ça va sans dire).
E così “Il nome della rosa” chiude, a fine maggio (il mese delle rose per eccellenza). Roberto Di Giovannantonio sarà possibile vederlo andare in bicicletta su e giù per il paese mentre pensa a un torneo internazionale di Subbuteo da organizzare l’anno prossimo in due stanze. E c’è da esser certi che ci riuscirà.