Trattatello in lode ed onore di Benedetta Parodi

 298 total views

Mi piace Benedetta Parodi.

Oh, ecco, l’ho detto, sono riuscito a fare outing davanti a migliaia di persone senza minimamente vergognarmene. Credo che sia la stessa sensazione che provano a raccontare la propria condizione gli omosessuali. O i cattolici.

Mi piace lei, mi piacciono i suoi programmi di cucina e il modo che ha di condurli. E’ sempre stata (ingiustamente!) trattata da divulgatrice di una cucina da supermercato (come se i suoi detrattori la spesa la facessero dall’ortolano tutti i giorni a chilometri zero, o se la pasta andassero a comprarla allo spaccio del pastificio sotto casa!), da metropoli del nord (ma perché, a Torino, Milano e Venezia non si mangia?? E in quelle del sud si sta a stecchetto???), una cucina prete-à-manger, con spreco di padelle antiaderenti, surgelati (qualcosa contro i surgelati?) e idee quattrosaltimpadellistiche. Nulla di più falso. La Parodi è brava, ma, soprattutto, come dice mia moglie, è imperfetta. Si brucia le dita mentre scola l’acqua della pasta, dice “Oh, santa polenta!”, quando va a “impiattare” (termine orribile ma glielo perdoniamo) impiastriccia la presentazione, scivola, intràmpola, méstola e buca letteralmente lo schermo.

Soprattutto, la Parodi riesce a non farti sentire in colpa. In colpa di aver fatto un brodo con il granulare alle verdure solo perché non ti sei alzato all’alba per andare a cercare un bouquet garni per preparare il court bouillon. In colpa di esserti andato a prendere il Misto Benessere della Orogel anziché aver passato il pomeriggio a storzolare i cavolini di Bruxelles (eh, son già pronti…). In colpa per non aver comprato il pollo ruspante del contadino e riuscire a sostituirlo con un petto di pollo di quelli impacchettati nel cellophàn (con l’accento sull’ultima, come lo direbbe Paolo Conte) e nel polistirolo, che tagliato a bocconcini va bene lo stesso per fare una ricetta di nove minuti, chè la gente ha anche da vivere e di tempo ne ha sempre meno. Ecco, la Parodi ti aiuta a vedere il prodotto industriale (che so, il miele Ambrosoli anziché quello dell’apicoltore, che sarà migliore ma non ce l’ho sottomano un apicoltore, che faccio, mi ammazzo? La passata di pomodoro della De Rica, che va beh che son più buoni i San Marzano maturati al sole cocente delle Puglie, ma intanto ho questa e si fa prima, e poi chissà se esiste ancora la De Rica e viandare) come una cosa assolutamente normale nella tua vita culinaria. E a sentirti bene.

Qualcuno dice che i suoi piatti non sono alta cucina. Ma alla Parodi gliene frega un baffo dell’alta cucina (fermo restando che ci ho visto anche Vissani da lei, segno evidente che il cucinismo spicciolo televisivo tira), la Parodi è lì che frulla, mixa, affetta, taglia, assaggia col dito portato alla bocca e poco male se nel contempo vi maneggia cucchiai, forchette e coltelli, non spiega le ricette, le incontra, le fa sue, ci parla quasi, in un colloquio intenso fra la pietanza e il pubblico, insomma, è dimolto brava e a me mi garba parecchio, e se non siete d’accordo cazzi vostri (oh, sarò padrone a casa mia…).