La vera storia di Piccole Donne

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Io credo di essere uno dei pochi uomini che ha letto, apprezzato, e letteralmente libato “Piccole donne” di Louisa May Alcott. Un romanzo meraviglioso, intramontabile, immortale, che spero di leggere a mia figlia. O, meglio, spero che se lo legga da sola, quando potrà e sarà in grado di apprezzarlo.
E’ uscita una nuova trasposizione cinematografica della storia delle quattro sorelle March scritta e diretta da Greta Gerwig. Ne ho visti alcuni spezzoni (non credo che andrò a vedere il film per intero) e l’ambientazione mi è sembrata un po’ inadeguata. A casa March c’è un albero di Natale stratosferico, Beth suona su un pianoforte a coda anziché su un vecchio pianofortaccio scordato, e si respira ben poco della povertà della famiglia che resta privata del padre, dei vestiti con le toppe, delle soffitte polverose, con la presenza di una strepitosa Meryl Streep nei panni della vecchia e ricca zia. E Jo? C’è anche quella, naturalmente, con tutte le sue indimenticabili battaglie protofemministe a dispetto delle rigide disposizioni della società del suo tempo. Ma nessuno si ricorda della fine che fa Jo, di lì al termine del ciclo dei romanzi che la riguardano (I ragazzi di Jo): sposa (ultima tra le quattro sorelle) Friedrich (Fritz), uno molto più vecchio di lei, poverissimo, con cui metterà su addirittura un collegio per l’educazione di un esercito di bambini, e metterà in pratica (a differenza di Amy e Meg) i precetti e gli insegnamenti dei suoi genitori, che sono gli stessi della Alcott, che ha sì, (de)scritto un personaggio intrigante e intraprendente, ma che andrà a finire all’interno di un contesto estremamente conformista e conservatore, di cui diverrà indiscussa e indiscutibile protagonista. Amy è quella che aveva capito tutto! Accompagna la zia March e la zia Carrol in Europa dove svilupperà e consoliderà le proprie doti artistiche, sposa Laurie (che era innamorato di Jo), vive nell’alta società (che il suo delicato stomaco purtuttavia ripugna) e si dedica a una vita “sregolata e frivola”. E chiamala fessa!