Caterina Marini e Ilaria Bugetti del PD sono su Facebook

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Caterina Marini è consigliera della circoscrizione centro del Partito Democratico.

Una sera sua sorella la chiama al telefono per dirle che mentre si recava in camera sua è stata fortemente spaventata dalla vista e dalla presenza di un ladro. Ansia più che comprensibile.

La Marini, renziana ed ex portavoce della segretaria della federazione pratese, sfoga la sua rabbia su Facebook con queste parole “La telefonata di mia sorella mi ha lasciato senza parole: mentre andava in camera si è trovata faccia a faccia in casa con un ladro…. Che città di merda è questa… Extracomunitari ladri stronzi dovete morire subito” e, in un commento “Era un magrebino. Agile come un gatto. E datemi di razzista non me ne frega un cazzo. La gente ha solo discorsi”.
Poi capisce che forse ha esagerato (o qualcuno le dice che il suo post ha provocato più di qualche mugugno) e toglie il messaggio dalla sua bacheca.
Troppo tardi. La disciplina interna del PD si è mossa. “Con quelle dichiarazioni Caterina Marini è di fatto fuori dal Partito Democratico perché violano chiaramente i nostri principi fondanti che da sempre si rispecchiano nell’anti-razzismo, nella non-violenza e nel rispetto della convivenza. Tali affermazioni hanno giustamente colpito la sensibilità delle forze politiche, associative e civili che tutti i giorni lavorano a quell’idea d’integrazione irrinunciabile in una moderna ed evoluta società. Non spetta direttamente a me emettere delle sanzioni e ho già chiesto l’apertura di un procedimento disciplinare presso la commissione di garanzia. Tuttavia appare evidente la violazione del codice etico che Caterina Marini ha sottoscritto in due momenti: in primo luogo prendendo la tessera del Partito Democratico e anche una volta eletta come consigliera di Circoscrizione”. Questo quanto scrive Ilaria Bugetti.

In effetti un po’ pesine erano, quelle frasi. Ma oltre al giudizio politico, al procedimento disciplinare che preluderà certamente all’espulsione, arriva il controsenso, la beffa, l’assurdo, la commedia.

Un ulteriore commento di Ilaria Brugetti, secondo quanto riportato da “Il Fatto Quotidiano” di oggi, a pagina 8, in un articolo di Daniele Vecchi è stato: “Perché noi dobbiamo dare il buon esempio. Se sei un personaggio pubblico e impegnato in politica non puoi permetterti di scrivere su Facebook. (…) Con tutto quello che abbiamo detto di Berlusconi serve coerenza.”

Ora, sinceramente sfugge anche al lettore più superficialmente interessato alla vicenda il perché un personaggio pubblico dedicato alla politica non debba, anzi, non possa permettersi di scrivere su Facebook. Evidentemente una persona, qualunque persona, finché non commette reato scrive su Facebook o dove vuole quel che vuole. Molti politici ben più “visibili” della Brugetti e della Marini lo fanno. Forse non si dovrebbero scrivere QUEL TIPO di frasi, ma per il resto non si vede perché una politica non possa condividere la foto degli spaghetti che ha cucinato per cena con i suoi “amici”, se le sembra buono farlo.

Allora mi sono detto, andiamo un pochino a vedere e facciamo una ricerca su Facebook sotto il nome “Ilaria Brugetti”. Ecco cosa appare:

Allora uno dice: “Sarà certamente una omonima”. Macché, la pagina “Per Ilaria Bugetti Segretaria provinciale Pd” serve o è servita, evidentemente, a sostenerla nel cammino politico.

Non ho nulla contro la propaganda. E’ giusto che la Bugetti la faccia se ritiene che i 475 “mi piace” raccolti le siano utili. Ma chi dava il buon esempio non doveva non potersi permettere il lusso di scrivere su Facebook? Già, e come mai allora gli altri due account riportati sono inequivocabilmente risalenti a lei? Non sono due omonimie, ogni account è intestato a una persona nata il 9 novembre 1973, la somiglianza delle due foto associate ai profili è evidente, e uno dei due profili sembra essere nato proprio per raccogliere le richieste di iscrizione eccedenti i 5000 “amici” (tetto massimo stabilitoda Facebook per un privato). Inoltre si parla del Partito Democratico e della vita politica di Prato. Cosa vogliamo di più??

Vogliamo solo che il buonesempismo sia una realtà.