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E’ di nuovo raggiungibile il sito butac.it (“Bufale Un Tanto Al Chilo”), sequestrato preventivamente la mattina di venerdì scorso. Resta sequestrato soltanto l’articolo oggetto del contendere, salvaguardando le esigenze del procedimento in corso e quelle del diritto a fare informazione.
La notizia, di per sé, è già più che datata e non sono certo arrivato primo. Ma questo è un blog di opinione, non di informazione, quindi possiamo permetterci qualche valutazione supplementare a bocce ferme.
In primo luogo sgomberiamo il campo da ogni fratintendimento: si tratta di una notizia positiva che riequilibra i diritti che ha qualunque cittadino di fare informazione e di far circolare il proprio pensiero nelle forme che ritiene più opportune e quelle di una misura che si era rivelata troppo drastica e radicale (dunqie inefficace) come quella del sequestro preventivo di TUTTO il sito, quando ad essere coinvolto nella querela per diffamazione era soltanto un articolo.
Ma la gioia finisce qui e non va oltre. Infatti, il procedimento per diffamazione prosegue, e il dissequestro della risorsa web e la sua conseguente ritrovata raggiungibilità in rete non significano affatto che sia venuto meno il processo penale a carico dei responsabili. Anzi, quello persiste, purtroppo, e ha già visto, come è evidente, il “vantaggio” del querelante che si è visto non solo accogliere le doglianze, che non sono state archiviate, ma che continua a vincere contro Butac.it per 1-0 perché, si veda il caso, il sequestro si è “ristretto”, sì, al solo articolo presuntamente diffamatorio, ma non è stato minimamente annullato, c’è chi dovrà rispondere di quello che ha scritto, a meno che non offra un adeguato risarcimento prima dell’apertura del dibattimento e prima che si dichiari il non luogo a procedere.
Lo ripeto: è vero, è un ottimo risultato quello del dissequestro del sito, Butac.it potrà far valere in sede giudiziaria tutte le proprie ragioni, nessuno può essere giudicato colpevole fino a sentenza definitiva passata in giudicato, non c’è stato nessun giudizio, nemmeno di primo grado, la partita non è ancora finita, ma intanto il querelante l’ha insaccata in porta e il pallone torna al centro del campo.
Un’ultima annotazione: alcuni siti di debunking (indovinate quali), durante la (delicata) vicenda sel sequestro totale, per evitare difficoltà agli avvocati di Butac.it nell’ottenere quello che era giusto (e cioè un sequestro “chirurgico” fatto col bisturi e non con la mannaia), hanno deciso di non fare il nome del querelante e di respingere al mittente tutti i commenti che lo riportassero o che contenessero link a pagine che potevano facilitarne l’identificazione. Quando tutto si è sbloccato e il sito è tornato on line, come per miracolo è apparso il nome del querelante destinato alla vista e alla cognizione dei più. E’ un modo di fare blogging giornalistico scorretto e di pessima qualità. Io posso capire la simpatia istintuale che si prova verso un sito che si è visto oscurato per quattro o cinque giorni da un provvedimento oggettivamente smisurato, ma porca paletta, voglio dire, ci sono anche dei lettori che hanno diritto al giusto equilibrio, e che se da un lato il sito è stato penalizzato, dall’altra ci sono le legittime richieste di un querelante che reclama il suo. E sarebbe anche ora di darne contezza in modo quando meno equilibrato. Ma l’equilibrio nel giornalismo in rete è un’utopia. Si è faziosi e di parte. E questo posso permettermelo tutt’al più io, che non ho nessuna tessera di giornalista e me ne vanto. I giornalisti veri, o quelli che si vantano come tali, facciano semplicemente il loro brutto e sporco mestiere.