Per Repubblica Auckland è in Australia

 221 total views

Mi dichiaro devoto e grato debitore del chiarissimo lettore Burgalassi Nedo che mi segnala questa perla da autentica antologia. Sul sito di Repubblica oggi è apparsa la notizia che in Australia è già il 2019 e c’è il lancio di una notizia da Auckland. Che però si dà il caso non sia in Australia ma in Nuova Zelanda. Immagino che Paolo Attivissimo per segnalare uno svarione del genere si sarebbe svenato e avrebbe gridato “allo scandalo” invocando il necessario e imprescindibile “crucifige”. Noi, invece, con la compostezza che ci contraddistingue, diamo la notizia con il commento consueto che trattasi di malastampa, informazione sbrigativa e pasticciata, nonché di disinformazione spicciola e gratuita venduta per pochi centesimi al chilo nella fretta di riempire il web di contenuti originali sì ma purtroppo sbagliati. Impietoso è stato il Burgalassi a tirare giù lo screenshot, impietoso sono io a ripubblicarlo perché impietosi soprattutto con loro stessi sono quelli di Repubblica. È solo l’ultimo svarione increscioso di un anno da dimenticare. Nel 2019 ce ne saranno molti di più.

Quelli che se la tirano la crisi

 226 total views

Sarà perché sto leggendo “Pane e Bugie” di Dario Bressanini, ma espressioni come “DOC”, “DOCG”, “Bio”, “Chilometri zero” mi stanno sempre più indigeste.

Soprattutto “bio”. Ma “bio-” cosa? “Biodegradabile”? “Biocompatibile”? “Biologico”, no? Allora usiamole per intero le parole.

“Bio”, “DOC”, “DOCG”, “Chilometri zero”. Tutte espressioni che associamo all’alimentazione e a un’alimentazione corretta per la nostra salute.

Una mela biologica costa di più del suo equivalente ottenuto con agricoltura tradizionale.
Forse è più gustosa, magari è più ricca di elementi nutritivi.
Però una famiglia spende ogni mese un TOT per l’acquisto e il consumo di frutta e verdura che fanno tanto bene alla salute. Ma se compra solo frutta e verdura biologiche l’assimilazione di nutrienti diminuisce considerevolmente perché ne comprerà una quantità sensibilmente inferiore.

Dice che dobbiamo consumare i nostri prodotti, quelli nazionali, quelli certificati.

Io compro regolarmente la cipolla di Tropea, la bresaola della Valtellina, la fontina della Val d’Aosta, il salame piccante calabrese, il Nero d’Avola, il Chianti, il Merlot veneto, il Cannonau della Sardegna, il Passito di Pantelleria, il Moscato dell’Elba e ora basta se no mi sbronzo.

Ma il Passito da Pantelleria sulla mia tavola a Roseto degli Abruzzi ci viene a piedi? Suppongo che una cipolla da Tropea arrivi dal mio verduraio per smaterializzazione atomica e che il formaggio Asiago giunga rotolando sulla sua stessa forma.

Le uniche cose a chilometro zero su cui posso contare sono le fragole, il prezzemolo, il basilico, la menta e i peperoncini che crescono sul mio terrazzo, il resto è fuori target.

Ci raccontiamo un sacco di balle. Ci preoccupiamo di farci portare la roba buona dal contadino (che ce la porta con la macchina che evidentemente va ad aria compressa) e non ce ne frega niente di tutto il parmigiano e tutta la pasta che mandiamo in Australia con le navi.