Chi ha ucciso Melania? (eh, son domande difficili, sa?…)

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Sappiamo che hanno ritrovato l’anello di Melania, che il marito è stato interrogato tre volte, che forse gli sono state sequestrate le scarpe, anzi no, che l’assassino o gli assassini sono tornati sicuramente sul luogo del delitto per dare un’altra serie di coltellate post-mortem al cadavere della vittima, sappiamo che Melania aveva due schede sim e che suo marito stava con una che si chiamava Ludovica P. e che le aveva promesso di lasciare la moglie, sappiamo che Melania voleva tornare dalla madre, no, invece non era vero, sappiamo che l’amica del cuore ha fatto mettere a verbale una frase del tipo «Come posto più strano dove aveva fatto l’amore mi aveva indicato la camera da letto» (un gesto fine e rispettoso), sappiamo che forse Melania e il marito avevano fatto l’amore proprio lì dove è stata uccisa qualche giorno prima, ci hanno detto che il marito dopo essere stato interrogato per tre volte in un giorno aveva l’aria stanca, le coltellate erano 23, e lei aveva solo 29 anni, nel video lei camminava sempre avanti a lui, e lui camminava dietro, e come mai, e chi era la donna che ha visto il gestore del chiosco, e quello che ha telefonato, e com’è che la telecamera al centro di Teramo era fuori uso quando hanno telefonato dalla cabina, ma quando ce lo dicono chi l’ha ammazzata?

Le notizie e l’informazione sull’omicidio di Melania Rea

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E poi c’è ancora da parlare delle reazioni dell’opinione pubblica sull’omicidio di  Carmela Rea, detta Melania.

Non perché non se ne sia parlato abbastanza, ma perché pare essere il fatto di cronaca che maggiormente risulta interessante per la quantità di morbosa concentrazione ed attenzione da parte della gente. E’ l’ennesimo "caso" montato dai media (non perché la vittima non sia stata effettivamente assassinata in modo efferato, ma perché le "notizie" che sono state costruite dietro a questo crimine sono tutto meno che notizie) e pompato fino all’inverosimile, finché una nuova Avetrana o un nuovo Garlasco non verranno fuori a sostituirne il ricordo.

C’è tutto in questo copione ripetuto, comprese familiari e amiche intime della vittima che approfittano dell’occasione per godersi i propri cinque minuti di notorietà televisiva.  L’uso sproporzionato dei media era un elemento del delitto di Avetrana, a Garlasco le cugine di Chiara Poggi avevano approfittato dell’occasione per farsi vedere con un fotomontaggio ed essere avvicinate dall’ennesimo paparazzo di turno. Un presenzialismo almeno inquietante.

E ci sono i soliti stereotipi a cui ci piace tanto abbeverarci: la coppia perfetta, lei che era un angelo, sempre innamoratissima, sempre splendidi, mai una litigata, sempre insieme, un uso pauroso di superlativi, sorrisi davanti alle telecamere.

In TV sono dunque andate l’amica del cuore, la vicina, la conoscente, quella che pretendeva di conoscere tutto, ma proprio tutto della vittima e poi, regolarmente, non sapeva un tubo di nulla, e perfino quella che ha mandato gli ultimi segnali al telefono della vittima prima che morisse.

Sono cose di una banalità lapalissiana e disarmante, se ci si pensa: una persona viene uccisa e qualcuno deve per forza averle telefonato o scritto per ultima, se la vittima aveva un telefono con sé.
E invece pare che questo dato di fatto, di per sé ovvio, venga preso a pretesto per andare non solo dagli inquirenti, ma anche e soprattutto in prima serata, dal salottino di casa, con un trucco fatto alla bene e meglio.

Se ne sono sentite tante, troppe.

La seconda scheda SIM (come se il solo fatto di avere due SIM fosse di per sé un delitto), il bagno mai raggiunto, la posizione del corpo al ritrovamento, l’uomo che avrebbe telefonato da una cabina del centro di Teramo per segnalare il cadavere e che non è mai stato identificato, la donna che forse correva un po’ in fretta e in stato ansioso, lui che non la racconta giusta, ma forse sì, le donne allieve del marito che sembrava tanto innamorato ma che poi non lo era poi troppo,  le scappatelle (già, ma all’inizio doveva essere lei ad avere una doppia vita), il bagno sporco, l’altalena, la bambina di 18 mesi affidata ai nonni, no, forse a dei parenti, lui che non può essere stato perché facente parte dell’esercito, la siringa, il trolley, il DNA di due persone, un uomo e una donna, poi potrebbe essere stata solo una donna, alla fine perfino il fatto che la vittima non avesse mai percorso quel sentiero, e che non fosse mai stata in quei luoghi, già, ma allora le celle del telefono mobile agganciate in quei orari??

E’ un cumulo di notizie-immondizia che non aiutano l’opinione pubblica a farsi un’idea dei fatti. Di che cosa me ne faccio io, maledizione, di una informazione come quella per cui il marito avrebbe avuto in passato relazioni extraconiugali?
Perché i casi sono due, o questa notizia è utile per le indagini e per individuare un movente, o questa notizia non lo è. Se non lo è non mi serve.
Mi serve per una curiosità morbosa, mi serve perché mi voglio fare i cazzi degli altri, perché se non fosse stato né il marito né la vecchia amante ad uccidere una ragazzona di un metro e ottanta cosa me ne faccio? Per poter dire che non sono stati loro ad ammazzarla ma tanto buoni non erano comunque? E chi se ne frega?

E chi se ne frega di sapere quanti cuoricini aveva comprato la vittima per festeggiare il San Valentino con il marito? E se sia stata una persona ordinata piuttosto che disordinata, se si metteva lo smalto ai piedi tutte le mattine o se non avesse mai litigato con nessuno?

Sono cose perfettamente inutili. Ma c’è sempre un giornalista pronto a montare un caso su un granello di polvere e una talpa in procura pronta a dare notizie che nel 99% i pubblici ministeri scarteranno. Carne fresca per l’opinione pubblica affamata di sangue giudiziario.