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Domani, se Dio vuole, chiude “l’Unità”.
Un quotidiano fondato nientemeno che da Antonio Gramsci nel 1924, anche se di questa circostanza c’è solo una breve menzione sulla testata della versione cartacea on line. Nel senso che dell’autorevolezza e del coraggio di Gramsci non è stato ereditato niente, e c’è di che esser convinti che le ceneri del grande intellettuale e pensatore ribollano all’idea di patrocinare un quotidiano la cui unica aspirazione, ultimamente, era quella di negare l’evidenza e di dare adosso ai grillini, visti come origine di ogni male.
Io l’Unità, quella vera, me la ricordo. Ero piccino e la domenica se volevi passava qualcuno a distribuirlo casa per casa. Lo comprava sempre il mi’ zio Piero, che allora veniva Ugo, detto Ughino, che saliva le scale due alla volta con le ginocchia un po’ dinoccolate, la boina calcata sulle 23 e la sigaretta (Nazionali Esportazione, plisss) in bocca, e incassava il prezzo del giornale. Magari si fermava a prendere un caffè, o a fare due chiacchiere, qualche commento sulla situazione politica della settimana e intanto si parlava, ci si confrontava, si discuteva, si litigava.
Se poi uno non voleva comprarselo, c’era pur sempre il circolino dell’ARCI (a Vada si chiamava “la Pista”) che lo acquistava per gli avventori e lo metteva lì a disposizione di tutti fin dalle sette di mattina. Era un po’ palloso dover aspettare che si liberasse, e, comunque, quando entrava la bonànima di Anchise e lo voleva era buona norma lasciarglielo.
Se no c’era un altro modo per leggerlo: nelle Sezioni (altro luogo di ritrovo) o nella bacheca che il Partito Comunista aveva a disposizione in Piazza. Così ti capitava di vedere tutti i vecchietti con il collo un po’ all’insù che commentavano le notizie sulle imprese del compagno Berlinguer dopo aver sputato per terra quanche burdigone da due etti e aspirato un paio di boccate di sigaro toscano.
L’Unità era questo. E adesso? Non si parla più, non ci si incontra più, non si commenta più, non si litica più, non ci si piglia a sacrosanti cazzotti, non si beve più il corretto al sassolino al circolo Arci. No, dicono che “I liquidatori di Nuova iniziativa editoriale spa in liquidazione, società editrice de l’Unità, a seguito dell’assemblea dei soci comunicano che il giornale sospenderà le pubblicazioni e l’aggiornamento del sito web a far data dal 1° agosto 2014.”
I liquidatori?? Ma chi sono mai questi liquidatori??? Ecco perché vi dicevo che le ceneri di Gramsci si sollevano nell’urna, perché chi saranno mai questi “padroni” che hanno (o, peggio a cui è stata delegata) la possibilità di decretare addirittura la fine del giornale. Gramsci direbbe retoricamente ma giustamente che l’Unità ha un solo proprietario, il popolo.
Sì, il popolo italiano. Quello che di tasca propria, solo nel 2011 ha versato 3.709.854,50 euro per il finanziamento pubblico al quotidiano. Dico, tre milioni e settecentomila e spiccioli euro. Ma cosa cavolo ci hanno fatto con i soldi della gente se hanno permesso a dei “liquidatori” di “liquidare” una testata storica?? Tre milioni e settecentomila euro per essere lo zerbino di Renzi e la stampella sinistra editoriale del Partito Democratico (la destra, si sa, E’ quella di “Europa”, che zitta zitta prende 2.343.678,28) e per sputare veleno su Grillo? Sono anche soldi miei, e pretenderei una maggiore oculatezza nella loro amministrazione. Ma se un quotidiano non sa essere abbastanza libero dai liquidatori per potere andare avanti con i soldi della gente allora è bene che chiuda.
E infatti domani l’Unità chiude. E speriamo di poter fare qualcosa di buono almeno con quei tre milioni e passa di euro che la Nuova Iniziativa Editoriale non potrà più pretendere con la scusa di ingrassare le rotative dell’organo ufficiale del Partito Democratico.