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E’ assolutamente scandaloso che l’iniziativa di Paola Regeni, la madre di Giulio, il ricercatore friulano barbaramente trucidato in Egitto, di entrare in sciopero della fame per protestare contro l’arresto di Amal Fathy, sia caduta nella più bieca indifferenza generale.
Dopo che era stata annunciata, e dopo che aveva raccolto un generale plauso, le agenzie di stampa e i siti web dei quotidiani nazionali hanno smesso di occuparsene, preferendo, evidentemente, i curricula vitae un po’ gonfiatini del Presidente del Consiglio incaricato Conte, che sembravano costituire la notizia del giorno in quel preciso momento in cui tutta l’informazione sembrava virata sugli stessi argomenti.
Uno sciopero della fame è una cosa seria e grave. E’ una delle pochissime forme di protesta veramente efficaci che io conosca. Pacifica, nonviolenta, ma nello stesso tempo ferma e determinata. Il soggetto che lo mette in atto è senziente, vivente e nello stesso tempo morente un po’ per giorno davanti all’ingiustizia.
E’ c’è bisogno di donne così in Italia. E proprio perché c’è bisogno di donne così che non ne parla nessuno. Ha avuto più risalto sui giornali la notizia dell’esclusione di Eleonora Brigliadori da Pechino Express per le esternazioni sul cancro della Toffa che questo sciopero della fame per la solidarietà e la verità che, da quello che ho sentito, si può fare a staffetta e potrebbe coinvolgere, quindi, più di una coscienza civile.
Con la morte della madre di Ilaria Alpi, che se n’è andata senza la verità sull’omicidio della figlia, l’unica madre coraggio rimasta ancora a lottare (e chissà quanta verità le verrà ancora negata!) è la mamma di Giulio Regeni.
Per favore, facciamo qualcosa affinché la sua protesta e il valore della sua lotta quotidiani non vadano sprecati.