Le e-mail e gli SMS dalla Costa d’Avorio non vengono dalla Madonna (davvero?)

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vergine

Sul sito lamadredellachiesa.it (dice: “O cosa guardi?” Lo so, o allora…) è apparsa, ripresa dall’Agenzia Fides la notizia per cui in Costa d’Avorio si diffonderebbero in forma immaginiamo virale (in senso puramente info-telematico) e tramite e-mail o sms dei messaggi attribuiti alla Vergine.

I Vescovi di Abidjan, durante la quaresima, hanno deciso di dire che no, quei messaggi non sono autentici.

Ma va? Ma davvero?? Guardate, non lo avrei mai detto. Avrei invece scommesso che si trattasse della Madonna in persona ad inviarli, invece che quattro o cinque psicotici che siccome pensano di aver visto la Beata Vergine e averne raccolto il messaggio, si improvvisano latori di contenuti il più possibile portatori di profezie di sciagure e disgrazie (come se la Costa d’Avorio non ne avesse abbastanza) ai danni della povera gente che magari ci crede.

Che poi uno dice: “Ma siamo in Africa, in un paese arretrato, dove la superstizione e l’ignoranza fanno sì che queste comunicazioni dilaghino stile catena di Sant’Antonio!” Beh, forse è vero, ma in Italia ci sono centinaia di persone che diffondono i messaggi di sedicenti veggenti che sostengono di aver parlato con la Madonna a Medjugorie. Magari non usano l’e-mail e gli SMS, magari utilizzano la stampa, che è e rimane il mezzo di comunicazione più pervasivo ed efficace, ma il sistema è quello.

Noi dovremmo solo fare attenzione a tutto questo. E non smettere mai di denunciare, denunciare, denunciare…

Atto dovuto

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In Italia se si commette un reato e si muore prima che sopraggiunga una sentenza definitiva, quel reato si estingue.
Un po’ perché non si può processare un morto (evidentemente!), ma soprattutto perché non si ha più interesse a perseguire un illecito. La morte è la migliore garanzia di impunità.

Ma se qualcuno si salva dalla morte in un naufragio vicino a Lampedusa, e magari ha visto morire familiari, compagni, amici, viene indagato per i reati previsti e puniti dalla Bossi-Fini.

E non ci sono santi, è un atto dovuto.

E allora se è un obbligo procedere nei confronti di questo poveracci passati dalla miseria della loro vita in Africa a quella dei cosiddetti “Centri d’Accoglienza”, dovrebbe essere un dovere morale imprescindibile cancellare quella legge-vergogna che trasforma automaticamente un disperato in un presunto delinquente.

Oppure istituire il reato di sopravvivenza aggravata.

Samba per Diego Armando Maradona

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E piange, Diego Armando Maradona. Piange la sua barba imbiancata, piange il suo fisico taricone un po’ invecchiato su espressioni da fuori di testa davanti alle telecamere e analisi del doping, piange lo scugnizzo che lascia figli illegittimi in giro per il mondo, piange lui ch’è ‘cchiù ‘mmeglio ‘e Pelè, gonfiato di coca mille volte, mille volte nella polvere e mille volte sugli altari della resurrezione e dell’oblio, piangono i suoi vestiti grigi e impacciati da imperfetto neo-borghese, piange la Vírgen del Rosario che si porta attorcigliata tra le mani, monile non da cadaveri di quotidiana sepoltura ma da speranza di straordinario riscatto, piange chi novanta minuti prima era proiettato verso la categoria dei semidèi e che si è ritrovato ad essere cancellato dalla storia per quattro schiaffi in padella serviti impeccabilmente, non vittoria né sconfitta, bensì umiliazione, e allora lo sbaglio è suo, solo suo, come il pianto che paccheggiava ai suoi giocatori, ¡anda, un beso…!, come quello che ti consola per aver preso quattro legnate dai campioni del mondo ma non basta al mondo a far credere che sei ridiventato, al di là di tutto, un uomo normale.

“Ma terrorizzati de che??” – Arrivederci amore, ciao!

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…che uno dice, va bene Di Stefano, potresti anche smetterla con questi titoli melensi, lagnosi, vagamente perculeggiatòri, che non entusiasmano più nessuno.

Sì, a patto che la si smetta di voler a tutti i costi difendere e sostenere una nazionale melensa, lagnosa, non vagamente ma dichiaratamente perculeggiatoria e che non entusiasma più nessuno.

Ha ragione Carlo Verdone in un’intervista pubblicata oggi sul "Fatto Quotidiano" (lo so che lo cito sempre, ma abbiate pazienza, è l’unico quotidiano cartaceo che leggo, ho rinnovato l’abbonamento per sei mesi salvo poi accorgermi che il mio edicolante sotto casa lo vende regolarmente, pirla che sono…).
Il giornalista gli ha fatto notare che i nostri giocatori erano letteralmente "terrorizzati". E l’attore ribatte: "Ma terrorizzati de che??". E fa notare che i giocatori della Corea del Nord se la passeranno molto peggio e hanno ben diritto di essere terrorizzati pensando al loro rientro nella terra del regime di Pyongyang.

Ecco, perde l’Italia, giocando malissimo, mostrando il lato peggiore di noi italiani, che è sempre quello di cercare di trovare una soluzione all’ultimo momento che raddrizzi le sorti di qualunque cosa stiamo vivendo, senza pensarci prima, o, quanto meno, durante.

Tanto arriverà sempre qualcosa o qualcuno che ci salverà, e se non è così, allora potremo dire che quel gol era dentro di mezzo centimetro e che è stato l’arbitro a non accorgersene, noi abbiamo giocato bene.

E chissà se avessimo vinto. Avremmo potuto sbandierare in faccia al mondo il fatto che noi sappiamo soffrire e che alla fine con l’umiltà e l’impegno, oltre a un bel po’ di milioni di euro di sponsor, chiunque può uscire da un periodo nero.

Ora, quanto meno, qualcuno potrebbe, forse, se del caso, magari, chissà, probabilmente, pensare che il 26 luglio la legge bavaglio è stata calendarizzata in discussione alla camera, e che partiremo per le vacanze, e quelli lì con l’aria condizionata a Montecitorio approveranno la vergogna delle vergogne.

Con un pensiero rivolto ai giocatori della Corea del Nord.

Mondiali 2010: quel rompimento di palle della vuvuzela

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Confesso che i Mondiali mi hanno già rotto i coglioni.

Mi resta indigeribile in mal d’Africa che ha improvvisamente contagiato tutti, e non sopporto le vuvuzela o come cazzo si chiamano che accompagnano, rumorose e perfino più noiose di una compilation di cicale alle due del pomeriggio di Ferragosto, la telecronaca in diretta che uno dice "Va bene, adesso chiudo il volume della TV e accendo la radio" e invece vuvuzela anche lì.

Non sopporto i leoni che ruggiscono al tramonto nella Savana (la Savana in Sud Africa? o da quando??), spero ardentemente che l’Italia venga eliminata quanto prima, tifo per la Corea del Nord e sputerei in faccia a Maradona che fa il guappetto perché vince con la Nigeria (no, dico io…)

Ratzinger: i preservativi non servono contro l’AIDS (meglio un paio di scarpette rosse di Prada!)

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Il controtendenzismo scientifico che da sempre contraddistingue l’augusto pontificato di Sua Papità Giovanni Razzo 16, è arrivato, in Africa, a negare l’utilità del preservativo per combattere la diffusione dell’AIDS.

Che è un po’ come negare l’efficacia della vitamina C nel combattere l’influenza.

Nel pensiero del Papa c’è qualcosa di antico, anzi, di vecchio: il concetto della salute personale come cura di una malattia, ma senza la minima parvenza del principio della prevenzione. Per Beppe Razzìnga è meglio guarire, non prevenire. Ed è chiaro come il sole che una volta che l’AIDS ce l’hai, non è il preservativo che te lo cura. Ma magari ti aiuta a non prenderlo.

Tra acquesantiere e aspersioni, condanne più o meno velate dello sciamanesimo (perché se la superstizione rende schiavo l’uomo, il preservativo non lo rende certo più libero), il sedicesimo dei benedetti lascia l’Africa con messaggi di fiducia verso il futuro che è sempre più nero ma sempre meno negro.