Io sono nato in Germania

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Sì, io sono nato in Germania.

Sono nato in un Paese di gente che mangia patate perché finita la guerra, chi aveva resistito, anche psicologicamente, al disastro interno del nazismo, non aveva altro da mangiare. E poi le patate sono buone.

Sono nato in un Paese in cui gli anziani sorridono, fanno gite organizzate sugli autobus, si godono la vita finché possono e conservano ancora il ricordo, ma soprattutto il pudore e la vergogna per quello che il loro popolo ha fatto nella storia.

Sono nato in un Paese che dopo la dittatura ha saputo ritrovare una democrazia e che ha vissuto la divisione più bieca e la riunificazione più difficile.

Sono nato in un Paese in cui ci sono boschi e piste ciclabili in abbondanza.

Sono nato in un Paese in cui la gente mostra sempre un contegno e una misura, anche quando muore qualcuno, senza diventare anaffettiva.

Sono nato in un Paese che parla una lingua bellissima e musicale che viene snobbata da tutti perché ritenuta difficile (già, ma perché una lingua dovrebbe essere facile?) e assurda solo perché chi la parla organizza il pensiero in modo diverso.

Sono nato in un Paese in cui nessuno fa caso a come ti vesti, con quale automobile vai in giro, e se hai o se non hai l’accessorio tecnologico del momento.

Sono nato in un Paese in cui la gente quando risponde al telefonino per strada sembra quasi che ti chieda scusa per essere poco "politically correct".

Sono nato in un Paese in cui se il Primo Ministro sbaglia la politica sul nucleare in una delle sue roccaforti viene mandato a casa e tutti la trovano una cosa perfettamente normale.

Sono nato in un Paese in cui la gente spedisce il minor numero di raccomandate in tutta Europa perché le poste funzionano e non c’è motivo di dubitarne.

Sono nato in un Paese che ha, grazie a Dio, fiumi di birra e la più grande varietà al mondo di salsicce e di pane.

Sono nato in un Paese in cui "…meglio certo di buttare riparare…"

Sì, sono nato in Germania.

Antonio Gramsci – “Odio gli indifferenti” – Lettura di Valerio Di Stefano

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Ho appena finito di leggere e registrare "Odio gli indifferenti", di Antonio Gramsci.

Eccolo qui, fatene quello che volete:

https://www.valeriodistefano.com/public/indifferenti.mp3

Lettura di Valerio Di Stefano

Licenza: Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 2.5

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Segreteria Telefonica – 02 – La minestra di fagioli ner frigorifero

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Eccovi un’altra delirante segreteria telefonica, sempre dedicata alle Gentili Signore e benevole lettrici di questo blog, che potrete ascoltare in MP3 dal nostro lettore virtuale, oppure scaricare comodamente da qui.

Applausi!

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Torna la primavera sulla terrazza di casa Di Stefano

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Mia moglie insiste acciocché io offra al vostro apotropaico ludibrio (apotropaico??) codesta deliziosa imago in cui appajo senza cappello, capelli, crema solare, occhiali da sole (sulla nostra terrazza il sole picchia come Primo Carnera anche ai primi tepori) e oltretutto strizzo gli occhi perché i raggi diretti mi dànno noja.
Comincia a farsi sentire anche l’intolleranza ai maglioni, il fido Catarella (il portatile linuxdotato immortalato assieme a me) si collega al wireless di casa e mia moglie insiste a dire che sì, è una gran bella foto, io mi faccio sufficientemente schifo e così spero pensiate voi della mia postura ivi rappresentata.

Segreteria Telefonica – 01 – Fallo ora il guappetto!

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Nel caso le mie affezionate lettrici fossero interessate a sostituire il messaggio della loro segreteria telefonica con uno più adeguato al loro drudo che non se le fila manco di pezza, ecco il primo MP3 di quella che sarà, certamente, una fortunatissima serie.


Questa è la mia segreteria telefonica.

Non ho nessuna voglia di risponderti. E quindi? Ci sono problemi? No, e allora cosa vuoi da me?

Ringrazia che ti lascio il bip dopo il quale potrai registrare quello che ti pare, tanto non lo ascolto.

O fallo ora il guappetto se ti riesce!


E’ possibile scaricare l’MP3 dall’indirizzo web:

https://www.valeriodistefano.com/public/Segreteria Telefonica – 01 – Fallo ora il guappetto.mp3

Licenza: http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/

Oppure ascoltarlo prima dal nostro lettore di MP3:

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Nuove chiavi di ricerca su Google

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Quando i blogger non hanno argomenti di particolare interesse per i lettori, uno degli assi nella manica per allungare il blog e ammannire un post stile minestra di lesso rifatto coi fagioli, è andare a cercare e commentare le chiavi di ricerca su Google con cui gli utenti hanno raggiunto, volenti o nolenti (ma più nolenti che volenti) queste paginette. Dunque ben venga il lesso rifatto, chè non tutti i giorni c’è il fagiano a la Peyregord!!

yara gambirasio wikipedia
Sembra una chiave di ricerca innocua, eppure se la guardate bene è inquietante. Si unisce un nome che appartiene ad un fatto di cronaca con l’enciclopedismo, confondendo un triviale delitto di provincia con ciò che è degno di essere ricordato del Sapere umano. E’ un po’ come andare a cercare Lorenzo Bozano (il biondino dalla spider rossa, ricordate??) sulla Treccani. E Wikipedia non è certo la Treccani (suvvìa…)

gasparri saluto fascista
Perché quando si tratta di cercare qualche porcheria su Internet i miei lettori non si fanno mai mancare nulla.

ANAS BARBARIAE
Sempre e comunque la chiave di ricerca per l’articolo in assoluto più cliccato del blog.  Si riferisce a un  cosiddetto "rimedio" omeopatico  contro l’influenza e le malattie da raffreddamento, ma è cliccatissimo anche e soprattutto d’estate, vai a sapere perché, ma la gente in queste cose ci crede…

discografia andrea e nicole
Questa è semplicemente meravigliosa. Andrea e Nicole erano due che negli anni ’70 fecero un 45 giri porno-soft che andò a ruba, poi ne incisero un altro per sfruttare la scia del successo e ora nessuno sa più chi siano (forse giusto Wikipedia…). Una discografia di due titoli mi sembra quanto meno pretenzioso, ma dopo di loro ci sono sempre i Jalisse.

nichi vendola nudo
Capisco che vi piaccia, ma lo cercate da me??

foto cadaveri decomposti
I miei lettori sono anche degli innegabili feticisti con delle tendenze piuttosto necròfile.

foto dell’inferno di dante alighieri
Meraviglioso esempio di ingenuità internettiana. E’ notorio che ai tempi in cui Dante Alighieri andò all’inferno esistessero già le macchine fotografiche digitali, così che lui e Virgilio potessero avere la possibilità di immortalare il Conte Ugolino, Paolo e Francesca, Ulisse e i luoghi in cui si trovavano.
Sembra impossibile ma dopo 7 secoli almeno c’è ancora chi pensa che Dante Alighieri all’inferno ci sia andato davvero.

generazione casuale numeri di telefono cellulare
Adesso appena qualcuno mi chiama al cellulare mentre faccio manovra a marcia indietro e prendo in pieno il palo del divieto di sosta (accuratamente e debitamente evitato in fase di parcheggio) per propormi l’acquisto di un frullatore a manovella so a chi dar la colpa.

cosa significa : riproduzione riservata su un articolo di giornale?
E tu cosa ne dici?

piergiorgio odifreddi è sposato
Ma saranno bene cavoli suoi…

soluzione schoum per testicoli
La Soluzione Schoum la prendeva la mi’ nonna Angiolina quando doveva depurare il fegato e la vescica. Me ne dava un po’ allungato con l’acqua perché diceva "Tieni, ti rinfresca!" (non ho mai capito il senso dell’aggettivo "rinfrescante" riferito a pozioni, semimedicinali, ma soprattutto decotti, infusi e orzate). Però non sapevo che i miei lettori la usassero per rinfrescarci qualcos’altro.

Siete unici.

La stampa, la TV e il cadavere di Yara Gambirasio

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Di Yara Gambirasio ormai resta solo un cadavere in avanzato stato di decomposizione.
Il dolore della famiglia di una ragazza scomparsa in circostanze simili è un fatto strettamente privato.

Eppure per il voyerismo della stampa e dei mezzi di comunicazione quello di Yara Gambirasio non é un cadavere in condizioni di "estrema fragilità", ma carne fresca viva, assolutamente ammannibile per le fauci dei lettori dotati di fame leonina sui particolari più morbosi, scabrosi e, tutto sommato secondari rispetto alla notizia, come il fatto che la vittima avesse addosso ancora i vestiti con i quali è scomparsa e l’apparecchio ai denti.

C’è di che essere sollevati dal fatto che i resti siano stati ritrovati di sabato pomeriggio, così almeno l’ennesima edizione di "Chi l’ha visto" con dirette dalla casa dei parenti della vittima ci è stata risparmiata, almeno per ora.

Ma non ci saranno risparmiati approfondimenti, dichiarazioni di opinionisti improvvisati che si scoprono dotti anatomopatologi ben più autorevoli di quelli che lavorano ufficialmente e discretamente all’ennesimo mistero insoluto (segnatamente la Dottoressa Cristina Cattaneo, che ha fatto della medicina legale una missione di ricostruzione storica), a cui si dovrebbe come minimo il rispetto per il lavoro scientifico certosino che svolgono ogni giorno.
Magari in trasmissioni televisive del pomeriggio, dove regnano il becerismo più nazional-popolare e quell’atmosfera ovattata buona per tenere in balia del tubo catodico le casalinghe che non hanno altro da fare che tuffarcisi dentro.

E’ una storia perfetta per distrarre l’opinione pubblica dai problemi quotidiani del Paese e dalle notizie sulla situazione internazionale.

C’è una ragazzina di 13 anni  che non si trova, il cui cadavere viene rinvenuto 90 giorni dopo la scomparsa. Non c’è nessun assassino, nessun sospettato.
E’ il mistero irrisolto a rendere viva la notizia.
Ci deve essere per forza un assassino, magari efferato, con la faccia segnata dal segreto portato avanti più di tre mesi, da buttare sotto i flash dei fotografi, da dare in pasto alle telecamere, a cui rifilare qualche paio di migliaia di euro per un’intervista esclusiva in carcere.
Meglio se è uno squilibrato mentale, meglio se ha qualche precedente, e soprattutto meglio se è un pedofilo.

Ecco, un pedofilo sarebbe l’assassino perfetto.

Perché il marocchino fermato a dicembre hanno dovuto rimetterlo in liberà dopo tre giorni perché una intercettazione telefonica in arabo che lo riguardava era stata mal tradotta mentre a Brembate la gente perbene mostrava cartelli perbene che recavano scritte perbene come "Fuori i marocchini dall’Italia" oppure "Marocchiny fori da Bergamo", con la "y" finale, perché va bene essere intolleranti, ma un po’ di analfabetismo non ce lo facciamo mai mancare.

Certo, sarebbe stato meglio che fosse stato straniero l’assassino, perché sapere di avere un uccisore di giovinette in casa leghista, doversi arrendere alla dura realtà che non è vero che i delinquenti sono sempre e solo "quelli che vengono in casa nostra" è quanto meno imbarazzante.

Dunque si fanno altre ipotesi. E maledetto anche il marocchino che se fosse stato lui avrebbe evitato tanti grattacapi agli inquirenti, compreso quello di dover spiegare all’opinione pubblica com’è che hanno messo in galera un innocente.

Cadono, una dopo l’altra, la pista del "conoscente", la "pista svizzera", le ricerche sotto la neve, la pista del furgone, l’ipotesi che la ditta del padre abbia avuto contatti con un’azienda coinvolta con la camorra (già, maledizione, anche questa era una bella invenzione che poteva funzionare, sembra quasi un guaio che non sia vera), quelle di due lettere anonime e cannano clamorosamente anche le medium e i sensitivi che avevano indicato il luogo delle ricerche nella provincia di Udine.

Certo, in pieno 2011, sapere che le forze dell’ordine e gli inquirenti (perché ci sarà pur una Procura della Repubblica che coordina le indagini, no?) dànno ancora ascolto ai medium, ai sensit
ivi e ai veggenti
è una circostanza che ci dà molto conforto nell’efficienza di chi dovrebbe tutelare i cittadini. Un caso di cui non si riesce a venire a capo? Presto fatto, si chiama un medium e quello ti dice dove andare a cercare e poi tu ci vai. Non c’è che dire, non fa una grinza.

Perché l’unica notizia vera in questo caso dell’ennesima ragazzina barbaramente assasinata, è che nessuno ha saputo cavare un ragno dal buco.

Ma questo stampa e TV non ce lo diranno mai.

Il comma abbandonato delle riproduzioni di immagini e musiche degradate in rete

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La nostra legge sul diritto d’autore, al comma 1 bis dell’articolo 70 prevede che:

1-bis. È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, a titolo gratuito, di immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico di cui al presente comma.

E’ una disposizione di legge in vigore, che nella sua redazione attuale può essere intrepretata, a seconda delle sensibilità, in modo restrittivo o più ampio, perché una volta che la legge è scritta, bisogna intendersi bene sui termini.

La norma stabilisce che le "immagini e le musiche" possono essere diffuse attraverso internet purché gratuitamente, non a scopo di lucro (e qui il testo si fa un po’ pleonastico) e a "uso didattico o scientifico".

Ora, naturalmente, si tratta di definire che cosa si intenda per "uso didattico o scientifico".

Intuitivamente lo capiamo tutti, l’uso didattico è quello dell’insegnamento.
E in Italia l’insegnamento delle arti e del sapere è libero, secondo quanto stabilito dalla Costituzione.
Chiunque può insegnare come è fatto e che cosa contiene un quadro di Picasso, o disquisire sulle fonti di "Bocca di Rosa" di Fabrizio De André.

Altra questione: un’enciclopedia on line (e per la prima volta difendo Wikipedia) è un’opera scientifica?
Secondo me sì.
Per cui potrebbe essere opportuno, secondo il mio parere, che Wikipedia possa avere la possibilità di mettere il file musicale di "All you need is Love" dei Beatles nella pagina espressamente dedicata a questa canzone, ammesso che i suoi server o alcuni di essi si trovino in Italia (e, quindi, sottoposti al regime della norma in questione), cosa della quale dubito fortemente.

Se un cittadino volesse cimentarsi in un’opera di divulgazione come un’Enciclopedia della Canzone Italiana, avrebbe il diritto di mettere in linea tutti gli MP3 delle canzoni italiane che trova, fermo restando che non deve ricavare un centesimo dalla sua attività? 

La norma, quindi, non è chiara e lo sa anche lei.
E’ il Ministro per i Beni e le Attività Culturali che deve stabilire cosa si può mettere e cosa no, e in quali circostanze.


Un parere del genere dovrebbe anche chiarire che cosa si intende con la frase "a bassa risoluzione o degradate".

E’ chiaro che una riproduzione rimpicciolita di un’opera d’arte è già degradata rispetto all’originale. Come si può affermare, infatti, che il formato cartolina della "Primavera" del Botticelli riporti esattamente le caratteristiche dell’originale se l’originale è infinitamente più grande?
E un brano musicale trasformato in formato MP3 non è forse già "degradato" rispetto alla qualità sonora del CD originale, anche se questo degrado è difficilmente percettibile all’orecchio umano?

Naturalmente dall’approvazione del comma 1-bis dell’articolo 71 della legge sul diritto d’autore a oggi nessuno dei Ministri dei Beni Culturali che si sono susseguiti ha mai dato una risposta a questi importanti interrogativi.

E la cultura in rete langue per puro immobilismo e disinteresse congeniti.

Roberto Vecchioni vince Sanremo e dedica il premio alle donne e all’Italia

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E guarda chi si rivede, il Professor Vecchioni, già autore di "Luci a San Siro", "Samarcanda" e "Tommy", dèdito con risultati alterni e certamente di minor successo alla letteratura, ritratto in mezzo a due stanghe di figliole, rappresentanti l’immaginario erotico collettivo italiano, mentre stringe soddisfatto il trofeo naziona-popolare vinto in modo nazional-popolare cantando una canzone nazional-popolare durante la kermesse canora più retorica e nazional-popolare.
Nel 1992 pubblicò un pezzo meraviglioso, "Voglio una donna" (dopo la già citata "Tommy", sicuramente il suo brano migliore) in cui si dissociava dal mito della donna secondo il più bieco degli stereòtipi maschili.
"La voglio come Biancaneve coi sette nani/noiosa come una canzone degli Inti-Illimani", diceva.
E giù critiche a fiume perché le donne no, non sono noiose e non lo sono nemmeno le canzoni degli Inti-Illimani.
Il vetero-femminismo si incazzò in modo totale, qualcuna deve avergli addirittura fatto una macumba, si alzò un polverone che lèvati, tutto perché Vecchioni rivendicava il diritto dell’uomo a una donna con la gonna, che non vuol dire una donna che lava i calzini nella tinozza di marmo.
Ma vaglielo a spiegare.
E vai a spiegare anche che quando diceva "Voglio una donna, mi basta che non legga Freud/dammi una donna così che l’assicuro ai Lloyd" non alludeva al desiderio di una donna ignorante, ma a quello di una donna non orrendamente psicanalizzata e manipolata dal maschio.
A Sanremo Vecchioni ha dedicato la vittoria alle donne e, ci mancherebbe anche altro, all’Italia.
Non poteva che arrivare primo.
Lui che voleva una donna con la gonna se n’è ritrovate due con lo spacco ascellare, spicchio di poppa a vista e abitino da sera.
Mia madre dice: "Una volta nella vita si può chiamare ‘puttana’ anche mamma!"
O dichiarare il proprio amore per l’Italia, vedete voi…

“Difendere la privacy (e colpire gli scocciatori al portafoglio)” è disponibile in versione gratuita (era ora!)

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Il mio divertissement del 2009 "Difendere la Privacy (e colpire gli scocciatori al portafoglio)" dedicata alla lotta allo spamming e alla posta indesiderata mediante il ricorso al Garante per la Protezione dei Dati Personali è ora liberamente consultabile on line in versione HTML leggermente rimaneggiata, mentre il PDF della prima versione è scaricabile gratuitamente.

Trovate il tutto all’indirizzo
https://www.valeriodistefano.com/privacy/
 
Ci ho guadagnato abbastanza (*), quindi ho deciso di "liberarlo" per tutti coloro che ne vogliano prendere visione.
La versione cartacea sarà ancora disponibile su Lulu.com dove, tra qualche ora, la versione PDF non dovrebbe più risultare a pagamento.


(*) bugia esecrabile

Il pane fatto in casa

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Visto che avevo il forno acceso, l’altro giorno ho tirato fuori questa pezzatura di pane da un chiletto e tre, fatta con le mie mani, che è venuta ben lievitata, cotta a puntino e croccantella, nonché appetitosetta in ispecie se condita con sale e olio.

Vi invito a schiattare dall’invidia.

L’anno del coniglio

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Il Feldmaresciallo Beppe vi augura forniture di carote a iosa e state attenti a non offenderlo perché se no vi dà anche du’ picchi nella ghigna e vi rovina dai nocchini nel capo!

Pronto soccorso

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In linguaggio tecnico si chiama "infortunio in itinere".  Succede quando vai a lavorare ma giri l’angolo e sbatti la testa contro una cosa che non dovrebbe essere lì, stai per chiederti perché, invece, c’è (mistero…), ma non ne hai il tempo perché oramai la bòtta è presa  e tutto quel che puoi fare, a parte bestemmiare il calendario dei santi saltellando su un piede solo, è cercare di non avere effetti troppo gravi del contraccolpo alla cervicale.

Dunque, Pronto Soccorso.

Il Pronto Soccorso è un mondo a sé con cui ho avuto assai poco a che fare, e di sfuggita, praticamente mai per problemi personali. Stavolta è accaduto.

Si entra da una porticina angusta, che dà sul casottino dell’accettazione dove non c’è nessuno. Al lato, un’altra porta (quella vera e propria dell’ingresso) ha un campanello sotto cui è scritto "Suonare e attendere".
Io ho suonato e atteso cinque minuti. Quanto basta per pensare che qualcuno possa non aver sentito. E quindi suonare di nuovo. E quindi sentirmi dire da un energomeno di un metro e novanta in camice verde e zoccoli bianchi che sul cartello c’è scritto "suonare e attendere" e che qualche ragione ci sarà.
Certo, la ragione per cui ho suonato di nuovo è che nessuno mi attendeva.
"Ma è qualcosa di grave?"
E che ne so? Uno viene al Pronto Soccorso apposta per sentirselo dire se è grave o no. Se no sarei a lavorare. Oppure a spasso.
"Bene, codice verde"
Il codice verde è il penultimo della scala dei codici del pronto soccorso. Adesso so che le sbucciature, le medicazioni alle ginocchia dei bambini con la tintura di iodio, un mal di pancia passeggero non possono passarmi avanti. E’ una grande consolazione.
"Attenda di là il medico"
Il medico è una signora simpatica che deve averne viste di tutti i colori, altro che codici verdi! Però non mi attende subito, perché nel frattempo qualcun altro ha suonato, è una signora anziana che si lamenta e a cui vengono prestate le prime cure nella stanza a fianco.
Perché tra la stanza in cui attendo di essere atteso (atteso che mi attendano, prima o poi) e la signora c’è solo una tenda.
Quindi, anche non volendo, sento tutto. Cos’ha, cosa non ha, il suo lamentarsi e i commenti dei parenti che l’accompagnano. Alla faccia d’o cazz’ e della privacy.

"Cosa si sente?"
Spiego i sintomi e quello che è successo. Mi guarda con l’aria di chi pensa dentro di sé che lì c’è gente che sta male davvero. Sì, ma il fatto che ci sia gente che sta male davvero non significa che io stia male per finta.
Il primo esame neurologico ("Stringa le mie mani, forte, più forte…" "Guardi qui… no, di là…", "Faccia vedere la lingua…" ) è negativo.
Sembra che me lo dicano con dispiacere. Come se il fatto che non ci sia nemmeno una conseguenza a livello nervoso sia una sconfitta. Cazzo, meno male, no?
"Vada a fare la radiografia!"
(…) disorientamento da labirinto ospedaliero, chiedo a due persone dove sia la radiologia (…) (…) o allora? Mi ci vuol tempo (…)
Si spogli, appenda la giacca (dove? non c’è appendiabiti) o la appoggi pure sulla sedia (una sedia per i tuoi effetti personali, ma che gentili!), la prima la facciamo di fronte, sollevi il mento…. così, così… no, troppo, appena appena un po’ di meno, sì, stia fermo… TLAC! ora lo abbassi…. ancora… ancora… fermo!… TLAC! l’ultima di lato… si giri, guardio davanti a sé… peeeeeeeeerfètto… TLAC!!
Insomma, un po’ di radiazioni gratuite random, nel caso uno volesse allevarsi un tumorello tra una venticinquina di anni e merci bien Madame Curie.
Guardo le lastre che mi hanno fatto e vedo come sarà il mio cranio una volta che sarò scheletrito stile avorio cinese. Non mi piace e sono felice di voler essere cremato quando non ci sarò più. Si risparmiano tante brutture.
"Torni con queste radiografie al Pronto Soccorso"
(…) ora capisco Arianna che diede il filo a Teseo (…) chissà da dove cavolo sono venuto (…) accidenti a me e al mio senso dell’orientamento (…)

"Aspetti lì che ci sono delle urgenze…"
E le vedo le urgenze. Nel senso che un signore con una flebo di antidolorifico in vena è sdraiato sul lettino della stanza in cui sono stato visitato io, solo che la porta è aperta e
tutti lo possono vedere.
Intimità zero. Privacy manco p’o cazz’! La signora che va nella stanza accanto (quella protetta dalla tendina) dice di essere caduta dalle scale. Mi viene freddo. Quante donne vanno ogni giorno al Pronto Soccorso e dicono di essere cadute dalle scale! Spero solo che in quel caso sia vero. La signora viene fatta accomodare e la porta resta aperta. E’ impacciata, non sa se deve spogliarsi, attendere o cos’altro, certo che spogliarsi al Colosseo è sempre controproducente.

La visita ortopedica rivela che sì, la cervicale ha un po’ sofferto, "si giri, si giriii… un po’ di più, ecco…le fa male se le premo forte qui?"
E certo che mi fa male, se lei mi ci preme forte.
"Nulla di preoccupante, sono cose che succedono ai vivi!" Già, ma come mai ad altri vivi non succedono?
Non ho voglia di portare avanti una polemica filosofica che non porterebbe a nulla, e poi il medico dell’ortopedia è simpatico.

Dieci giorni di inabilità al lavoro, una schiuma-gel, un antidolorifico e un collare da portare, sia pure in maniera molto blanda e discontibua.
Mi mancano solo la medaglietta, il tatuaggio, la vaccinazione anticimurro e il guinzaglio.

Scontro frontale

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Sto andando a gettare l’immondizia. E’ uno sporco mestiere ma qualcuno dovrà pur farlo.

Arrivo all’angolo con la strada da attraversare prima di giungere ai bidoni della raccolta differenziata. Mi soffermo sul marciapiede.

Oh, sarò padrone…

La signora è a pochi metri da me. Bionda, frettolosa, ma soprattutto distratta da una conversazione piuttosto intensa al cellulare. Distratta sì, ma spero non al punto di non vedermi. Spero male, perché in pochi secondi mi è addosso con tutto il suo carico di profumo di pessima qualità, le sue scarpe da ginnastica dorate e la sua testa finalmente scesa dalle nuvole.

A raccontarla sembra di essere Enrico Montesano quando faceva Felice Allegria. "Io venivo de quà…. lei veniva de ‘llà…"

Il cellulare al quale era attaccata vola e rovina per terra.

"Oddììììo il cellulààààaaare!!!", si lamenta la malcapitata. Ma no, il cellulare funziona ancora. Certo, stava meglio prima, ma meglio lui di me.

Già. E a proposito di me… "Lei si è fatto male?" "Tutto bene??" "Mi scusi…"

Nulla di tutto questo. L’investito per la signora non esiste, è un optional. Potrebbe anche essersi fatto male ma solo un Samsung per strada varrebbe la chiamata di un’ambulanza (ad avere un cellulare sano).

E poi non devo nemmeno lamentarmi, la signora che mi ha investito sul marciapiede veniva da destra.

La verita’ sulla scomparsa di Yara Gambirasio

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Yara è sparita, qualcuno ha visto Yara ma è stato smentito, gli appelli della famiglia di Yara, il nastro giallo per Yara alla messa degli sportivi, si tentano tutte le piste per ritrovare Yara, un centinaio di persone ascoltate e riascoltate sul caso della scomparsa di Yara, Yara: i tabulati smentiscono il superteste, Yara è cercata nei campi nomadi, le indagini su Yara ripartono da zero, per Yara si mobilitano i volontari, anzi, no, anche una trentina di sensivi,  fermato un extracomunitario (certo, chi altri?) per la scomparsa di Yara, le indagini su Yara proseguono anche nel giorno dell’Epifania (ma va’? Davvero?? Sparisce una minorenne e la si cerca anche in una giornata di festa? Straordinario!) ma nessun giornale scrive la più semplice e concreta delle verità:

Gli inquirenti non sono ancora riusciti a trovare Yara.

Vada – Il busto a Don Antonio Vellutini

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A Vada, vicino alla Chiesa di San Leopoldo Re, in Piazza Garibaldi, è stato collocato questo busto, ormai roso dal salmastro (e a Vada ci vuol poco ad aver tutto sputtanato dal salmastro, monumenti, automobili e quant’altro), in ricordo di Don Antonio Vellutini che fu parroco "provvisorio", tanto che ci rimase dal 1944 alla sua morte. Fu partigiano, rischiò più volte la propria vita per quella degli altri, salvò undici bambini ebrei, si oppose tenacemente al nazismo e, in tempo di pace, perfino ai suoi superiori (storica la battuta rivolta a un tecnico mandato dalla Curia Vescovile di Livorno per aggiustare le canne dell’organo della Chiesa: "Dica al Vescovo che qui dentro dopo quello lassù inchiodato sulla croce comando io."). Ogni sera si ritirava in Canonica, un casermone senza riscaldamento e pieno di umidità a leggere. Era professore di italiano e latino, e diceva che "Il mulino del Po" di Riccardo Bacchelli era l’ultimo romanzo scritto da un italiano in un italiano decente.