Sulla Luna? Sì, ci siamo andati. Ma ora anche basta.

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Quando avevo 5 anni, una notte, mia madre, con la delicatezza che la contraddistingueva, mi svegliò dal mio sonno ignaro di quello che stesse succedendo al di fuori del mio candido lettino e mi offrì una goccia di spumante. L’uomo era arrivato sulla Luna e aveva cominciato a muovere i suoi primi passi sul suolo del nostro satellite.
Evviva! Da quel momento lì capii due cose. La prima era che lo spumante è buono. La seconda è che eravamo andati sulla Luna e che su questo non c’era alcun dubbio. Due verità incontrovertibili che non ho mai messo in dubbio in vita mia.

Non mi sono mai interessato di roba spaziale. L’unica volta che l’ho fatto è stato per comunicare che una “intervista” all’astronauta Samantha Cristoforetti è stata contraddetta dalla stessa interessata e ci ho guadagnato una querela e una iscrizione nel registro degli indagati. Per il resto astronauti, razzi, missili, circuiti di mille valvole, stelle, satelliti, meteoriti, assenza di gravità, libri di cibernetica, insalate di matematica mi hanno sempre annoiato e ho sempre avuto una grande e sincera ammirazione verso chi perde il suo tempo a discuterne.

Ma mi ha colpito questa notizia: un blogger del Fatto Quotidiano on line, tale Ivo Mej, ha pubblicato recentemente un articolo dal titolo “Insomma, sulla Luna ci siamo stati o no?” in cui premete chiaramente e senza ombra di dubbi che “la mia personale opinione è che no, sulla Luna non si saremmo mai potuti andare con la tecnologia degli anni 60, tant’è vero che non riusciamo ad andarci neanche oggi.
Una personale opinione, dunque. Ivo Mej alle prove sull’allunaggio non ci crede. Punto. Non è compito nostro stabilire se sia un bene o se sia un male, è una sua personalissima opinione, come quelle che appaiono in centinaia e centinaia di blog. Lui, al contrario di me e di tanti altri, non ci crede. E lo scrive, lo dice. Fa nomi, cognomi, cita circostanze. Dà un sostegno alle sue tesi. Tesi che, ripeto, ognuno è libero di condividere o non condividere.

Fa nomi, dicevo Ivo Mej. Uno è quello del “solito Paolo Attivissimo, di nome e di fatto nel tentare di intorbidire le acque della vicenda lunare.” E qui sta la sua piramidale “colpa”, quello che non doveva fare. Perché, si sa, a debunkare i debunker, poi, se ne pagano le conseguenze. E infatti il “solito” Paolo Attivissimo, che vanta dalla sua la pubblicazione di un libro intitolato “Luna? Sì, ci siamo andati“, distribuito gratuitamente -non si sa se per disinteressse delle case editrici o espresssa volontà dell’autore-, ha scritto un articolo sul suo blog dove per prima cosa fornisce l’indirizzo web a una copia dell’articolo di Mej salvata su archive.org, definendola “una copia permanente che potete consultare senza regalare clic, visibilità e incassi alle testate che diffondono baggianate irresponsabilmente.
Poi passa a definire “tesi complottiste”, “baggianate”, “fandonie” e financo “supercazzole” (lui che sta attento alle virgole, alle traduzioni discutibili da e verso l’inglese, dovrebbe sapere che si dice “supercàzzore” e non “supercàzzole”, nei commenti del suo blog glielo hanno anche fatto notare con tanto di citazione da Wikipedia -la Bibbia dei suoi adepti-, ma lui fa spallucce) gli elementi che Mej porta a sostegno delle proprie tesi.

Ma fin qui, gli si potrebbe riconoscere quel minimo di eleganza che sta nel replicare all’avversario senza minimamente far riferimento a quel virgolettato che lo riguarda. Poi, a un certo punto dell’articolo, inspiegabilmente, spunta fuori Peter Gomez, il direttore del Fatto Quotidiano On Line. La sua colpa? Quella di aver ospitato delle opinioni. Che come tali si sono presentate e tali restano. A leggere quello che scrive Attivissimo non ci si capisce niente, per cui vi riporto gli estremi della discussione:

Scrive Attivissimo su Twitter: “Chiedo a @petergomezblog se intende rettificare le falsità scritte da @ivomej a proposito degli allunaggi sul @fattoquotidiano.
Qualcuno gli risponde: “E perché? Mica è un giornalista,
Replica indefesso il Superlativo: “Scrive su una testata giornalistica. Esiste l’obbligo di rettifica, in capo al direttore responsabile. Come da regole dell’ODG.
E allora è qui che subentra Peter Gomez: “No è un blog ospitato. Non condivido l’opinione, ma è innocua. Se negasse l’AIDS o l’Olocausto non sarebbe stata ospitata. Ma se uno dice io non credo all’allunaggio è libero di farlo. Altrimenti chi è ateo dovrebbe pretendere rettifiche da a chi parla di Dio o di miracoli.

Non fa una piega. Peter Gomez sarà pur padrone di ospitare sulla sua piattaforma digitale opinioni di chi crede o non crede all’allunaggio. Ma è qui che Attivissimo si inalbera: “Mej non si è limitato a dire “non credo”. Ha fatto accuse precise. Ha scritto balle conclamate (l’obiettivo di Kubrick). Insinua che gli astronauti italiani siano allocchi, visto che loro dicono che sulla Luna ci siamo andati. Difendi anche questo?” “Per non parlare di questa insinuazione nei miei confronti: ” il solito Paolo Attivissimo, di nome e di fatto nel tentare di intorbidire le acque della vicenda lunare.” Difendi anche queste diffamazioni?” “Questo non solo è diffamatorio, ma è anche falso nei fatti, visto che ho scritto un intero libro per chiarire come andarono le cose.”

Insomma, secondo Paolo Attivissimo scrivere di lui che tanta di “intorbidire le acque della vicenda lunare” è diffamazione, mentre se lui chiama “baggianate”, “supercàzzole”, “fandonie” le tesi altrui questa è sacrosanta verità. Ha scritto un libriccino in cui ha “chiarito” (con tanto di sottolineato) come sono andate le cose, e allora che cosa poteva mai fare Peter Gomez? Peter Gomez, che è un gentiluomo, gli ha fatto una proposta: “Paolo il problema è che è sfuggita la critica nei tuoi confronti e non doveva accadere. Domani se credi ti intervisteremo volentieri. In blog che dice di avere un’opinione controcorrente non c’è verifica perché la premessa è chiara: il blogger dice è una mia opinione contraria.” Gli offre, cioè, un’intervista (mossa che Attivissimo stesso definiste “astuta”, attenzione, non “generosa”, “riparatrice”, “comprensibile”, ma “astuta”, cioè “acuta, accorta, avveduta, dritta, furba, (pop.) ganza, ingegnosa, sagace, scaltra, smaliziata, sottile”, secondo quanto riportato dal Vocabolario Treccani dei sinonimi e contrari. Ma Attivissimo controreplica indignato: “Mi stai proponendo seriamente di regalarti clic pubblicitari con il mio lavoro? Geniale, a modo suo, ma anche piuttosto triste. Grazie, ma non mi interessa essere intervistato. Non sono io l’oggetto del contendere e non mi interessa apparire. Pubblica semmai i fatti, che puoi chiedere a qualunque esperto, e rettifica le fandonie. E capiamoci: quelle non sono “opinioni”. Sono accuse.” E qui Attivissimo sbaglia clamorosamente il tiro in una porta vuota: potrebbe correggere nel merito le opinioni di Mej (o le “accuse”, se a lui piace di più), pubblicare le sue controdeduzioni sullo stesso mezzo in cui sono state pubblicate le “accuse” medesime, ristabilire l’ordine delle cose. Ma basta saper attendere e il giorno dopo aver fatto il gran rifiuto a Gomez, Attivissimo rilascia (successivamente a Mej) una intervista a Radio Capital, che ha un sito web, che ha dedicato alla sua presenza come ospite una pagina sul proprio sito web, che riceve, evidentemente, dei clic da parte di chi volesse acquisire ulteriori informazioni o riascoltare il podcast. Sono andato a cercarla, e su Capital.it ho trovato pubblicità alla Jeep e all’Esta-Thè. Proprio nel riquadro che offriva l’audio con l’intervista a Paolo Attivissimo che, questa volta, non sembra lagnarsi troppo del fatto che l’emittente sfrutti il suo nome e le sue conoscenze per avere dei clic, pubblicitari o meno che siano. “Non mi interessa apparire.” Beh, Attivissimo segnala 86,284,099 di visualizzazioni del suo blog al momento in cui sto scrivendo questo articolo, il suo account Twitter conta 409.000 Followers (ma sono solo 1331 quelli su Instagram), è conduttore di una rubrica radiofonica su un canale dell’emittente svizzera, autore di libri (più o meno gratuiti), giornalista (almeno lui si definisce così) e viene a dirci che non gli interessa apparire? Per carità, liberissimo, lo dica pure. Semplicemente ci prendiamo la libertà di non credergli. Infatti è andato a battibeccare con Mej su Radio Capital. Forse non gli interessava apparire sul Fatto Quotidiano. Posizione anche queste rispettabile, se solo avesse avuto la bontà di dircelo.

E la storia vòlge al suo epilogo, ormai. Fabrizio Bocchino, direttore INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo, scrive una lettera “aperta” (ma non ho il permesso di ripubblicarla, quindi mi limiterò a poche e significative citazioni) al Fatto Quotidiano, nella persona dello stesso Peter Gomez e all’ordine dei giornalisti in cui, dopo aver stigmatizzato un tweet del Direttore (“La gravità delle Sue affermazioni è di gran lunga superiore alle farneticazioni del giornalista Mej, il cui blog contenente l’articolo in questione è ospitato fra le pagine del Suo quotidiano, sulle quali non mi dilungo non valendone la pena.“) passa a una (a mio giudizio pericolosa) equiparazione (“Lei conclude paragonando l’allunaggio ad un atto di fede, al quale ognuno di noi è libero di credere o non credere, così facendo delegittimando con un tratto di penna anni e anni di studi di ingegneria, di astronomia, di meccanica portati avanti con dedizione da scienziati di tantissime discipline (…)”) e finisce per deferire il giornalista (Peter Gomez, si badi bene, non l’autore dell’articolo del blog) all’Ordine dei Giornalisti (“Per questa ragione, io credo che ci siano gli estremi per deferirLa all’Ordine dei Giornalisti, alla quale io invio questa mia email come segnalazione da semplice cittadino (…)“).

Mazziato dunque a dovere, Gomez dovrà rispondere di aver pubblicato delle opinioni. E’ il triste destino di chi si trova a scontrarsi coi tanti paoliattivissimi della rete.

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