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Un culo è un culo. E un culo che sia un culo si chiama “culo” proprio perché è un culo. Non si chiama “lato B” o “le terga”. O “sedere”, giusto per addolcire.
Ciò premesso, accade anche in questa Roseto, piccolo mondo di un mondo picccolo come la chiamerebbe Giovannino Guareschi, in questa ridente cittadina che sempre meno ha da ridere, che un consigliere comunale, nonché segretario locale del PD, tale Simone Aloisi posti (“un po’ per celia un po’ per non morir”, direbbe la Butterfly) su Facebook un selfie che lo ritrae sdraiato su un lettino, con accanto un culo femminile altrove definito “scultoreo” (per noi è un culo e basta). Pochi minuti e il popolo di Facebook, che, si sa, è implacabile sia quando dà dei giudizi positivi che quando dà dei giudizi negativi, si è tuffato a mani basse a difendere il consigliere comunale, oppure a stigmatizzare il contenuto sessista dell’immagine. Alla fine le spiegazioni di Aloisi: “Noto che da uno scherzo tra amici si è scatenato un polverone più grande del previsto, ovviamente chiedo scusa se ho potuto urtare la sensibilità di qualcuno ma di certo non era questa la mia intenzione, è chiara una cosa: il mio ruolo mi impone di mantenere un certo self-control, da oggi in poi cercherò di ricordarmelo. Non ho intenzione di cambiare per colpa della politica, continuerò a scherzare come ho sempre fatto”. Insomma, scherzava e poi, come spessso succede, il gioco gli è sfuggito di mano. Tanto che, adesso, pentito, il post è stato rimosso dal suo profilo Facebook (già, ma se scherzava e se non trova nulla di male in quello che ha fatto perché non l’ha lasciato?).
Fin qui i fatti. Per carità, può capitare a tutti “un momento di fosforescenza” (come scriveva Eduardo De Filippo in “Napoli Milionaria”) e di goliardia senza freni. E, in fondo, dicevamo, non c’è proprio nulla di male in quello che ha fatto l’esponente locale del PD. Già, è vero: non c’è niente di male. Ma non c’è nemmeno niente di bene. Voglio dire, che valore ha una azione di questo genere? Nessuno. Non è una cosa morale o immorale, no, è una cosa del tutto a-morale, che non ha un perché, non ha una causa, non ha una spinta all’origine, non ha niente di niente se non l’effetto dirompente di provocare delle reazioni (ma, in fondo, mi viene da pensare che la bravata sia stata organizzata a bella posta proprio per questo, per vedere di nascosto l’effetto che fa). In fondo tra fotografarsi con un culo a fianco e andare in giro vestite di tutto punto, attopatissime, con un tacco veriginoso, l’andatura ancheggiante e il seno strippato al punto di esplodere, non c’è molta differenza. Tutti e due gli atti hanno un solo scopo finale: quello di essere guardati.
E allora scatta la domanda successiva: cosa me ne frega a me di con chi vai a trascorrere una giornatina sul mare e se questa amica ha, per inciso, un gran bel culo? Ma saranno ben affari tuoi e del tuo privato. Io cosa c’entro? Io mi trovavo su Facebook a leggere il tuo profilo perché, oltretutto, c’è la non piccola discriminante che sei un personaggio pubblico. Tutto lì. Invece mi ritrovo questo cupolone che non dice nient’altro che “Guardami, sono qui.” Va bene, lo vedo che ci sei, e allora?? Niente, nessuna risposta oltre alla mera e banale constatazione dell’esistenza.
La rete, per fortuna, ha la memoria lunga. Ma anche i rosetani che vanno a votare a volte non scherzano.
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A distanza di pochi minuti dalla messa in linea di questo articolo, l’amico Pasquale Bruno Avolio mi comunica che il post originale non è stato rimosso da Facebook (grazie, prendo atto e correggo) e che la proprietaria del culo ha rivelato coram populo la sua identità. Prendo atto anche di questo e mi nauseo.