Roberto Vecchioni vince Sanremo e dedica il premio alle donne e all’Italia

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E guarda chi si rivede, il Professor Vecchioni, già autore di "Luci a San Siro", "Samarcanda" e "Tommy", dèdito con risultati alterni e certamente di minor successo alla letteratura, ritratto in mezzo a due stanghe di figliole, rappresentanti l’immaginario erotico collettivo italiano, mentre stringe soddisfatto il trofeo naziona-popolare vinto in modo nazional-popolare cantando una canzone nazional-popolare durante la kermesse canora più retorica e nazional-popolare.
Nel 1992 pubblicò un pezzo meraviglioso, "Voglio una donna" (dopo la già citata "Tommy", sicuramente il suo brano migliore) in cui si dissociava dal mito della donna secondo il più bieco degli stereòtipi maschili.
"La voglio come Biancaneve coi sette nani/noiosa come una canzone degli Inti-Illimani", diceva.
E giù critiche a fiume perché le donne no, non sono noiose e non lo sono nemmeno le canzoni degli Inti-Illimani.
Il vetero-femminismo si incazzò in modo totale, qualcuna deve avergli addirittura fatto una macumba, si alzò un polverone che lèvati, tutto perché Vecchioni rivendicava il diritto dell’uomo a una donna con la gonna, che non vuol dire una donna che lava i calzini nella tinozza di marmo.
Ma vaglielo a spiegare.
E vai a spiegare anche che quando diceva "Voglio una donna, mi basta che non legga Freud/dammi una donna così che l’assicuro ai Lloyd" non alludeva al desiderio di una donna ignorante, ma a quello di una donna non orrendamente psicanalizzata e manipolata dal maschio.
A Sanremo Vecchioni ha dedicato la vittoria alle donne e, ci mancherebbe anche altro, all’Italia.
Non poteva che arrivare primo.
Lui che voleva una donna con la gonna se n’è ritrovate due con lo spacco ascellare, spicchio di poppa a vista e abitino da sera.
Mia madre dice: "Una volta nella vita si può chiamare ‘puttana’ anche mamma!"
O dichiarare il proprio amore per l’Italia, vedete voi…

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