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Roberto Saviano ha querelato un blogger di settant’anni.
Che, voglio dire, già detta così la notizia un sorriso lo strappa. Non so cosa abbia fatto questo settuagenario per meritare una querela proposta dall’autore di "Gomorra", ma la cosa più paradossale è che se Saviano ci mette una briscola, gli inquirenti ci mettono il carico da undici.
Secondo quanto riferito dal Corriere del Mezzogiorno, infatti, Saviano avrebbe querelato un certo "F.T." (nell’atto di querela figuravano, comunque, nome e cognome per intero) di Caserta, solo che per un tragico errore di omonimia, ci è andato di mezzo un signore che ha lo stesso nome e cognome del querelato, ma che ha 30 anni di età e che vive in Lombardia.
Non c’è che dire, è bella sapere di vivere in un Paese in cui la Giustizia funziona come un orologio, basta non fare mente locale sul fatto che una cosa del genere, a questo punto, può succedere a chiunque di noi. Perché ormai il signor "F.T.", lombardo, è stato citato a comparire davanti al Tribunale, e dovrà pagarsi un avvocato per spiegare che c’è un vizio di forma all’origine (gli inquirenti che hanno preso lucciole per lanterne) ed essere scagionato. Chissà se avrà diritto a un risarcimento.
Tutto questo è successo perché il gigante Saviano ha deciso di querelare un piccolo blogger.
Perché non mi si dica che il signor Roberto Saviano, giornalista e scrittore di grido, con quattro o cinque titoli in poll position pubblicati per la casa editrice di proprietà del Presidente del Consiglio, e qualche altro stampato per i tipi dell’altra casa editrice che appartiene alla casa editrice del Presidente del Consiglio ("Ripeterselo è come passarsi una spugna d’acqua gelata lungo la schiena", direbbe lo stesso Saviano) che lui e un blogger sono sullo stesso piano.
Ora io non so cosa questo blogger abbia scritto di Saviano per provocare questa reazione, e non metto in dubbio che Saviano abbia tutti i diritti di ricorrere dove vuole per vedere riconosciute le proprie ragioni, se ne ha.
Ma è la prova del nove che in rete pesce grosso mangia pesce piccolo.
Tutti si sciacquano la bocca con questa menata della rete libera, della libera critica, del libero accesso alle informazioni e alle opinioni, ma se un blogger querela Saviano quello ci ride, se Saviano querela un blogger quello ci resta spiaccicato come un moscone sul parabrezza della Seicento in un ferragosto degli anni Sessanta.
Su, via, Signor Saviano, ritiri la querela. C’è già andato di mezzo un innocente per via di un’indagine maldestra o, se vuole chiamarla così, per una "stortura del sistema giudiziario".
E poi alle querele si ricorre soltanto quando le idee sono finite e non rimangono che gli insulti. Ci faccia sentire che Lei ne ha ancora, e tante, e che vuole condividerle con tutti accettando gli applausi e i proventi da diritto d’autore, ma anche le critiche di chi ha a disposizione solo una tastiera e un collegamento ADSL e non lo staff editoriale della Mondadori.
Che, voglio dire, già detta così la notizia un sorriso lo strappa. Non so cosa abbia fatto questo settuagenario per meritare una querela proposta dall’autore di "Gomorra", ma la cosa più paradossale è che se Saviano ci mette una briscola, gli inquirenti ci mettono il carico da undici.
Secondo quanto riferito dal Corriere del Mezzogiorno, infatti, Saviano avrebbe querelato un certo "F.T." (nell’atto di querela figuravano, comunque, nome e cognome per intero) di Caserta, solo che per un tragico errore di omonimia, ci è andato di mezzo un signore che ha lo stesso nome e cognome del querelato, ma che ha 30 anni di età e che vive in Lombardia.
Non c’è che dire, è bella sapere di vivere in un Paese in cui la Giustizia funziona come un orologio, basta non fare mente locale sul fatto che una cosa del genere, a questo punto, può succedere a chiunque di noi. Perché ormai il signor "F.T.", lombardo, è stato citato a comparire davanti al Tribunale, e dovrà pagarsi un avvocato per spiegare che c’è un vizio di forma all’origine (gli inquirenti che hanno preso lucciole per lanterne) ed essere scagionato. Chissà se avrà diritto a un risarcimento.
Tutto questo è successo perché il gigante Saviano ha deciso di querelare un piccolo blogger.
Perché non mi si dica che il signor Roberto Saviano, giornalista e scrittore di grido, con quattro o cinque titoli in poll position pubblicati per la casa editrice di proprietà del Presidente del Consiglio, e qualche altro stampato per i tipi dell’altra casa editrice che appartiene alla casa editrice del Presidente del Consiglio ("Ripeterselo è come passarsi una spugna d’acqua gelata lungo la schiena", direbbe lo stesso Saviano) che lui e un blogger sono sullo stesso piano.
Ora io non so cosa questo blogger abbia scritto di Saviano per provocare questa reazione, e non metto in dubbio che Saviano abbia tutti i diritti di ricorrere dove vuole per vedere riconosciute le proprie ragioni, se ne ha.
Ma è la prova del nove che in rete pesce grosso mangia pesce piccolo.
Tutti si sciacquano la bocca con questa menata della rete libera, della libera critica, del libero accesso alle informazioni e alle opinioni, ma se un blogger querela Saviano quello ci ride, se Saviano querela un blogger quello ci resta spiaccicato come un moscone sul parabrezza della Seicento in un ferragosto degli anni Sessanta.
Su, via, Signor Saviano, ritiri la querela. C’è già andato di mezzo un innocente per via di un’indagine maldestra o, se vuole chiamarla così, per una "stortura del sistema giudiziario".
E poi alle querele si ricorre soltanto quando le idee sono finite e non rimangono che gli insulti. Ci faccia sentire che Lei ne ha ancora, e tante, e che vuole condividerle con tutti accettando gli applausi e i proventi da diritto d’autore, ma anche le critiche di chi ha a disposizione solo una tastiera e un collegamento ADSL e non lo staff editoriale della Mondadori.
Il fatto che Saviano quereli la gente testimonia ulteriormente che i concetti di “libertà di espressione” sono molto, molto personalizzabili.
Al