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Spesso giusto il tempo per vedere una notizia, ma non la approfondisco più. Al mattino c’è Radio Tre che le prime pagine dei quotidiani italiani me li legge mentre sono intento a cercare di passare dal sonno alla veglia nel minor numero possibile di secondi (senza, peraltro, riuscirci mai), e poi non penso sia neanche tanto importante leggere i quotidiani "di stato". Continuo a riceve "Il Fatto quotidiano" che, tra un errore di ortografia e l’altro, riesce ad essere quanto di più vicino ci sia alla leggibilità.
Però l’altro giorno ho fatto un viaggio a ritroso nel tempo, e avevo voglia di salvarmi qualcuna delle immagini della sciagura del terremoto di Haiti. Giusto per far vedere come una notizia vada a finire direttamente nel dimenticatoio nel momento in cui non se ne parla più. La gente ad Haiti continua a vivere in situazioni di emergenza mentre "Repubblica" parla della visita di Stato di Berlusconi in Israele (evento, come è d’uopo, largamente ignorato dai quotidiani israeliani).
Ràvana tu che ràvano io, ho ritrovato le foto di Haiti (sembra che uno entri in una biblioteca per consultare un rarissimo manoscritto, ormai la velocità di archivazione dei fatti e dei documenti che li attestano è impressionante) e c’è una specie di "Warning!", di messaggio preventivo, di avviso-mezza salvezza per l’uomo:
C’è scritto che alcune di quelle imagini potrebbero "urtare la mia sensibilità". Notare la subdola falsa raffinatezza del linguaggio: prima di tutto mi dicono che io sono una persona sensibile, e che tale sensibilità potrebbe venire "urtata", in qualche modo "offesa". "Urtare" è un verbo da assicurazioni e da contratto bonus-malus. Due veicoli si urtano, la mia sensibilità no.
E pare che a desensibilizzarmi siano esattamente le scene di sofferenza scattate e immortalate da fotografi andati apposta ad Haiti per testimoniare, anche e soprattutto con lauti compensi, la sofferenza degli altri, sulla quale, si sa, è sempre possibile speculare a proprio bell’agio.
Il terremoto di Haiti urta la mia sensibilità? Mi urta la sensibilità "Repubblica" che prende i soldi pubblici di finanziamento per scrivere queste stronzate. Ecco cosa urta la mia sensibilità.
Perché non so come mai, ma quando si parla della disinformazione di "Repubblica" divento subito sensibile.