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Il preludio alla telecronaca diretta della constatazione statica del nostro niente calcistico cominciò con uno spot di una agenzia di scommesse on line che si vantava di dare la vittoria dell’Italia alla quota più favorevole per gli scommettitori.
Non mi importa quanto abbiano incassato dalla ieratica sconfitta, men che meno mi interessa quanto abbiano perso gli scommettitori, ché a loro sta solo bene. Mi interessa, piuttosto, quanti minorenni possano aver guardato quello spot, ed è inutile dire che alla fine c’è un annuncio lettoavelocitàevidentementeraddoppiata che dice che il gioco è permesso solo ai maggiorenni e che bisogna giocare responsabilmente se no si può sviluppare una dipendenza da eccessiva fiducia nelle capacità della Nazionale.
E come se non bastasse, arriva Totti che si chiede chissà quanti gol avrebbe fatto con 15000 piedi, ah, ah, ah, battutona irresistibile, e anche lì pubblicità al 10 e Lotto o come diavolo si chiama perché giocare sul gioco è una delle perversioni più ancestrali dell’italiano medio. Si scommette sul risultato della partita e sulle estrazioni del Lotto, è il gioco al quadrato, la cartina di tornasole di quanto, tanto per cambiare, siamo irrimediabilmente scemi.
Come si deve giocare responsabile bisogna anche bere responsabile. C’erano la pubblicità di una birra con la bottiglia verde (io detesto le bottiglie verdi per la birra!) e quella di un liquore all’anice. Peccato che bere responsabilmente sia un’utopia bella e buona, se fosse possibile ci si potrebbe anche drogare responsabilmente, che so, magari una sniffatina ogni tanto, in una quantità che non faccia del male a noi o al prossimo.
Perché quell’aggettivo “responsabile” ci fa sentire bene, ci dà la sensazione di avere il controllo della situazione, ci dipinge come un popolo guappetto, che sa fermarsi prima del limite e sa riconoscere quel limite, di qua c’è il bene e di là c’è il male, poi, magari, tutti a patteggiare per tornare a fare il sindaco.
E il cellulare non ce lo volete mettere? La pubblicità dell’ultimo modello che ti conta i passi o ti disegna le traiettorie. L’altro giorno sul lungomare c’era uno che se lo teneva appiccicato al braccio mentre faceva footing. Ma si può essere più scemi di così? Che quando hai qual telefonino lì cosa ti manca più?? Un pinguino con cui sentirti connesso per tutta l’estate, ovvio. Colonna sonora del tuo contratto firmata da Ampelio e le Borie Stese.
E poi c’è quella più bella, quella davanti alla quale ti chiedi se davvero la gente ci crede e se sei solo tu l’unico a restare basito o se la vita è ormai veramente così e non ci devi più neanche far caso. E’ la pubblicità di quel deodorante che “più sudi più sai di fresco“. Ora, per l’amor di Dio, sarà una “nuova formula” (le pubblicità dei deodoranti sono tutte “nuova formula”, da piccolo ricordo il “Bac Nuova Formula”, tanto per citare qualcosa di cui non si parla più) ma da che mondo è mondo più sudi più butti in terra dal sito. Sì, ci sono quelle cose che ti promettono 48 ore di protezione totale (voglio vedere se non ti lavi per due giorni come sei protetto!). Ma l’acqua e il sapone non vanno più di moda? Quelle belle bruschinate che la mi’ mamma mi diceva “Guarda lì come sei sudato!” e mi schiaffava dentro la tinozza (la vasca non si aveva), mi bagnava, mi strofinava a forza col sapone neutro Mantovani, mi sciacquava e poi via a insudiciarmi di nuovo. Il sudore, la puzza, lo sporco erano qualità degradate e degradanti dell’essere umano. Ora no. Ora se vuoi sapere di fresco devi sudare.
Ecco quello che siamo, un popolo di scommettitori e di bevitori (responsabili!) sempre a traccheggiare con il telefonino e per giunta con le ascelle puzzolenti di sudore.