Pazza Ikea

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Dopo tre anni che ci limava sordo, mia moglie, oggi, è riuscita a trascinarmi all’IKEA.

Ho una naturale idiosincrasia verso tutto quello che è centro commerciale e, in genere, superficie espositiva enorme con tanto di visitatori assatanati che non sanno dove andare e accettano di parcheggiarsi per pomeriggi interi in queste IperCoop dell’alienazione mentale, magari per andarsene con una radiosveglia.

Ikea è indubbiamente diverso, anche se dopo ti fanno ugualmente male i piedi.

Ikea è una cosa svedese che ci tiene a rimanere svedese in (quasi) tutto. E’ un respiro nordico, una finestra sulle cose fatte (quasi sempre) bene, una sorta di ambasciata di Stoccolma in terra italica.

Tutti gli articoli hanno regolarmente nomi svedesi. Trovate armadi che si chiamano Våkka, materassi in lattice chiamati Bestiå e utensili da cucina dall’esotico nome di Kåkkådymukkå.

Entri e ti danno un lapis minimale in puro legno, perfettamente temperato su cui puoi scrivere il nome di quello che vuoi su un fogliettino che poi ti serve come pro-memoria per quando esci. Così fai un po’ di pratica con il tuo neonato svedese scritto.

La cosa più interessante e positiva di IKEA è il ristorante. La gente mangia piatti svedesi di polpettine e patate bollite con salsa di mirtilli senza dire nulla, anzi, mostrando vivo apprezzamento (allora è vero che si può sopravvvere anche senza mangiare spaghetti, pizza, chitarra, mandolino, mafia, ‘o sole mio) se volete ci sono anche cose italiane (poche, però) e per i bambini c’è un menu con pasta al pomodoro, un succo di frutta biologico e uno yoghurt che costa solo un euro. Tutti mangiano di gusto, nessuno protesta. Soprattutto, in questo modello di efficienza nordica, nessuno si lamenta, butta cartacce per terra o alza la voce.

Mi sono comprato una sedia transessuale da ufficio che si chiama Verner, un portaburro, una serie di pentole e pentolami cari asserpentati, ma la cosa di cui vado più fiero è un fantasmino in plastichina molliccia trasparente con una luce verde interna. Gli dài un colpo in testa e quello si accende. L’ho pagato 12 euro e 50. Praticamente un investimento per il futuro. Sono anche il fortunatissimo possessore di una casseruola di terracotta per cuocere. Son soddisfazioni.

Oltre a una libreria da montare, vari accessori per la libreria da montare, altri ripiani per la libreria da montare, ma le matite dell’entrata me le sono fregate (un po’ di "italian style" in Svezia, che diamine!).

Alla cassa ho pagato 355 e rotti euro. Per un Akkydendtekevispåkkå!

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