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Il ritornello che ho messo come titolo di questo post è un vecchissimo girotondo (crudele come girotondo, lo ammetto) di quando ero bambino e andavo all’asilo. Si cantava all’indirizzo di quello che, nel giro, pagava pegno. Un po’ per commiserazione e un po’ per consolarlo.
Povero Salvini, dunque, che un giorno sì e uno no deve inventarsene una sempre più grossa per poter restare a galla e far sì che i social e la stampa periodica parlino di lui (come non importa, ovviamente): prima il rifiuto di quei 600 e passa disgraziati della Aquarius, poi il censimento dei ROM, oggi la storia della rivalutazione dell’opportunità di concedere ancora o meno la scorta a Roberto Saviano. Guardate che è una bella fatica, sapete? Perché poi la gente ti critica e alle critiche devi riuscire a far fronte al meglio, magari mandando bacini qua e là (come fa su Twitter) e dispensando sorrisoni innocenti come quello che fa solo il bene degli italiani.
Povero Salvini, vuole rivedere la scorta a Saviano e nessuno lo capisce. Il mondo è popolato di brutti cattivi comunisti che pensano perfino che a un cittadino sia necessario dare una scorta a prescindere dalla sua collocazione politica, dal suo pensiero ideologico e dalla sua simpatia personale o meno (e ammettiamo tranquillamente, assieme a Salvini, che Saviano è una persona antipatica, ma non è revocando la sua scorta che lo si renderà più apprezzabile ai nostri occhi, o che sopporteremo meglio le sue esternazioni).
Io non so quanti dei miei soldi devoluti allo Stato sotto forma di tasse vadano a coprire le spese per la protezione di Saviano. So solo che mi fa piacere pagarli perché poi Saviano lo voglio poter contestare di persona o sul mio blog. A me la gente serve viva. Dei morti cosa me ne faccio?
Ma lasciatelo stare, Salvini, poverino. Lavora per noi e si preoccupa di quel che è giusto. Queste son pene.