Norma “ammazzablog”: oggi, 29 settembre…

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Ringrazio Pina M. che ogni tanto segue questo blog, che, come molti altri blog, avrà vita breve. Non so bene cosa abbia capito di quello che pubblico (perché ultimamente quello che pubblico non lo capisco nemmeno io) e che ulteriore pessima impressione si sia fatta di me, ma è bello sapere che, di tanto in tanto, qualcuno si incuriosisce ancora per questa iniziativa. Le dedico volentieri l’articolo che segue.


Allora, tanto per cambiare parliamo di norma cosiddetta “ammazzablog” sull’obbligatorietà della pubblicazione delle rettifiche in Internet.
Dovrebbe trattarsi, per essere più precisi, del comma 29 dell’articolo 3 del testo sulle intercettazioni che approda alla Camera dei Deputati proprio il 29 settembre, data del compleanno del Presidente del Consiglio e che fino a qualche anno fa era il titolo di una canzone di Mogol-Battisti, vedi giuditio human come spess’erra…

Il testo “incriminato”, come ho già scritto, recita testualmente:
“Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”.

E’ chiaro che con la nozione “siti informatici” si intende esattamente qualunque sito informatico. E’ una notazione generica, che viene rafforzata dal successivo “ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica”.
La nozione di “legge ammazzablog” è, dunque, impropria. E’ una legge ammazza internet tout-court, perché un blog è solo un modo per realizzare un “sito informatico”. In teoria (e anche in pratica) basterebbe che un articolo fosse pubblicato su un file disponibile solo con protocollo FTP.

Ma non scendiamo in tecnicismi. Quello che mi basta è chiarire che la normativa fa di tutta internet un calderone, senza distinguere tra iniziative periodiche di informazione con obbligo di registrazione in Tribunale, con tanto di direttore responsabile, e iniziative non periodiche che questo obbligo non lo prevedono.

Il che non significa affatto che il blogger non debba rispondere delle sue azioni per il solo fatto che si sta occupando di una iniziativa personale in cui, si veda il caso, oltre a fornire informazione, esprime anche delle opinioni critiche (che in genere vengono scambiate per diffamazioni creando già un clima preventivo -ma ancora controllabile- di caccia alle streghe e di dàgli all’untore), significa, semplicemente, che il blogger non ha dalla sua i fondi di ammortizzamento che in genere sono riservati alla stampa (che è finanziata, nel 99% dei casi dal denaro pubblico), e che il fargli rischiare una multa di un massimo di 12000 euro, ovvero la stessa sanzione prevista per l’informazione periodica, è oggettivamente uno squilibrio giuridico.

Dunque, se un qualsiasi soggetto riterrà ingiuste o ingiustificate alcune affermazioni o alcune opinioni espresse, e dovesse chiedere a un blogger di pubblicare una rettifica, il blogger deve ottemperare entro 48 ore (pena la multa succitata, non si sa se comminata dal giudice penale o meno).
Qualcuno dice che per far scattare il count-down delle 48 ore basta una mail. Non credo proprio. Una e-mail tradizionale non ha nessun valore legale, ci vorrebbero come minimo una mail certificata o la classica raccomandata con ricevuta di ritorno. Ma non ne sarei tanto sicuro, perché la norma parla di “48 ore dalla richiesta”.

Ma c’è di più:

  • la pubblicazione oltre a essere obbligatoria, non deve necessariamente prevedere che la rettifica sia veritiera (è sufficiente che chi chiede la rettifica contesti un comportamento che ritiene ingiusto);
  • non è possibile, per il blogger, rispondere a propria volta ai contenuti della rettifica;
  • la rettifica potrebbe contenere testi offensivi o diffamatori nei confronti di terzi: il blogger dovrà comunque pubblicarla.
Come ho già scritto, è assai probabile che, se il comma dovesse passare così com’è, io chiuda definitivamente il blog.
E non è perché mi facciano paura le richieste di rettifica (per la verità, in otto anni non ne ho mai ricevuta neanche una) o perché non abbia 12000 euro per pagare le caramelle allo stato o all’ennesimo bambino di turno che pesta i piedi perché non ha i soldini o perché mamma non gli compra lo zucchero filato, ma per il semplice fatto che il non poter rispondere a mia volta crea un corto circuito intollerabile. E perché non conta più cosa si dica, se sia vero o meno, ma il come un terzo percepisce quello che si dice.

Si va a creare uno stallo di ricatti personali a cui sento il dovere di non sottostare, con tutto il dolore che mi darebbe il cancellare il lavoro di otto anni.

Come ripeto, in otto anni di blog, nessuno mi ha mai chiesto una rettifica. Anzi, in verità, adesso che ci penso, qualcuno che mi ha chiesto di rettificare un articolo c’è stato, solo che non mi ha detto che cosa avrei dovuto rettificare, segno evidente che la gente ha le idee chiare.

Inoltre, questo blog non ha mai diffamato nessuno.

Ma non è possibile, proprio per questo, soggiacere alla logica per cui si debba pubblicare una rettifica ad ogni pie’ sospinto, solo perché c’è qualcuno che pensa di avere avuto un danno e, senza ricorrere al tribunale civile (men che meno penale, perché dovrebbe sottoporsi all’interrogatorio delle parti e questo è imbarazzante), ti scrive una mail a Ferragosto quando sei fuori casa (perché non hai una redazione)

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