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Dunque Nichi Vendola è stato assolto dall’accusa di abuso di ufficio perché il fatto non sussiste.
La formula assolutoria più ampia per il Governatore della Puglia, dunque. Ne sono sinceramente felice per lui, pur non essendo Vendola esattamente nei miei santi.
Negli ultimi giorni Vendola aveva dichiarato che se fosse intervenuta una sentenza di condanna si sarebbe ritirato a vita privata per difendersi dalle accuse a suo carico come un normale cittadino. L’intenzione gli fa onore, indubbiamente.
Ma ci sono diverse cose da osservare.
La prima è che la sentenza di assoluzione di questa mattina è stata emessa in un giudizio svoltosi con il rito abbreviato (diritto imprescindibile di Nichi Vendola), in cui tutti gli atti, dalla formulazione dell’accusa, alle argomentazioni della difesa, alla sentenza di assoluzione, si sono svolti mentre Vendola era e non ha mai smesso di essere Presidente della Regione. Si è difeso in primo grado, dunque, questo sì. Nei modi previsti dalla legge e con tutte le garanzie previste.
Ma non da normale cittadino.
La seconda è che Nichi Vendola risulta avere pendente un altro procedimento giudiziario per i reati di abuso d’ufficio, peculato e falso, per una presunta transazione da 45 milioni di euro tra la Regione Puglia e l’ospedale ecclesiastico Miulli di Acquaviva delle Fonti.
E non mi risulta che, almento in questa fase delle indagini, fino a sentenza del GUP, Vendola si stia difendendo da comune cittadino (un comune cittadino non dà appuntamento ai giornalisti per una conferenza stampa).
E non si può certo dire che un cittadino italiano, davanti alla legge, sia tale solo dopo una sentenza di colpevolezza di primo grado.
Dalle urla di “Vendola colpevole!” al “Viva Vendola!” il passo è stato troppo breve. E’ d’uopo non aderire né al giustizialismo forcaiolo degli uni, né al trionfalismo ingiustificato degli altri.