L’inno del corpo sciolto

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water

E’ successo nella scuola in cui lavoro:

un alunno chiede il permesso di andare in bagno, lo ottiene e una volta lì fa quello che deve fare. O meglio, lo fa ma decide, già che c’è, di imbrattare -non si sa con quali acrobazie ginniche- il bordo del water e le pareti intorno. Risultato: un merdaio stratosferico che il Nostro, evidentemente orgoglioso di aver fatto la cazzata dell’anno, decide di fotografare, si sa mai che i posteri non abbiano a ricordarlo proprio per quello che già considera il suo capolavoro assoluto.
E infatti manda la fotografia ad alcuni dei suoi contatti su WhatsApp: facile, veloce, e certamente più pulito dello stercolàio di cui sopra. Solo che uno di questi destinatari ha, anche lui, una illuminazione geniale assoluta: questo prezioso materiale iconografico non può restarsene così, a essere guardato solo da sette o otto persone, silente e maleodorante per conto suo, no, deve essere per forza (o per amore, si veda il caso) guardato e annusato dal pubblico di Facebook e per permetterlo non si accontenta, no, di infilare la fotografia nel suo profilo personale, ma ci “tagga” anche la pagina FB della scuola. Ci mette, di contorno, due o tre frasette così, tanto per fare ed il gioco è fatto.

Perché ormai non ci si accontenta più di fare le cazzate fini a loro stesse, no, non si sta bene neanche a chiacchierarne tra pochi intimi, come si faceva una volta che si andava a scambiare quattro ciacolade sulle proprie bravate al bar, adesso le cazzate non sono autenticamente cazzate se non le fai coram populo, davanti a tutti, anzi, più persone ti vedono, che in quel momento stai facendo una cazzata, più sei contento. E non importa che si parli male di te o ti si dica che stavolta hai proprio esagerato, no, l’unità di misura della portata delle proprie azioni sono i “like”, che amplificano la portata dell’attenzione su un cesso intasato in un bagno scolastico di provincia. Bisogna essere come minimo “virali” (come si dice oggi utilizzando un termine orrendo) e contagiare, smerdandolo, anche l’ignaro visitatore che si trova a passare di lì per caso.

Senza contare che tutto ciò che è virale non è solo una malattia. Peccato che lo si usi per apparire agli occhi della gente come infinitamente sprovveduti.

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