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Jersera feci il pane.
Mi venne così bene che ne postai la pretïosa imago sul Feisbùcco. Mal me ne incòlse perché di sùbito le amiche e gli amìchi cominciaron a dimandarmi com’io l’ebbi fatto, e imperocché è question della nobilitate de’ cuori condivider l’arte con chi vuòlne attingere ad maiora, credo proprio che la devo smettere di scrivere come la “Vita Nuova” di Dante e cominciare a dàrvela questa ricetta, che non sarà né breve né semplice, perché il pane è una cosa seria.
Dunque, in prìmisi, per fare il pane non bisogna aver furia. Sappiate che ci vuol TEMPO, che il tempo è un dono, e più tempo ci mettete a farlo più donerete di voi a chi ne mangia. Il pane ha una simbologia indubbiamente religiosa, ma, tanto per cambiare, me ne frego. Ciò non toglie che il condividerlo con le persone a cui si vuol bene non sia cosa assai nòbile a farsi, però smettiamola con questa storia dello
spezzare il pane per chi diceva ho sete e ho fame, chè voi non siete De André.
Orsù, sequitàtemi: cominciate col preparare l’ambiente, che ha da essere caldo e un pochino umido. Se avete i termosifoni in cucina o dove preparate il pane, è molto meglio. Accendeteli, patirete un po’ di caldo, ma v’assicuro che ne vale la pena. Al limite riscaldate solo la stanza in cui lavorate se proprio non volete stiantàre. Diciamo che quando cominciate a lavorare, l’ambiente ha da essere riscaldato da una mezz’oretta.
Ora passiamo al problema della farina.
Supponendo che vogliate fare un pane assai buono ma senza pretese, e che disponiate di strumenti comuni all’uopo, vi dirò che, in linea di massima, non c’è motivo per favorire la farina doppiozero “00” alla zero “0”, ciò che è da mettere in rilievo è il potere agglutinante di detta farina e questo non ve lo insegna nessuno, si apprende esclusivamente con l’esperienza (la farina che comprerete in un supermercato, per essendo, ad esempio, “00” come quella che avete trovato in un altro può non dare la stessa resa).
L’acqua sarebbe altro tema di lunga e doverosa discussione, ma anche qui suppongo che niùno di vojaltri abbia a disposizione quell’acqua fina di fonte che vien giù dalle montagne, come ce l’aveva la mi’ nonna Tomassina (stavolta lei, sì…), e che si debba rifinire nell’acqua di rubinetto che cattiva non è, ma sappiate che è assai ricca di calcari, che, seppur non siano affatto dannosi per la salute, possono renderla greve e di sapore non grato.
Comunque, per un chilo di farina calcolate mezzo litro d’acqua. In più saranno necessari una mezza tazzina da caffè abbondante d’olio extravergine d’oliva e un’altra mezza di latte. Cercate di avere un po’ di abbondanza d’ingredienti, soprattutto la farina, perché potrebbe essere necessario aggiungerne ‘nu pucurillo.
Quanto al sale, preparatene una decina di grammi, o poco meno. Se vi gusta il pane sciàpo alla toscana potete eliminarlo, ma sappiate che farete solo un gran troiaio a mio dire. Dico, preparatelo e mettetelo da parte, che vi dico io quando aggiungerlo.
Di lievito usàtene dai 25 ai 30 grammi. Vi consiglio d’abbondare ma non troppo, chè il pane non abbia a odorar troppo di lievito di birra.
Altro discorso è il lievito madre, ma, come vi dicevo, questa è ricetta da tutti i giorni.
Sciogliete il lievito nell’acqua tièpida di modo che non restin grumi. Il tepore è importante acciocché non muòjan gli agenti lievitanti e il composto si disfi.
L-e-n-t-a-m-e-n-t-e, indi, prendete a impastar la farina coll’acqua e il lievito, finché la farina sia quasi tutta presa e il composto resti assai elastico e si stacchi
bene dalle dita senza appiccicùmi e sprechi. Potete impastare in questa fase anche l’olio e il latte ma NON il sale, che incorporerete dopo.
Una volta che avrete ultimato il composto (ripeto, fate in modo che si stacchi dalle pareti del piano di lavoro) mettetelo a lievitare, coperto con un panno umido vicino a
una fonte di calore per una quarantacinquina di minuti. Vi ripeto che non dovete aver furia.
Trascorso il tempo, cominciate a rilavorare il pane, reimpastandolo ben bene, e avendo cura di lavorar bene coi polsi più che con le dita. A questo punto potete aggiungere il sale.
Aggiungete la farina che basta per fare assorbire e non rendere il tutto appiccicaticcio e poi riponete ancora a lievitare per altri 45 minuti.
Una volta passati darete una nuova lavorazione all’impasto, che gonfierà per la terza volta. Qui basterà una mezz’oretta.
Questa operazione è necessaria affinché il pane risulti assai più digeribile e non si formino bolle grandi.
Raccogliete ora l’impasto a guisa di pagnottone e versatelo sulla teglia precedentemente coperta con carta da forno cosparsa di farina (non olio o grassi, attenzione!!). Col coltello fatevi un segno di croce nel mezzo. Non è una benedizione urbi et orbi, serve perché il pane lieviti meglio durante la cottura in forno. Il piano della suddetta cottura non deve esser troppo basso, affinché il fondo non s’abbruci.
Infornate il tutto in un forno preriscaldato a 200°-210° per 40-45 minuti. Indi abbassate la temperatura fino a 170°-180° di modo che s’asciughi e lasciatevelo per un’altra mezz’oretta abbondante. Ora potete spegnere il forno, ma non aprite lo sportello e fate raffreddare così com’è.
Ve l’ho detto, ci vuole TEMPO. Se non ne avete buttate tutto e andatevi a comprare una baguette precongelata, che è tutto quello che vi meritate, ecco…
PS: Io codesta ricetta testè letta l’ho appresa a mia volta dalla mia commara, ch’è sempre pròdiga di consigli e sa far dimolto buona cucina allietando gl’istomaci degli ospiti astanti che non smetton di laudare.
Ma vuoi mettere il gvsto della macchinetta automatica, metti gli ingredienti, pigi il pippolo, pisci il cane (cit.) e sei a posto :)
Poi vabbè, viene una merda che sembra pancarrè e senza crosta, ma non è che si lavora tutti tre ore il giorno, ecco.