La prima pagina ammorba, la seconda…Strega!

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Devo a Paola, che domani parte per la Turchia, questo post su un libro che a lei è piaciuto, a me no.

Paolo Giordano, dopo aver vinto con questo “La solitudine dei numeri primi” il Premio Campiello per gli esordienti (una specie di Festival di Sanremo che ogni tanto sforna i vari Giorgia, Bocelli, Pausini e viandare) si è aggiudicato anche il Premio Strega.

Ora, lo Strega è stato vinto, nel corso dei decenni da scrittori e romanzi di tutto rispetto.
Il primo lo vinse Ennio Flaiano con “Tempo di uccidere”, ma ci sono stati anche Cesare Pavese, Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Dino Buzzati, Umberto Eco.
Tra gli esordienti illustri mi piace ricordare Mariateresa Di Lascia. Ci parlavo al telefono piuttosto spesso, quando ero molto giovane e praticavo un’attività che si chiamava radioascolto.
Non sapevo di avere a che fare con un futuro Premio Strega. Il guaio è che il premio è stato concesso postumo, e con Mariateresa non ho parlato più. Mi manca molto.

Romanzi e autori di un certo calibro, dicevo.
Negli ultimi anni c’è qualche segnale di degrado con Margaret Mazzantini e con Niccolò Ammanniti.

Il fondo lo abbiamo toccato con Paolo Giordano, che, tanto per cambiare, ci racconta una storia d’amore sordida, ammorbante, naturalmente sfigata di due che dalla prima adolescenza alla maturità, si sfiorano, si incontrano, si piacciono, naturalmente non trombano (chè la felicità, soprattutto quella sessuale, non è narrativa che vende, che te ne fai di una storia d’amore a lieto fine, ormai il filone delle Cenerentole ha già venduto abbastanza), nonostante tutto scelgono di vivere con persone di cui non gliene frega nulla, e alla fine, pur avendo la possibilità di stare insieme davvero scelgono di non farlo.

Il tutto è condito da circostanze al limite dello schifoso (lei si caga addosso, lui si affonda un coltello nel palmo della mano), narrate, naturalmente, nelle primissime pagine, giusto per catturare il lettore o farlo andare in farmacia per una fornitura a vita di Maalox.

Che cosa abbia consentito a Paolo Giordano di accedere allo Strega è tuttora un mistero. O forse no.

O forse è fin troppo chiaro. La gente ha bisogno di qualcuno che le parli del nulla, che le offra il vuoto, la assoluta assenza di contenuti e, prossibilmente, di moralità (di qualunque genere o colore siano).

Il vuoto vende, il vuoto fa audience, il nulla (possibilmente scritto male, ed è in parte anche il caso di Giordano) è una miniera di soldi, e quindi non importa se fa schifo di per sé, vende ergo è bello.

A Paola, che è anche una collega, consiglio comunque di non indicarlo agli alunni che, del resto, si fanno già abbastanza male da soli con Federico Moccia, ci mancherebbe solo quest’altro impiccio…

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