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Ieri sera è andata in onda la prima puntata di “Report” della nuova serie.
La Gabanelli mostrava gambe tornite e bicipiti potentemente palestrati. Insomma, era in forma.
Tema della puntata erano gli interessi che gràvitano intorno alla tazzulella ‘e café che gli italiani bevono al bar e che accomuna tutti, da Bressanone a Pantelleria. Argomento più che decente. Io non bevo caffè in assoluto, ma l’inchiesta era vivace e ben calibrata per il ritorno alla ribalta della trasmissione più ingiustamente sopravvalutata della TV.
Il proemio, tuttavia, parlava della querela per diffamazione che il sindaco di Verona, Tosi, ha presentato alla Procura della Repubblica contro il giornalista Sigfrido Ranucci.
Il motivo del contendere non mi è chiaro. Ho provato a capirci qualcosa ma non ci sono riuscito. Ma in fondo il merito non conta, quello che conta è, al contrario, il fatto che la Gabanelli abbia costruito nella trasmissione una vera e propria difesa dell’operato del proprio giornalista.
Scrivono: “Report tratterà anche il caso del sindaco di Verona Flavio Tosi, che ha preventivamente querelato l’autore del servizio, Sigfrido Ranucci, accusandolo di voler costruire prove false contro l’amministrazione veronese. Il sindaco Tosi aveva fatto registrare Ranucci mentre stava svolgendo il suo lavoro d’indagine in merito all’esistenza di un video compromettente per il leader della Lega Veneta. Ma come sono andate effettivamente le cose?”
Già, ci hanno spiegato come sono andate le cose. Ma hanno sfruttato il servizio pubblico per farlo.
Cazzo, io quando Liber Liber chiese il sequestro di questo blog mi difesi in modo legale e nelle sedi opportune. Non che la difesa del giornalista Ranucci in televisione, sia, di per sé, un atto illegale, tutt’altro. E’ un atto, appunto, inopportuno, perché il servizio pubblico lo pagano i cittadini. I cittadini, per la verità, pagano anche i tribunali e tutto quello che sottende allo svolgimento di un giudizio per diffamazione (ce ne sono centinaia di migliaia in tutta Italia).
La Gabanelli potrebbe dire, come ha già detto, che i costi della sua trasmissione non vengono coperti dal canone che pagano gli italiani, bensì dalle pubblicità trasmesse durante la trasmissione. E’ bello sapere che una redazione si può difendere davanti ai suoi spettatori grazie a un formaggino o a un detergente intimo.
Il cittadino comune al servizio pubblico non può accedere. E nemmeno alle pagine del Corriere della Sera.