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Qualcuno sta dicendo che per verificare l’impatto della riapertura delle scuole sulla diffusione del Coronavirus e del Covid-19 ci saranno da aspettare ancora un paio di settimanette o tre.
Incoraggiante. Tra tre settimane sarà passato il 15 ottobre, termine ultimo per la fissazione dello stato di emergenza per epidemia e ci vorrà, gioco-forza, un nuovo provvedimento se non vogliamo trasformare la scuola pubblica in una carneficina.
Il numero dei contagiati sta GIA’ tristemente aumentando, e con lui il numero dei morti.
Non possiamo permetterci di aspettare due-tre settimane per vedere se la scuola funziona o no. Abbiamo già dei gravi segnali di allarme. Dal trevigiano, ad esempio, ma non solo. Si mandano intere classi in quarantena (meno gli insegnanti, naturalmente, che sono carne da macello), e, possibilmente, non se ne parla. Almeno non troppo. O con non troppo clamore.
Quando fermeranno di nuovo la scuola (e anche qui è questione di settimane) si renderanno conto del valore immenso e salvifico della didattica a distanza. Ma sarà troppo tardi perché il danno sarà già stato fatto.
Il ministro della salute Speranza ha detto che i contagiati potranno rientrare a scuola una volta acquisito un certificato di guarigione e dopo il risultato negativo di due tamponi consecutivi, effettuati a 24 ore di distanza l’uno dall’altro. Ma non basterà. Bisogna prevenire, non agire quando i buoi son scappati, a posteriori.
La didattica a distanza è ancora l’unica soluzione. Imperfetta, a tratti frustrante, ma pur sempre UNICA soluzione possibile e praticabile allo stato attuale delle cose. Non è un vivere “virtuale”, non è la negazione del contatto umano. E’ una risorsa. E che risorsa!
Usiamola come tale prima che sia, stavolta davvero, troppo tardi.