Il saluto a Enzo Biagi

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Enzo Biagi è in “condizioni critiche”. Lucido, come lo hanno definito le figlie, ma è in ospedale ed è grave.Sono dei modi eleganti, magari un po’ schivi, per dirci che non lo rivedremo più, non in televisione, almeno.Biagi è uno di quei giornalisti vecchia maniera, una personcina schiva, modesta, riservata.
E’ un brav’uomo all’antica, uno di quei vecchi che profumano di borotalco e cappelletti in brodo di cappone, ha scritto libri che sono a metà tra la storia, la geografia e il resoconto di viaggio, e che si chiamano “Francia”, “Germania”, “Inghilterra” e via discorrendo. Testimonianza di un modo di scrivere che guarda più ai contenuti che ai contenitori.
Era un piacere leggerli, si imparavano tante cose. Sarà per questo che li hanno messi fuori commercio da anni e non li hanno più ristampati. Gli editori, quando pubblicano qualcosa di utile e piacevole che non parli di sesso o di religione si incazzano.

Enzo Biagi era stato allontanato dalla TV di Stato da Berlusconi nel suo arcinoto diktat bulgaro.
E’ stato l’inizio della sua fine, perché essere censurati può ancora ancora andare bene, ma esserlo assieme

– a un comico come Luzzati, che ha il non comune potere di lasciarci allegramente indifferenti ai suoi contenuti;

– alla Guzzanti, che ha difeso un programmache sarebbe andato fuori programmazione per disinteresse del pubblico, altro che censura;

– a  Santoro, che per tutta risposta a Berlusconi che lo mandava via piangeva storpiando “Bella ciao”;

questo è davvero troppo.

Adesso che Biagi è ancora vivo (e come persona viva a tutti gli effetti va trattato), vogliamo salutarlo con affetto, dirgli grazie per il modo onesto di fare giornalismo che ha portato avanti (e che, proprio perché onesto, i giornalisti di oggi si guardano bene da accogliere come modello da imitare).

Berlusconi ha dichiarato: “Mi dispiace molto, speriamo bene”.

Coraggio, Dottor Biagi, non abbia paura. La fine dell’esistenza terrena non potrà mai essere penosa quanto la sofferenza di veder soffocati talento, intelligenza e mestiere da chi ha fatto della censura l’unica arma di dialogo di cui è capace di disporre.

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