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Credo che il fatto che "Habemus Papam" sia il terzo film di Nanni Moretti ad essermi piaciuto (gli altri furono "La messa è finita" e "La stanza del figlio") dovrebbe preoccuparmi.
Sto invecchiando e non riesco più a raggiungere quel buon sano preconcezionismo di una volta che mi faceva disprezzare Moretti per il solo fatto che fosse Moretti. Era una dote di me stesso che apprezzavo moltissimo.
"Habemus papam" non è un capolavoro, certo, ma convince, nonostante qualche punto debole e alcuni scivoloni evitabili.
Che ne so, mi è sempre piaciuto il fanta-Vaticano. Confesso di avere letto "Lazzaro" di Morris West, di essere rimasto folgorato dalle prime pagine di "La pelle del tamburo" di Arturo Pérez Reverte e di essere andato a vedere (ma in incognita) "Angeli e demoni" (ma questo non lo dirò nemmeno a me stesso).
Guardo le fiction sui papi e le ricostruzioni storiche dei pontificati su RaiStoria.
E soprattutto non ho mai negato di avere delle evidenti contraddizioni interne.
Che ne so perché, mi piacciono le storie di preti. Sarà per legge di contrappasso. O forse, più semplicemente, perché ce ne sono di belle.
Penso di averne viste e lette molte, da quella di un prete affamato e timido interpretato da Alberto Sordi in non so quale film, a Aldo Fabrizi in "Roma città aperta", dal "Diario di un curato di campagna" di Bernanos alla stessa "Vita" di Santa Teresa d’Avila (del resto a studiare letteratura spagnola c’è da perdersi in queste cose), il prete enigmatico di "San Manuel Bueno, martire" di Unamuno, ma anche il geniale ecclesiastico autore del "Lazarillo de Tormes", ridevo leggendo il Guareschi di "Don Camillo" da piccino, insomma, non mi son fatto mancar nulla.
Nemmeno un film con Anthony Quinn del 1968, intitolato "L’uomo venuto dal Cremlino" in cui interpretava un pontefice dell’Est che, appena eletto papa sente la voglia di mettersi una tonaca normale e andare in giro tra la gente comune, con i servizi segreti del Vaticano che lo riconcorrono un po’ per ogni dove.
Il film di Moretti, dunque. Pellicola scritta su canovacci già visti. Ma efficace.
Michel Piccoli è addirittura strepitoso. Recita in italiano e in presa diretta, con una naturalezza che gli si confà.
Nanni Moretti (interprete) e Margherita Buy interpretano lo stesso personaggio da sempre, cioè quello del rompicoglioni e della svampita, ma mentre il Moretti-rompicoglioni (psicanalista) riesce a trovare una dimensione umana più accettabile e ludica, la Buy-svampita interpreta la ex moglie di Moretti, psicanalista anch’essa, che non riesce nemmeno a dire ai suoi figli che ha un fidanzato, un altro compagno.
Il film trova il pernio sul tema della solitudine del pontefice, sulla crisi umana che permea certi spiriti che si sentono incapaci di adempiere al loro compito, venuto dagli uomini per convenienze e calcoli politici sottili, e non certo da Dio.
Vivere la dimensione spirituale come pretesto per la dimensione politica può sfiancare chiunque (a parte Comunione e Liberazione, naturalmente…)
La storia è piena di papi che rinunciano, e quello interpretato da Piccoli è a metà tra il Celestino V del "gran rifiuto" e Giovanni Paolo I, quell’Albino Luciani che era andato ben oltre la storia e la teologia, e che in 33 giorni ebbe modo di dire "Dio è madre" mettendo in imbarazzo un bel po’ di gente, sempre intento a ripassare discorsi che non pronunciava e che finiva poi per parlare a braccio.
Ma è anche la psicoanalisi che si inserisce nei dogmi della chiesa, il teatro che funziona da collettore di queste vicende umane, e anche un cenno su come siamo diventati impietosi (la scena in cui un barista dice al papa che il bagno è guasto e che il telefono è utilizzabile solo per questioni di servizio, con una ragazza che gli presta il cellulare).
Bravo Nanni Moretti. Adesso può tranquillamente continuare a starmi placidamente antipatico.
Sto invecchiando e non riesco più a raggiungere quel buon sano preconcezionismo di una volta che mi faceva disprezzare Moretti per il solo fatto che fosse Moretti. Era una dote di me stesso che apprezzavo moltissimo.
"Habemus papam" non è un capolavoro, certo, ma convince, nonostante qualche punto debole e alcuni scivoloni evitabili.
Che ne so, mi è sempre piaciuto il fanta-Vaticano. Confesso di avere letto "Lazzaro" di Morris West, di essere rimasto folgorato dalle prime pagine di "La pelle del tamburo" di Arturo Pérez Reverte e di essere andato a vedere (ma in incognita) "Angeli e demoni" (ma questo non lo dirò nemmeno a me stesso).
Guardo le fiction sui papi e le ricostruzioni storiche dei pontificati su RaiStoria.
E soprattutto non ho mai negato di avere delle evidenti contraddizioni interne.
Che ne so perché, mi piacciono le storie di preti. Sarà per legge di contrappasso. O forse, più semplicemente, perché ce ne sono di belle.
Penso di averne viste e lette molte, da quella di un prete affamato e timido interpretato da Alberto Sordi in non so quale film, a Aldo Fabrizi in "Roma città aperta", dal "Diario di un curato di campagna" di Bernanos alla stessa "Vita" di Santa Teresa d’Avila (del resto a studiare letteratura spagnola c’è da perdersi in queste cose), il prete enigmatico di "San Manuel Bueno, martire" di Unamuno, ma anche il geniale ecclesiastico autore del "Lazarillo de Tormes", ridevo leggendo il Guareschi di "Don Camillo" da piccino, insomma, non mi son fatto mancar nulla.
Nemmeno un film con Anthony Quinn del 1968, intitolato "L’uomo venuto dal Cremlino" in cui interpretava un pontefice dell’Est che, appena eletto papa sente la voglia di mettersi una tonaca normale e andare in giro tra la gente comune, con i servizi segreti del Vaticano che lo riconcorrono un po’ per ogni dove.
Il film di Moretti, dunque. Pellicola scritta su canovacci già visti. Ma efficace.
Michel Piccoli è addirittura strepitoso. Recita in italiano e in presa diretta, con una naturalezza che gli si confà.
Nanni Moretti (interprete) e Margherita Buy interpretano lo stesso personaggio da sempre, cioè quello del rompicoglioni e della svampita, ma mentre il Moretti-rompicoglioni (psicanalista) riesce a trovare una dimensione umana più accettabile e ludica, la Buy-svampita interpreta la ex moglie di Moretti, psicanalista anch’essa, che non riesce nemmeno a dire ai suoi figli che ha un fidanzato, un altro compagno.
Il film trova il pernio sul tema della solitudine del pontefice, sulla crisi umana che permea certi spiriti che si sentono incapaci di adempiere al loro compito, venuto dagli uomini per convenienze e calcoli politici sottili, e non certo da Dio.
Vivere la dimensione spirituale come pretesto per la dimensione politica può sfiancare chiunque (a parte Comunione e Liberazione, naturalmente…)
La storia è piena di papi che rinunciano, e quello interpretato da Piccoli è a metà tra il Celestino V del "gran rifiuto" e Giovanni Paolo I, quell’Albino Luciani che era andato ben oltre la storia e la teologia, e che in 33 giorni ebbe modo di dire "Dio è madre" mettendo in imbarazzo un bel po’ di gente, sempre intento a ripassare discorsi che non pronunciava e che finiva poi per parlare a braccio.
Ma è anche la psicoanalisi che si inserisce nei dogmi della chiesa, il teatro che funziona da collettore di queste vicende umane, e anche un cenno su come siamo diventati impietosi (la scena in cui un barista dice al papa che il bagno è guasto e che il telefono è utilizzabile solo per questioni di servizio, con una ragazza che gli presta il cellulare).
Bravo Nanni Moretti. Adesso può tranquillamente continuare a starmi placidamente antipatico.
Credo che Nanni Moretti ti sia antipatico semplicemente perché il suo egocentrismo patologico è superiore al tuo!
t.m.