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Gino Paoli, in una intervista a Andrea Scanzi su “Il fatto quotidiano” del 29 settembre scorso a domanda ha risposto:
D: L’autoscatto più nitido di De André, quindi, è la Canzone dell’amore perduto?
R: Fabrizio si è fatto influenzare continuamente. Come tutti. Invece, in quel brano, c’è solo lui. Col tempo arrivano le sovrastrutture. Magari migliori, ma sei meno puro.
“In quel brano”, verrebbe da rispondere a Paoli, c’è anche Telemann, autore di quel Concerto per tromba e orchestra in Re, che costituisce ossatura e muscolatura della “Canzone dell’amore perduto”.
Nessuna sovrastruttura, quindi. Solo sostrati.
