Esercizi di stile: un post inedito di Single a 30 anni

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Vi parlerò di Lambda (o di Alpha, o di Omega, o del Principio, ovvero della Fine -“fine” si scrive col “phi” come “PhYae”?) e di come la conobbi quand’ero giovincello, ormai un bel po’ d’anni fa e non avevo il blog, sennò col cavolo che ci chattavo, venivano ma dimoltone loro da me, no, te studiaci!

Ordunque sì, la conobbi in chat a dire il vero. Io non è che le chat le frequenti così per il puro gusto di frequentarle, no, mi ci sono ritrovato per caso, aspetta, questa puzza di scusa lontano un miglio e non ci crede nessuno, ma quella sera devo dire la verità che mi sentivo parecchio sfavato, non vi sentite anche voi sfavati a novembre quando non c’è da fare un cavolo di nulla, le giornate son corte e t’hanno anche servito un ponce diaccio marmato ar barre che niene tireresti dietro? Ecco, che c’è di meglio di una buona chat (e con IRC, perché Facebook non l’avevano ancora inventato) per vedere se si tira su qualche budello?

Oggiù… tlìcchete tlàcchete, intoppo in una che mi parla per qualche ora e mi dice che lei è sposata ma ora vive separata dal marito. Si sa, io son sensibile a queste sollecitazioni, dev’essere il mio animo buono o il ricordo di quella indigestione di marasche sotto spirito.

Lambda era lì, per il momento uno sbatter di palpebre sullo schermo, ma viva, pulsante, con una volontà di ferro di emergere dal torpore del proprio corpo, dei propri giorni, della propria mente, della propria psiche (sì, ma soprattutto del proprio corpo, quer popo’ di tegame) e soprattutto donna, donna, ma donna che non ve lo dico, donna sull’orlo di tirarmi scemo.

Alla fine del nostro chiacchiericcio opissipissi bào bào, Lambda mi diede il numero di telefono che, se non me lo avesse sciorinato così su due piedi e di sua spontanea iniziativa, gliel’avrei fatto tirar fuori a suon di nocchini o, meglio, rinchiudendola in quella Vergine di Norimberga che ancora m’è cara dai ricordi dello zio Benito (o era nonno Itle? Ora non rammento). Mi pregò di richiamarla l’indomani mattina a un’ora esatta, cronometrica, prima non avrebbe potuto rispondere (chissà chi ciaveva, quel popo’ di budellàme!), oh, anima delicata, “Mi raccomando, alle dieci precise, assolutamente non prima”, e le dissi che alle dieci no, non potevo, chè avevo la mia seduta quotidiana al camerino col sottofondo delle Variazioni Goldberg di Bach, ma che alle diecemmezzo l’avrei chiamata senza fallo. Ebbi una sensazione di vuoto e di smarrimento quando chiusi lo schermo (“Vòi vede’ ch’era un manfruito?”) perché le sue ultime parole mi suggerivano che ci teneva veramente a me, a sentirmi, a realizzare quell’alchimia di parole, opere, omissioni, mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, che avrebbero fatto sì ch’io glielo volessi rivogare nel Diocenescampieliberi di lì a pochi giorni.

Il giorno successivo, dopo aver sgravato il fardello corporale comme d’habitude, la chiamai e mi si manifestò in tutta la delicatezza della sua voce, uno sconquasso per l’anima, una voce così flebile per una femmina così forte, impetuosa, sensuale, piena di voglia di vivere e di tromb… di trovare conforto nelle braccia di un uomo vero. Allora, pensai, non è vero che le donne son tutte uguali. E’ vero, al contrario, che c’è vita su Marte, che ci sono gli anelli su Saturno, che Plutone è il pianeta più lontano di tutto il sistema solare e che c’è del marcio in Danimarca.
L’invito era d’uopo. Avevo giusto comperato la settimana passata la videocassetta usata del Requiem di Mozart K 626 in re minore nella direzione di Kark Boehm e mi sembrava proprio una splendida idea per passare una seratina intima, non necessariamente con implicazioni di quel tipo lì che, vero, ahibò, a me la potta specialmente al primo appuntamento mi farebbe anche un po’ schifo, accompagnando il tutto da qualche pistacchino salato e birra del Lidl a volontà (tanto è poino bòna la birra del LIDL!).

Riappese quasi subito, appena il tempo di dirmi “Sei così caro, sei così colto, sei così sensibile, no, io decisamente non ti merito…” ora ditemi voi se è possibile, su, via aspetto numerosi i vostri commenti, guardate, ci son rimasto male, ma maaaaaaaleeeeeeeee



Dedico questo esercizio di stile a “Single a 30 anni”, alias “Cinghiale Mannaro” e al suo harem-blog (lo sa lui come portare il berretto…). Un grazie anche a Vladimir Nabokov da cui ho tratto qualche spunto pur non ricordando una mazza della sua opera.

Un pensiero riguardo “Esercizi di stile: un post inedito di Single a 30 anni

  1. Single a trent'anni

    Non sei veramente famoso finchè non ti sfottono :)

    sto rotolando dalle risa. Sei proprio adorabile, anzi, reciprocamente adorabile.

    Certo che uno straccio di link ce lo potevi anco mette’, malidetto pisano…

    sa30a

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