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Ora però bisognerebbe avere il corraggio di dirlo che questo tam-tam scrotale degli Esami di Stato (ma la chiamano ancora "Maturità") ha esaurito la capacità contenitiva degli attributi sferico-ovoidàli degli umori seminali dell’universo mondo.
E basta un po’!
Sembra che se non si parla subito e a lungo dell’incolmabile e inarrivabile stress a cui sono ridotti i nostri pargoli diciottenni per stare sei ore a scegliere una traccia di italiano che viene dal Ministero, la gente stia male.
Il giorno dello scritto se non si passa la nottata su Facebook, nelle chat, a cercare su Internet le ultime indiscrezioni su chi sarebbe uscito ("Ve l’avevo detto che sarebbe venuto fuori Svevo!" – Sì, dalla tomba a corcarti di mazzate, magari…) sembra di commettere un reato ai danni della convivenza civile.
Pare che questi ciufoloni se si buttano a letto a dormire (magari senza Lexotan) per cercare di riposare e di ritrovare un po’ le forze, contravvengano a una legge sociale non scritta che prevede che uno le proprie paure debba per forza buttarle in mezzo a qualche social network del cavolo, se no non sei abbastanza di tendenza.
E pare che se alle 8,31 in punto i temi di italiano non sono in Internet ad opera della bravata dell’ennesimo pirla che si è portato lo smartphone nel calzino e ha depositato sulla cattedra il Motorola TACS del nonno, rischiando di mandare a puttane un anno intero della propria vita, non si soffra abbastanza.
Se il mondo intero non sa che c’è da analizzare la poesia "Lucca" di Ungaretti (lirica che, probabilmente, lo stesso Ungaretti si era dimenticato di avere scritto), e, soprattutto, se non lo sa subito, si rischia l’apnea. E’ la sindrome da paralisi di comunicazione con l’esterno, per sei ore. Cazzo te ne frega di internet, fai la tua prova, no? O pretendi che il mondo sappia che hai fregato la commissione?
Invece no, le notizie, le cronache, i commenti, e soprattutto le traduzioni delle versioni di latino della seconda prova devono essere immediatamente reperibili in rete magari con i soliti commenti triti e ritriti ("era facile!" e va beh, se era facile com’è che hai avuto bisogno di copiarla o di mandarla in giro, pirla?) magari rilanciati dai quotidiani che non vedono l’ora di riempirci qualche pagina unitamente alle interviste dei primi eroi che, simili ai prodi americani sbarcati in Normandia, varcano i portoni pesanti della scuola (che avevano varcato chissà quante volte fregandosene bellamente e altamente di quello che vi avevano appreso), vampirizzati da quei siti web che hanno nomi imprponibili come "SOS Esami" o "Te la diamo noi… la traccia! (Chissà cosa avevi capito, brutto maialone…)" e che sono un po’ come un regalo di Natale, durano due o tre giorni all’anno e poi nessuno ne parla più, finiti, sepolti tra un saggio breve e un brano di Giovanni Verga, con in mezzo una citazione di Andy Warhol.
Poi domani c’è la terza prova. Ma chiamarla "terza prova" pare brutto e allora meglio soprannominarla "quizzone", che fa tanto "Chi vuol esser milionario". Ecco, non sono le domande sulle cose che si sono stuidiate durante l’anno, è una sorta di lotteria, di "Win for life", di slot machine della cultura e del sapere, se quelli della commissione fanno i bravi è segno che i ragazzi sono bravi, se fanno gli stronzi è segno che gli stronzi sono loro, non fa una grinza, perché di studiare non se ne parla.
E allora basta davvero, che questi professionisti del copia-incolla col sorrisino innocente di chi pensa sotto sotto "Ora vi frego tutti!" si preoccupino pure e si caghino anche un po’ sotto, tanto chi ha studiato davvero non ha nulla da temere.
E basta un po’!
Sembra che se non si parla subito e a lungo dell’incolmabile e inarrivabile stress a cui sono ridotti i nostri pargoli diciottenni per stare sei ore a scegliere una traccia di italiano che viene dal Ministero, la gente stia male.
Il giorno dello scritto se non si passa la nottata su Facebook, nelle chat, a cercare su Internet le ultime indiscrezioni su chi sarebbe uscito ("Ve l’avevo detto che sarebbe venuto fuori Svevo!" – Sì, dalla tomba a corcarti di mazzate, magari…) sembra di commettere un reato ai danni della convivenza civile.
Pare che questi ciufoloni se si buttano a letto a dormire (magari senza Lexotan) per cercare di riposare e di ritrovare un po’ le forze, contravvengano a una legge sociale non scritta che prevede che uno le proprie paure debba per forza buttarle in mezzo a qualche social network del cavolo, se no non sei abbastanza di tendenza.
E pare che se alle 8,31 in punto i temi di italiano non sono in Internet ad opera della bravata dell’ennesimo pirla che si è portato lo smartphone nel calzino e ha depositato sulla cattedra il Motorola TACS del nonno, rischiando di mandare a puttane un anno intero della propria vita, non si soffra abbastanza.
Se il mondo intero non sa che c’è da analizzare la poesia "Lucca" di Ungaretti (lirica che, probabilmente, lo stesso Ungaretti si era dimenticato di avere scritto), e, soprattutto, se non lo sa subito, si rischia l’apnea. E’ la sindrome da paralisi di comunicazione con l’esterno, per sei ore. Cazzo te ne frega di internet, fai la tua prova, no? O pretendi che il mondo sappia che hai fregato la commissione?
Invece no, le notizie, le cronache, i commenti, e soprattutto le traduzioni delle versioni di latino della seconda prova devono essere immediatamente reperibili in rete magari con i soliti commenti triti e ritriti ("era facile!" e va beh, se era facile com’è che hai avuto bisogno di copiarla o di mandarla in giro, pirla?) magari rilanciati dai quotidiani che non vedono l’ora di riempirci qualche pagina unitamente alle interviste dei primi eroi che, simili ai prodi americani sbarcati in Normandia, varcano i portoni pesanti della scuola (che avevano varcato chissà quante volte fregandosene bellamente e altamente di quello che vi avevano appreso), vampirizzati da quei siti web che hanno nomi imprponibili come "SOS Esami" o "Te la diamo noi… la traccia! (Chissà cosa avevi capito, brutto maialone…)" e che sono un po’ come un regalo di Natale, durano due o tre giorni all’anno e poi nessuno ne parla più, finiti, sepolti tra un saggio breve e un brano di Giovanni Verga, con in mezzo una citazione di Andy Warhol.
Poi domani c’è la terza prova. Ma chiamarla "terza prova" pare brutto e allora meglio soprannominarla "quizzone", che fa tanto "Chi vuol esser milionario". Ecco, non sono le domande sulle cose che si sono stuidiate durante l’anno, è una sorta di lotteria, di "Win for life", di slot machine della cultura e del sapere, se quelli della commissione fanno i bravi è segno che i ragazzi sono bravi, se fanno gli stronzi è segno che gli stronzi sono loro, non fa una grinza, perché di studiare non se ne parla.
E allora basta davvero, che questi professionisti del copia-incolla col sorrisino innocente di chi pensa sotto sotto "Ora vi frego tutti!" si preoccupino pure e si caghino anche un po’ sotto, tanto chi ha studiato davvero non ha nulla da temere.