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Da che mondo è mondo i cadaveri sono sempre stati la dimostrazione assoluta e suprema del fallimento.
I cadaveri appartengono ai morti, e i morti non ci sono più. Punto, niente altro. Possono essere mostrati (come quelli di Salvatore Giuliano ed Ernesto "Che" Guevara) al pubblico come esempio di infamia, oppure come modello di Santità o di Beatitudine da riprendere con il telefonino.
Comunque sia, si ha sempre bisogno del corpo. Non per nulla si parla di "corpo del reato" in giuridichese burocratico stretto. Il corpo è la prova principe, il corpo, che è materia corrotta e corruttibile per eccellenza, è dimostrazione di qualcosa. Il genere umano è fuori di testa.
Così è stato morto Bin Laden, dopo gli hanno fatto un paio di fotografie, giusto per consegnare alla storia il fatto che gli USA sono gli USA e gli altri non sono un cazzo. Poi, pietosi e pieni di deferenza verso l’avversario annientato, il corpo è stato "sepolto" in mare in ossequio alla tradizione islamica (vuoto mito americano di terza mano!). Finito, tutto lì.
Perché prendere vivo Bin Laden, trasferirlo negli Stati Uniti e processarlo non era possibile, non si doveva, bisognava per forza far vedere al mondo chi dei due era il più pirla, era una tentazione irresistibile, e allora via, rendiamolo cadavere, così Dio benedice l’America, e se c’era qualcosa in più da sapere non lo sapremo mai.
Perché la giustizia sommaria, l’occhio per occhio (che rende tutto il mondo cieco) fanno parte della cultura, di più, dei valori degli Stati Uniti. La pena di morte non è solo un elemento disponibile nel diritto statunitense è uno strumento di liberazione che gli americani sentono dentro di loro.
Dimenticando sempre che i morti sono più pericolosi da morti che da vivi.
Siamo la redazione di UniromaTV. Abbiamo realizzato un servizio sulla veridicità della morte di Bin Laden, che pensiamo possa interessarvi.
Il video è disponibile al seguente link: http://www.uniroma.tv/?id=18668