Don Dino Maria Cambi, sacerdote

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La Prioria di San Leopoldo Re a Vada - Foto di "LupoCapra" - Io, detentore del copyright su quest'opera, do il permesso di copiare, distribuire e/o modificare questo documento in base ai termini della GNU Free Documentation License, Versione 1.2 o successive pubblicata dalla Free Software Foundation

Don Dino, a Vada, era l’aiutante di Don Vellutini.

Si diceva -ma il vociferìo era già andato in cavalleria da quel dì- che si fosse reso responsabile di non so quale ammanco nelle casse curiali, in occasione dei lavori di ristrutturazione del campanile di Vattelappesca, per cui eccolo lì, a Vada, in voto di obbedienza a quel bisbetico indomato, principe della polemica e fumator di sigari toscani che era Don Vellutini.

Erano come don Chisciotte e Sancho Panza, come Phileas Fogg e Passpartù.

Don Dino faceva i mestieri più umili e noiosi. Diceva la messa del pomeriggio, quella della domenica mattina che c’era poca gente, si occupava di funerali (“andava a prendere il morto”, come si diceva allora, lo portava in chiesa e poi lo accompagnava all’ultima dimora, bofonchiando qualche pateraveggloria) e confessava i bimbi della Comunione e della Cresima, che tanto, vedrai, chissà che razza di peccati potevano aver commesso, atto di dolore, accendi una candelina alla Madonna, anzi, no, a Sant’Antonio che un ce n’ha punte e vai con Dio.

Don Dino a noi delle elementari c’insegnava religione. Più che altro ce la faceva imparare a memoria. Erano cento domande e cento risposte. E poi si faceva a gara a chi se ne ricordava di più.
“Chi è Dio?” chiedeva. E noi tutti in coro “E’ l’essere perfettissimo creatore e Signore del cielo e della terra”. “Obbravi bimbi, via, si comincia!” perché quella domanda lì era troppo facile e non faceva parte del punteggio ufficiale.
Una volta vinsi io, e l’agognato premio consistette in una madonnina di plastica, oggetto di vile e sommaria fattura, che diede a Don Dino la serenità di aver ricompensato il figliol prodigo, ma che lasciò a me una delusione indicibile, cancellandomi contemporaneamente dalla testa, come una lavagna lavata di fresco, tutta la teologia che avevo mandato a mente.
Quando parlava mostrava timore reverenziale e tradiva una “s” liscosa che ci faceva ridere di gusto, bastardi che s’era: “La fuperbia e la luffuria fon peccati groffi, fapete?”

Don Dino, quando era verde, organizzava le gite. Ma ne organizzava davvero tante. Anche a Parigi, a Londra, in luoghi di pellegrinaggio, e per chi non aveva tempo o moneta, anche a vedere le tombe etrusche di Populonia. Aveva un mangiadischi e una serie di titoli da accompagnamento sul pullman tra cui spiccava un motivetto degli anni 70 che diceva “Viva le donna/viva le belle donne/che sono le colonne dell’amor!” e la cantava con convinzione scandendo il ritmo con la gamba come se stesse mettendo in moto una Vespa.

E una Vespa ce l’aveva davvero, negli ultimi tempi.
S’era comprato un vespino PX 125, quelli con le freccione dalle parti, per raggiungere le suore di Quercianella una volta al giorno. Acqua, freddo, neve, sole, caldo insopportabile si vedeva questo coso con la tonaca nera in sella al PX bianco che cavalcava l’Aurelia (intesa come “via”) armato solo di parabrezza.
Un giorno, al curvone di Vada, il vespino lo disarcionò e mentre seguiva il suo tragitto per pochi metri, ormai “scosso” del suo fantino reverendo, il padrone, con la gonnellona e tutto andava a sbraciolarsi le gambe e i ginocchi finendo nella fossetta retrostante, e allora oioi, ohimmèna, porammé… o povero Don Dino, poi dài dài è morto anche lui!!

Un pensiero riguardo “Don Dino Maria Cambi, sacerdote

  1. Ghino

    E’ stata una figura bella e caratteristica di Vada. Ha consentito a tante persone, specialmente anziani, di poter girare in Italia e all’estero quando ciò non era affatto semplice. Bravo, hai fatto bene a ricordarlo

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