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Brunetta e Schifani saliranno al Quirinale, forse già domattina, con le dimissioni dei deputati dei loro gruppi firmate in tasca, per chiedere la grazia per Berlusconi al Capo dello Stato. Atteggiamento senza dubbio di interlocuzione e conciliazione.
Bondi ha detto che o si va a un provvedimento di clemenza istituzionale o si paventa la guerra civile. Rassicurante.
In Italia l’istituto della grazia è regolamentata dall’articolo 681 del codice di procedura penale.
Come direbbe il nostro ultrafelede Baluganti Ampelio, “O cosa ci sarà scritto”? Andiamo a vedere almeno il comma 1:
“La domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.”
Bondi, Brunetta e Schifani non sono né tutori né prossimi congiunti di Berlusconi, cosa ci vanno a fare?
Vanno, evidentemente, a sollecitare la concessione di una grazia motu proprio da parte di Napolitano. Certo, Napolitano lo può fare. Può, cioè, in linea teorica, concedere la grazia a Berlusconi o a chiunque altro anche senza che l’interessato la chieda.
Ma occorrerebbe, comunque, un’istruttoria. Non è che Napolitano conceda la grazia random!
C’è un’altra cosa molto interessante da osservare. La concessione è causa di estinzione della pena e non del reato.
Vuol dire che la colpevolezza di Berlusconi, ormai, è assodata e giudicata, non si mette in discussione.
Il massimo che la delegazione quirinalizia può ottenere è che Berlusconi non sconti la sua pena residua ai domiciliari o in affidamento in prova ai servizi sociali (o in carcere, se lo preferisce), ma non che venga cancellato il “marchio d’infamia” che grava su di lui, e di cui la stampa e l’informazione internazionale stanno parlando.
Le pene accessorie (cioè la famigerata interdizione dai pubblici uffici) sono cancellate solo se il provvedimento lo stabilisce espressamente.
Di che cosa stanno parlando?