Checkpoint Charlie

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charlie

Comunque sia, l’autorizzazione a staccare la spina al piccolo Charlie è arrivata.

Istintivamente mi viene da rifiutare la logica perversa di una ragione di Stato (o di Stati) che stabilisce con una sentenza la morte di una persona che non può difendersi. Ed è uno di quei casi in cui l’istinto, l’animalità, la rabbia vincono sulla ragione, e qualsiasi cosa la ragione dica o affermi, restano lì a dimostrarti che loro ci sono, che tu ci sei, e che questa cosa proprio no, non ti va giù.

In Europa chi vuol morire per mettere fine coscientemente alle proprie irreversibili e indicibili sofferenze deve emigrare in Svizzera (cioè fuori dall’Unione), e chi vuole che il proprio figlio minore continui a vivere, sia pure attaccato a delle macchine, si vede sbattere la porta in faccia.

E, probabilmente, in Italia una cosa del genere non sarebbe mai accaduta. E non solo perché siamo (ed è vero) una nazione di bigotti, molto affezionata alla presenza del Papa sul proprio territorio, per cui affiliamo tutti quanti il nostro Facebook per scrivere commossi, nel momento in cui Charlie morirà (perché morirà, quasto è certo) per scrivere “Addio, eri un angelo, proteggici da lassù” (fa tanto nazional-popopolar-chic una cosa del genere!), no, non sarebbe mai successa perché abbiamo un diritto che continua a garantire alla volontà dei genitori di un minore un valore superiore, in mancanza di chiare leggi sul tema. Perché, se non ve lo siete ancora dimenticati, nel caso di un minore sono i genitori che decidono. Sempre. O che dovrebbero sempre decidere (stiamo anche noi andando alla deriva con uno stato che impone dodici vaccinazioni obbligatorie e una Costituzione che continua a stabilire che siamo padroni di accettare o rifiutare qualsiasi tipo di terapia). Punto. E se i genitori di Charlie se la sentono di accudire il bambino, tenerlo con loro vita natural durante (sottolineo “natural”, quella vita legata alle condizioni normali di vita, garantite magari anche da macchinari), se pensano che quella vita è vita e vale la pena comunque di essere vissuta, non si vede perché non debbano veder riconosciuta la loro volontà, che è quella di genitori di un minore che per età e per condizioni non può determinarsi autonomamente.

Di più: Charlie è un “checkpoint”, un punto di controllo per le nostre coscienze, chiamate a uscire dallo stato sonnacchioso e quasi comatoso della quotidianità, e a dare una risposta a una Unione Europea che non accetta stati che abbiano in vigore la pena di morte ma poi stabilisce il dovere di morire e non il diritto alla vita. Che esiste, è vero, autentico, e disponibile per tutti.

Aspetto cordialmente i vostri sputi. Sian benedetti.

Un pensiero riguardo “Checkpoint Charlie

  1. Marco

    L’autore di questo blog è un emerito coglione. E frustrato. Non per questo articolo, parlo in generale. Ritirati essere ignobile.

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