Ho scoperto i canali Telegram. O, meglio, sapevo già della loro esistenza, ma li ho sempre snobbati con sussiego e supponenza.
Oggi (anzi, ora) ho capito a che cosa servono. A farsi pubblicità, che altro? E va bene, per carità, va bene così, ci mancherebbe.
Ma i debunker ce l’hanno un canale Telegram dove amplificare il loro pensiero e, a volte, le loro bufale sulle bufale? Certamente!
Solo che i risultati sono curiosi, anzi, curiosissimi.
Come è ovvio David Puente e Paolo Attivissimo non potevano mancare. In fondo si tratta di palcoscenici e i palcoscenici accolgono le vedettes.
Ma non ci interessano i palcoscenici. Bensì i dati. Un debunker che dichiara al fisco dei social network 418000 e passa followers (Paolo Attivissimo su Twitter) e un altro che ne ottiene poco più di 59000 (David Puente, sempre su Twitter), quanti ne avranno nei loro canali Telegram?
Ecco qui:
David Puente si ferma a 1474. Buon risultato per un vicedirettore di una testata nazionale.
Mentre, fanalino di coda, resta il buon Superlativo (o “Superlattivo” che dir si voglia). Appena 280 subscribers. Ma non era quello che aveva quasi mezzo milione di follower, che conta decine se non centinaia di commenti sul suo blog, quello che la gente va a casa sua a portargli cassette di birra bavarese, o che gli fa le donazioni per permettergli di acquistare tranci di pizza e di focaccia?
Possibile che fra tutti questi benemeriti ci siano solo 280 persone disposte a seguirlo su Telegram?
Si possono commentare i post di Attivissimo sul suo canale? ma neanche per sogno, cosa vi viene in mente??
E il canale dei feed RSS del blog? C’è anche quello. E quanti subscribers ha? Trentacinque!
Loro non molleranno mai. Anche perché ormai non gli conviene più.
Finora non avevo mai sentito parlare di una certa Signora Laura Cesaretti, giornalista.
Eppure seguo regolarmente “Prima Pagina”, la lettura dei giornali del giorno di Radio Tre, e a lei è toccata almeno una conduzione. Si vede che invecchio e che le sinapsi non funzionano più tanto bene.
Apprendo dal web che la Signora Cesaretti ha collaborato con “Radio Radicale”, è approdata al “Foglio” e infine sta lavorando per “il Giornale”, a Roma, Milano e Bruxelles. Insomma, una gavetta e una carriera brillanti e, immagino, non prive di soddisfazioni personali, se tanto mi dà tanto.
Ieri sera mi è capitato di rimbalzo su Twitter (io non la seguo) un suo cinguettìo che fa da contraltare a un messaggio dell’Huffington Post, in cui una certa Barbara Floridia ha scritto un articolo intitolato “No sanzioni, diamo altri ruoli ai prof. senza Green Pass” (“Green Pass” lo scrivo maiuscolo perché è imperativo categorico), in cui si ventilano proposte di impiego alternativo degli insegnanti privi del passaporto verde (e, quindi, di vaccinazione o di tampone negativo). In effetti “altri ruoli” detto così suona un po’ stonato. In quali ruoli vorrebbe collocarli la giornalista dell’Huffington Post? In qualche girone o bolgia dantesca? Non si sa. Egli è che gli insegnanti un loro ruolo ce l’hanno e farglielo cambiare è un po’ complicato, a meno che non siano loro a chiederlo. Ma, si sa, i giornalisti con il mondo della scuola pubblica non hanno molta dimestichezza, e l’articolo sarebbe stato destinato verso un più che onorevole diritto all’oblio, se non fosse per il fatto che la Cesaretti ha risposto con un lapidario “Licenziatela [si intende, immagino, la Floridia], assieme ai prof.”
Imbarazzante che una giornalista dotata del suo equilibrio invochi a gran voce il licenziamento per i docenti non vaccinati, quando nemmeno il più decreto dei decreti del Governo prevede questa extrema ratio.
Ma c’è una piccola cosa, un particolare che forse è sfuggito anche a voi. Il tweet lapidario della Cesaretti è stato cuoricinato (su Twitter un cuore corrisponde a un like) nientemeno che da Roberto Burioni. Proprio lui. Che è stato querelato presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria dal Codacons assieme ad altri due suoi illustri e stimatissimi colleghi. Cioè, Burioni ha espresso un plauso a una esternazione di una giornalista non esattamente del Manifesto che si adoperava per far conoscere ai suoi followers (tantini, complimenti!) la sua opinione favorevole al licenziare gli insegnanti.
Il bello della rete è che è impietosa, e che anche se li cancelli cerca di cancellarli in fretta certi commenti imbarazzanti, perché tutto si crea, tutto si conserva, niente o quasi niente si trasforma, tranne Wikipedia, probabilmente.
La Cesaretti ha al suo attivo qualcosa come quasi 94000 tweet. Complimenti di nuovo per la sua frenetica attività social. Che, però, non è stata sempre rose e fiori. Twitter le ha limitato l’uso del suo account per 12 ore per aver scritto a Di Maio “La prossima volta potreste per favore buttarvi da quel cazzo di balcone?”
Secondo il social si tratterebbe di incoraggiamento al suicidio. Ma dodici ore passano presto, e la Cesaretti è tornata al pubblico dei suoi followers più bella e pimpante che pria.
All’indomani della scomparsa di Stefano Rodotà scrisse dei commenti di pessimo gusto su Gustavo Zagrebelski e, più di recente, ha commentato in modo altrettanto discutibile la nascita di Andrea Di Battista, il figlio di Alessandro Di Battista e della sua compagna Sahra. “Ma hanno fatto l’amniocentesi?” scriveva. E ha liquidato il tutto (su Facebook, stavolta, non su Twitter) definendolo “solo una battutaccia, probabilmente di pessimo gusto“.
Gli avverbi di modo ci cambiano la vita.
Tuttavia, la Signora Cesaretti si è fermata a un filo dall’enciclopedismo. Qualcuno, un certo “Pamatt” ha provato a dedicarle nientemento che una pagina su Wikipedia, ma un amministratore piuttosto solerte l’ha subito cancellata. Peccato davvero.
L’esponente del M5S Manlio Di Stefano ha fatto una imperdonabile gaffe. A seguito della tragica esplosione di Beirut dei giorni scosri, ha espresso solidarietà “agli amici libici”.
Ora, non ci sono dubbi che sia necessario esprimere solidarietà ai libici, ma si dà il caso che Beirut sia in Libano. Uno scivolone, insomma, a cui Di Stefano ha risposto su Facebook con un tono un po’ stizzito:
“Non ho mai ambito alla fama, quelli come me, ingegneri di formazione, preferiscono lavorare duramente nell’ombra e portare a casa i risultati. Eppure oggi mi trovo addirittura primo nelle tendenze di Twitter e in home page di svariati giornali.
Sarà per l’enorme successo del “Patto per l’Export” col quale stiamo aiutando centinaia di migliaia di aziende italiane ricevendo complimenti quotidianamente da tutte le associazioni di categoria da Confindustria in giù? Sarà perché in questi due anni da Sottosegretario in tutti i Paesi target della mia azione (e sono tanti) l’export italiano è aumentato mediamente di almeno il 15%?
Sarà perché mi occupo da anni anche di Libano dal punto di vista sia politico che commerciale e proprio il 6 luglio ho incontrato il Ministro degli Esteri Nassif Hitti ribadendogli, come già fatto al Ministro dell’Energia, la nostra disponibilità ad aiutarli a ristrutturare le centrali elettriche nazionali per aiutare il popolo libanese? No. No. No e No. Sarebbe troppo lineare, non sarebbe il web, tantomeno la stampa italiana”.
Su Twitter il caso Di Stefano è subito stato catalogato come “di tendenza”, la stampa italiana ne ha parlato con grande evidenza.
Da riportare anche il durissimo commento dell’ex M5S Luis Orellana:
Molti hanno fatto ironia sul tuo errore perché talvolta si sceglie di ridere per non piangere avendo te al Governo.
Anche in questa tua replica (la replica di Di stefano su Twitter, non il messaggio su Facebok, nda) sei vergognoso: attacchi chi ti critica, bastava solo chiedere scusa per l’errore fatto ma il tuo ego smisurato non te lo consente.
E’ vero. Sarebbe bastato che Di Stefano chiedesse scusa. Ma vedo che abbiamo alcune cose in comune: il cognome e l'”ego smisurato”.
Ma sullo svarione degli “amici libici” è cascata anche la rappresentante del M5S Elisa Pirro. Non si è mai soli al mondo:
Ogni anno 1000 innocenti (3 al giorno, 1 ogni 8 ore ) finiscono in carcere per ERRORI GIUDIZIARI. Ma quando in commissione giustizia c’è da votare una legge per istituire la giornata nazionale “Enzo Tortora” in loro memoria il Pd insieme al M5S non vota! Chiamate un esorcista.
Legislatura 18ª – 2ª Commissione permanente – Resoconto sommario n. 182 del 08/07/2020
IN SEDE REFERENTE
(1686) OSTELLARI ed altri. – Istituzione della «Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari»
(1699) FARAONE ed altri. – Istituzione della «Giornata nazionale “Enzo Tortora” in memoria delle vittime degli errori giudiziari»
(Seguito e conclusione dell’esame congiunto)
Prosegue l’esame congiunto sospeso nella seduta del 30 giugno.
Il PRESIDENTE dà conto della presentazione dell’emendamento 1.1 (pubblicato in allegato al resoconto), integralmente sostitutivo dell’unico articolo del disegno di legge n. 1686, già assunto a testo base. Avverte anche che i senatori CALIENDO (FIBP-UDC), MODENA (FIBP-UDC), DE BERTOLDI (FdI) e NASTRI (FdI) hanno espresso l’intenzione di aggiungere la propria firma al predetto disegno di legge.
Il senatore MIRABELLI (PD) difende l’emendamento a sua firma, tuttavia rendendosi disponibile a cercare un accordo con i proponenti del disegno di legge. La proposta di legge è, a suo parere, pericolosa perché aumenta il rischio di strumentalizzazioni; alla collettività potrebbe arrivare il messaggio sbagliato secondo cui, in questo paese, la magistratura si atteggia a persecutore giudiziario.
Il senatore CALIENDO (FIBP-UDC) difende invece il fondamento del disegno di legge ricordando come – quando si è parlato di vittime del terrorismo o della mafia istituendo le relative giornate commemorative – si è sempre fatto ricorso al coinvolgimento dei giovani nelle scuole, conformemente a quanto proposto dall’odierno disegno di legge. Auspica pertanto che il governo dia parere contrario all’emendamento, ricordando che l’obiettivo del disegno di legge è difendere i valori costituzionali dell’imparzialità, della terzietà del giudice, del giusto processo, della presunzione di non colpevolezza: non si tratta – a suo dire – di un disegno di legge punitivo nei confronti dell’ordinamento giudiziario.
Il senatore CRUCIOLI (M5S) difende la propria contrarietà all’istituzione di una giornata nazionale in difesa delle vittime degli errori giudiziari: soprattutto in un periodo di cui la magistratura è già sotto attacco, agli occhi dell’opinione pubblica, l’istituzione di tale giornata commemorativa finirebbe per indebolire ancora di più questo potere dello Stato.
La senatrice D’ANGELO (M5S) interviene condividendo l’opinione espressa dei senatori Crucioli e Mirabelli e paventa il rischio, insito nella costituzione di una giornata contro le vittime degli errori giudiziari, di presentare sotto un’angolatura sbagliata il potere giudiziario, finendo con l’accentuare il contrasto tra cittadini e magistratura.
Il senatore CUCCA (IV-PSI) condivide l’opinione del senatore Caliendo, ricordando come l’obiettivo del disegno di legge sia solo quello di divulgare il contenuto della Costituzione (articoli 27 e 111) nelle scuole: ciò per consentire alle giovani generazioni di ispirarsi – nella loro vita di cittadini – a tali principi, come si è già fatto attraverso la introduzione delle ore formative di educazione civica. Auspica quindi una approvazione del testo condivisa, perché non crede che tale previsione legislativa possa minare i rapporti tra poteri dello Stato: a minare la fiducia dei cittadini, semmai, è una serie di vicende, di cui hanno parlato le cronache, relative a clamorosi errori giudiziari.
Il relatore DAL MAS (FIBP-UDC) ricorda come esista già nel nostro ordinamento una legge che tutela i danni della ingiusta detenzione, così come c’è già una giornata nazionale della legalità; l’obiettivo del disegno di legge è da inquadrare all’interno di questo perimetro ideologico e culturale, attraverso il tentativo di creare una coscienza nei giovani tesa al rispetto della legalità e della Costituzione. La base dei valori da affermare deve essere l’articolo 111 della Costituzione: valori nei quali si dovrebbe rispecchiare l’intero arco costituzionale a prescindere dall’appartenenza ai gruppi politici. Poiché non vede il rischio che si venga a fomentare uno scontro tra società civile e magistratura, attraverso l’approvazione di questo disegno di legge, esprime parere contrario all’emendamento proposto.
Il sottosegretario FERRARESI esprime parere favorevole all’emendamento 1.1.
Il senatore MIRABELLI (PD) interviene auspicando che si possa giungere ad una approvazione condivisa del disegno di legge, ma dissentendo da ricostruzioni che possano mettere sullo stesso piano le vittime degli errori giudiziari con le vittime del terrorismo o con le vittime della persecuzione del popolo ebraico.
Il PRESIDENTE ricorda che è stata chiusa ormai la fase procedurale della discussione sull’emendamento 1.1 ed invita a procedere al voto: si tratta di votare un semplice emendamento e poi di giungere alla conclusione dell’iter procedimentale nella giornata odierna.
La senatrice UNTERBERGER (Aut (SVP-PATT, UV)) preannuncia il proprio voto favorevole all’emendamento, paventando il rischio di una delegittimazione della magistratura; ritiene inoltre che – piuttosto di istituire delle giornate celebrative che sarebbero del tutto inutili – bisognerà intervenire semmai sul processo penale.
Il senatore MALLEGNI (FIBP-UDC) difende l’istituzione della giornata in favore delle vittime degli errori giudiziari ricordando, in prima persona, la propria esperienza di vittima di un’ingiusta detenzione: ritiene che tale disegno di legge non si traduca in una delegittimazione della magistratura ma, semmai, ponga un problema nel dibattito pubblico della società civile.
Il senatore MIRABELLI (PD), in sede di dichiarazione di voto, ricorda di aver dato la disponibilità a ragionare su un testo condiviso: difende l’emendamento 1.1, paventando il rischio che, in mancanza, la legge finisca con l’autorizzare nelle scuole un dibattito di tipo eminentemente politico, facendo passare un messaggio sbagliato come quello di una magistratura persecutoria.
Il senatore CRUCIOLI (M5S) ribadisce la contrarietà all’istituzione di una giornata in favore delle vittime degli errori giudiziari ritenendo che essa si collochi fuori dal tema del rispetto della cultura della legalità. L’oratore paventa anche il rischio che tutto ciò si trasformi nella istituzione di una giornata contro un potere dello Stato. Saremmo in presenza di una precisa responsabilità della politica, che semmai comporta l’obbligo di correggere le storture con strumenti processuali appositamente volti ad evitare il ripetersi degli errori giudiziari; preannuncia pertanto, anche a nome del proprio Gruppo, il voto favorevole all’emendamento 1.1.
Il senatore CUCCA (IV-PSI) chiarisce di non aver mai chiesto un rinvio, ma di addivenire ad una soluzione concordata tra maggioranza ed opposizione per l’approvazione del testo di legge; tuttavia respinge l’accusa – indirizzata da alcuni colleghi della maggioranza – circa una presunta natura faziosa e strumentale del testo, che si propone solo di diffondere principi costituzionali. Ribadisce come non ci sia alcuna volontà di attaccare la magistratura; pertanto preannuncia il proprio voto contrario all’emendamento 1.1.
Il PRESIDENTE concorda con l’opinione espressa dal senatore Cucca.
Il senatore MIRABELLI (PD) annuncia il ritiro del proprio emendamento 1.1.
Il PRESIDENTE annuncia pertanto che il disegno di legge verrà sottoposto all’Assemblea nel testo del proponente, se la Commissione non ha obiezioni in ordine al conferimento del mandato a riferire in Assemblea al relatore da lui designato per la Commissione, cioè il senatore Dal Mas.
Il senatore PILLON (L-SP-PSd’Az) concorda con la piena idoneità del relatore designato dal Presidente a proseguire il suo mandato in Assemblea e, condividendo l’opinione espressa dal senatore Cucca, fa presente come non vi fosse alcun intento strumentale nel disegno di legge.
Il senatore CALIENDO (FIBP-UDC) esprime tranquillità sul fatto che sarà onere della amministrazione scolastica provvedere ad evitare strumentalizzazioni; ricorda l’importanza delle regole della certezza del diritto e della funzione di orientamento della suprema magistratura.
Il senatore CRUCIOLI (M5S) obietta sull’indicazione del relatore, il quale non ha cercato di cogliere l’apertura al dialogo proveniente dalle forze della maggioranza; pertanto, in considerazione di questa circostanza, dichiara la propria contrarietà al mandato al senatore Dal Mas e chiede che la Commissione si esprima con un voto.
Il senatore MIRABELLI (PD) dichiara che non ha mai lamentato che nel disegno di legge in titolo vi siano elementi di faziosità, ma semmai ha ravvisato nel dibattito svolto in Commissione molti accenti che confermano i suoi timori su un possibile uso strumentale dell’iniziativa. Prendendo atto del fatto che il relatore non ha cercato la sintesi con lo schieramento politico avversario, preannuncia pertanto il proprio voto contrario all’indicazione del senatore Dal Mas come relatore in Assemblea.
Il senatore CALIENDO (FIBP-UDC) denuncia, nell’atteggiamento dei Gruppi di maggioranza, una palese violazione della correttezza istituzionale ricordando come la prassi della Commissione è stata quella di votare sempre compatti, se non all’unanimità, il mandato al relatore.
Previa verifica della presenza del numero legale, è approvato a maggioranza il mandato al senatore Dal Mas a riferire in Assemblea sul disegno di legge n. 1686, nel testo del proponente, con assorbimento del disegno di legge n. 1699 e con la possibilità di richiedere l’autorizzazione alla relazione orale.
A me non interessa una verza difendere Wikipedia. E’ l’ultima cosa che farei al mondo e chi mi segue lo sa (chi non mi segue peggio per lui).
A me interessa denunciare un pessimo giornalismo fatto di copia e incolla (pazienza se qualcun altro lo ha fatto prima di me, non siamo qui a fare le corse, ma a condividere opinioni), un giornalismo fatto alla carlona, alla bene e meglio, segnalare i furbetti del giornalettismo, che scopiazzando qua e là, cambiando solo qualche parola ogni 40/45, riescono a confezionare, con il lavoro degli altri, articoli che appaiono a prima vista originalissimi e con tanto di dicitura “RIPRODUZIONE VIETATA” (majuscolo perchè è imperativo categorico), ma che poi procedono da fonti internet che, come in questo caso, hanno ben altra politica sul copyright.
E non è solo l’avversione per questo giornalismo-collage a muovermi a scrivere e a denunciare, ma, per quanto riguarda questo caso specifico, anche la devozione, l’ammirazione, il ringraziamento personale e il cordoglio per la scomparsa di un gigante della musica come Ennio Morricone, che ci ha lasciati soli ieri mattina.
Questa volta c’è cascato (e con tutte le scarpe) “Il Messaggero”. Non starò qui a sottolineare le frasi, le piccole modifiche, gli artifizi retorici con cui il giornalista ha raccolto a piene mani il contenuto della pagina di Wikipedia dedicata al Sommo Maestro, vi posto soltanto l’articolo originale (poi successivamente modificato -se avete difficoltà a leggere cliccate sull’immagine per ingrandirla-)
e l’originale di Wikipedia
Ma come, muore un gigante della musica e della cultura italiana e per ricordarlo certi giornalismi si mettono a copiare dall’enciclopedia più sgangherata e inaffidabile del mondo? Cosa ci voleva a scrivere un cappello come “Scrive Wikipedia” e mettere tanto di virgolette sui brani citati? E poi perché la riproduzione dovrebbe essere riservata su un testo rilasciato sotto una licenza Creative Commons? Carlo Daffara, su Twitter, riferisce che le parole testualmente riportate sarebbero addirittura 420. Troppe per giustificare una semplice citazione.
Come vi ho detto, quelli del Messaggero, secondo quanto riferisce Maurizio Codogno, ci avrebbero messo una toppa.
E pensare che in Italia l’articolo 21, al primo comma recita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
“Ogni altro mezzo di diffusione”
La Costituzione del ’48, per mano dei nostri Padri Costituenti, aveva già previsto 72 anni fa l’avvento della Rete. In Francia sono ancora in leggera controtendenza (ma leggera…)
Oggi facciamo i conti in tasca a Paolo Attivissimo e a David Puente per quanto riguarda i loro account Twitter. Pochi strumenti. Una calcolatrice, le regole sulle proporzioni che mi ha insegnato la Gabellieri, la mia professoressa di matematica delle medie, Twitter (appunto!), un sito dedicato a scoprire gli account fasulli, molta pazienza, e vari screenshot.
PAOLO ATTIVISSIMO ha al suo attivo 4141528 followers. Un numero apparentemente impressionante. Ma da un controllo effettuato su:
sia pure su un campione di tre anni fa (vecchiotto, ma il numero dei followers non è cambiato significativamente), risulta che il numero di followers REALI corrisponde esattamente al 56%. Il resto sono solo fake, account fasulli, che nulla hanno a che vedere con un interesse REALE (e due!) nei confronti del titolare dell’account e, presumibilmente, in quelli dei suoi contenuti (quelli dell’account, non quelli del titolare).
Certo, 250000 e rotti account rimanenti sono comunque un grosso pubblico, ma andiamo a vedere CHI segue attentamente Paolo Attivissimo e cosa succede DAVVERO ai suoi tweet.
Prendiamone uno, a puro titolo esemplificativo, questo, l’ultimo inserito dal Superlativo:
Al momento dello screenshot aveva totalizzato 66 risposte, 71 retweet e 316 like. Che corrispondono esattamente allo 0,0159%, allo 0,0171%, e allo 0,07% (una percentuale di James Bond cuoricinanti) rispettivamente. Percentuali certamente irrisorie rispetto al numero dei followers.
E DAVID PUENTE? Eccoci, David Puente ha attualmente 45983 follower. Quasi un decimo di quelli di Attivissimo. Sono proporzioni sorprendenti e stupefacenti, per certi versi, visto che tutti e due si occupano di bufale, ma purtuttavia superiori oltre del doppio ai 26132 aficionados di BUTAC (Bufale Un Tanto Al Chilo).
Quanti sono gli account fasulli secondo Twitteraudit? Pochissimi (bravo!), giusto il 4%.
Una percentuale assolutamente fisiologica che ci indurrebbe a supporre percentuali più elevate, quanto a commenti, retweet e cuoricinazioni affettuose assortite, rispetto a quelle di Paolo Attivissimo. Nemmeno per sogno. Prendiamo anche qui un tweet a caso:
Conta 5 commenti (0,0109% sul numero totale di followers), 5 retweet (stessa percentuale) e 60 like (lo 0,13%).
Sono numeri ottimistici, perché dànno per scontato (ma non troppo), che chi interagisce con un tweet sia PER FORZA un follower di quell’account. Potrebbe essere benissimo un estraneo che ha letto quel contenuto attraverso un retweet.
Insomma, sono percentuali che se fossero dati elettorali verrebbero conteggiati (conteggiati? Mah, magari sì) nella voce “Altre liste”. Se invece che account Twitter fossero delle grandi città si direbbe che a Attivissimo e Puente rispondono soltanto gli inquilini del condominio in cui abitano e forse nemmeno tutti.
Voi mi direte “E tu? Com’è la tua situazione su Twitter?”. Ve lo dico subito, pessima. Ma io non mi occupo di astronauti (se non in Tribunale), di spazio, non mi compro la Tesla (vado in giro con una Panda, figuràtevi!), non faccio i meme, non mi occupo dei terrapiattisti, non trovo che il problema principale dell’Umanità siano i complottisti. Il mio account Twitter riporta quasi esclusivamente i link agli aggiornamenti e agli articoli del blog, per chi ne sia interessato.
Parlo di e-book, cultura, cultura libera (sì, c’è differenza), software libero, diffondo conoscenza, rifletto su argomenti che attengono alla diffamazione, alla scuola, ai diritti, all’informazione, alla politica, non sono mai stato assoldato dalla Presidenza della Camera, non ho mai percepito nemmeno un centesimo che non venisse dalle donazioni o dalla pubblicità di AdSense (men che meno dai politici, uomini, ominicchi e quaqquaraqquà), non lavoro per nessun giornale.
Chi volete mai che mi si fili? Certo, se postassi tette e culi sarebbe diverso. Ma se Sparta piange, Atene non ride.
Sono giorni e giorni che sui social network è stata resuscitata la notizia secondo cui la Divina Commedia andrebbe esclusa dai programmi scolastici in quanto si tratterebbe di un’opera islamofoba, antisemita, razzista e omofobica.
Moltissime le dichiarazioni indignate da parte degli utenti di Twitter, come potete vedere, a titolo puramente esemplificativo, qui
qui
e qui
Ma il punto è che non è una novità. La notizia riportata dai net-workers è vecchia di almeno 8 anni. Basta fare una ricerca sommaria su Google per vedere che il Corriere della Sera l’aveva già riportata nel lontano 2012.
Dante Alighieri non si tocca nemmeno con un fiore, sia chiaro. Ma a volte ritornano.
La cosiddetta #LinkTax della direttiva #copyright (articolo 15) si applica a tutti i siti web, non solo #Google. #Facebook ha già fatto sapere che non intende pagare perché potrebbe tranquillamente fare a meno di mostrare notizie dai giornali.https://t.co/elE7LBzMiD
Nous ne renoncerons à rien.
Surtout pas à rire, à chanter, à penser, à aimer.
Surtout pas aux terrasses, aux salles de concert, aux fêtes de soir d’été.
Surtout pas à la liberté.
Surtout pas à notre esprit de résistance qui fait la République si grande, la France si forte. pic.twitter.com/SoBnuWqcof
Ora, io sono molto addolorato e incazzato insieme.
Addolorato perché fino a pochi minuti fa (circa una mezz’oretta) ero un estimatore incondizionato di Federica Angeli, una giornalista che ho sempre considerato onestissima, coraggiosa, che è costretta a vivere, assieme alla sua famiglia, in una sorta di prigione sotto scorta, che ha realizzato inchieste e scritto libri sul suo impegno contro la mafia di Ostia, che si è battuta per far riconoscere l’aggravante dello stampo mafioso nell’associazione a delinquere per le famiglie condannate almeno in primo grado nella malavita organizzata romana, che ha resistito a 112 processi per diffamazione e li ha vinti tutti, quando io con un procedimento in embrione faccio fatica a tirare avanti la baracca materiale e psicologica dell’esistenza. Sembra un personaggio di “Cent’anni di solitudine” da quanto è bello e, nello stesso tempo, incredibile.
Incazzato perché ho scoperto, grazie alla tempestiva segnalazione di Fabio Montale su Twitter (@FabioMontale) che un brano tratto da uno dei suoi ultimi articoli intitolato “La resistenza della periferia dove la criminalità è un affare d’altri tempi” è ripreso pari pari da Wikipedia. E questo non mi sta bene. Sia perché è stata Federica Angeli a riprendere quel brano (e da lei mi aspetto, anzi, pretendo contenuti originali proprio perché so quale cura e devozione ha nel fare il suo lavoro) sia perché quel brano l’ha ripreso da Wikipedia, di cui, invece, non ho nessuna stima.
Ecco l’articolo (che non è -ancora- reperibile sul web) di “Repubblica”:
Cortesia di @christianraimo
Ed ecco il brano di cui si tratta:
Iniziò sin da giovanissimo a commettere piccoli reati assieme ad altri suoi coetanei abitanti dello stesso quartiere, anch’essi per la maggior parte figli di immigrati del sud.
E’ tratto dalla voce di Wikipedia dedicata a Giuseppe Albano, detto “il Gobbo del Quarticciolo”, protagonista della Resistenza. Ho scaricato la versione PDF della voce che fotografa in modo inequivocabile l’ultima versione disponibile della voce. Ve lo inserisco in coda a questo articolo.
E ora vediamo in sinossi i due brani riportati (il primo è Wikipedia, il secondo è l’articolo della Angeli):
Cortesia di @FabioMontale
Indovinate quali sono le differenze?
Ora, intendiamoci, non è che sia propriamente un reato da ergastolo, quello della Angeli. Non è nemmeno un peccato veniale, per carità, ma interpolare un brano tratto dal web in un contenuto originale proprio senza citare la fonte mi pare, almeno almeno, una caduta di stile. E cadute di stile Federica Angeli, fino ad ora, non ne ha mai fatte.
“…deve garantirsi che l’imputato che voglia davvero il processo abbia in tempi ragionevoli un verdetto finale per esigenza minima di civiltà giuridica. E allora una piccola ma essenziale modifica da introdurre senza indugio alla riforma Bonafede, magari per mano dello stesso ministro è quella di prevedere che almeno all’imputato che richieda il processo immediato con le relative rinunce processuali, lo Stato garantisca la relativa celebrazione in tempi ragionevoli, in difetto operando la prescrizione che a quel punto non sarà più odioso salvacondotto da un processo che l’imputato che invece lo stesso imputato ha chiesto e costruttivamente sollecitato.”
Gianluigi Pellegrino, costituzionalista e esperto di diritto amministrativo su Repubblica
La Politica (con la maiuscola o no) VORREBBE avere il volto di @marcocappato. Invece il suo viso è quello della vita del diritto e del diritto alla vita. Mescolare i due piani di lettura è un errore grave anche e soprattutto per uno scrittore della Sua levatura.
Gentile anche da parte sua fare riferimento alla morte della madre di Cappato, che è un fatto personale e intimo e non pubblico come una sentenza della Corte d’Assise.
Ormai la querela viene usata come bavaglio, come metodo di intimidazione. Chi la usa in questo modo dovrebbe pagare almeno la metà del risarcimento che chiede. Ne ho vinte 112 ad oggi. Ne avrei ricevute meno della metà se avessero dovuto pagare le volte che hanno perso contro me. https://t.co/rxja0kTitm
Si conclude con la richiesta da parte dell’interessato di andare in pensione (richiesta accolta) parte della vicenda disciplinare che riguarda il professor Emanuele Castrucci, responsabile dell’immissione su Twitter di alcuni contenuti di argomento hitleriano. Il procedimento disciplinare di tipo sanzionatorio va comunque avanti, e il docente è indagato dalla Procura della Repubblica di Siena per propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa, aggravata da negazionismo. (Fonte: Il Fatto quotidiano)
Alcuni giorni or sono il GIP di Siena, dottoressa Malavasi, aveva comunque respinto la richiesta della Procura della Repubblica di sequestrare l’account del docente, perché non vi ravvisava estremi di reato ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler.
Vi ricorderete dei contenuti a sfondo hitleriano di certi tweet del professor Emanuele Castrucci, docente di Filosofia del Diritto presso l’Università di Siena. Ebbene oggi il GIP di Siena, dottoressa Roberta Malavasi ha rigettato la richiesta della Procura della Repubblica di sequestrare l’account Twitter del docente perché non sussisterebbero gli estremi per il reato di propaganda e istigazione all’odio razziale, ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler. La procura ha già fatto sapere di intendere proporre ricorso contro questa decisione:
„Noi dissentiamo da questa interpretazione. Ritenendo che ci sia istigazione all’odio razziale, con la foto di Hitler che è un’ulteriore prova a sostegno. Quel tweet è stato poi rimosso dal professore. Per questo presenteremo ricorso al tribunale del Riesame chiedendo il sequestro del profilo“
Nel frattempo Castrucci ha regolarmente continuato a twittare. Ed è stato sospeso per decreto firmato dal rettore Frati dall’attività accademica e didattica, in attesa che si avvii la procedura per la sua destituzione.
Di certo c’è che la sentenza del GIP Malavasi pone un grosso punto interrogativo: e se davvero è stato fatto un gran polverone per nulla? E se davvero quei tweet fossero il risultato dell’espressione delle proprie, sia pure aberranti, idee personali e fossero il risultato dell’esercizio del diritto della libertà di pensiero individuale? Si starebbe giocando coi diritti di una persona, con il suo lavoro, con la sua reputazione e con la sua attività accademica. Tutto questo se è vero, come è vero, che le sentenze hanno un loro valore.
Se, invece, si vuol fare come Oscar Giannino, che in un tweet di oggi a commento della vicenda scrive che:
Sono e resterò garantista sempre. Per chiunque. Se un Gip riapre profilo twitter dicendo che apologia di Hitler non è istigazione al razzismo non cambierò di una virgola quel che penso, cioè l’esatto contrario, e brindo che questa Repubblica sia tollerante con gli intolleranti
allora è perfettamente inutile che la magistratura si occupi di queste delicate vicende. La logica del “dicano quello che vogliono, tanto io non cambierò mai di una virgola il mio pensiero in merito” (che, guarda caso, in questo frangente è un pensiero completamente diverso da quello che ha mosso le motivazioni della sentenza) non funziona. O, meglio, per funzionare funziona anche ma non porta da nessuna parte. Prima non avevamo che puri indizi e tutta la nostra rabbia da vomitare addosso al revisionista di turno, adesso abbiamo una sentenza. Che non è definitiva, si badi bene. Ma che segna un primo importante passo nell’accertamento di una verità che, se confermata, ribalterà tutto il castello accusatorio che si è mosso nei confronti di Castrucci. Bella figura, sì…
Giuditta Pini (Carpi, 27 settembre 1984) è una politica italiana del Partito Democratico.
(…)
Alle elezioni politiche del 2013 viene eletta deputata della XVII legislatura della Repubblica Italiana nella circoscrizione XI Emilia Romagna. Viene rieletta nella medesima circoscrizione alle elezioni del 2018 per la XVIII legislatura.
In fondo @vanitosa95 è un nickname come tanti. Come tanti pseudonimi che uno ha a disposizione per celare agli altri la propria identità. Il perché uno voglia farlo o ne abbia necessità è sempre un mistero. In questo caso mi pare che la ragione della scelta dello pseudonimato sia più che evidente: tirare vigliaccamente il sasso per ritirare subito la mano. Non essere rintracciabile e, di conseguenza, imputabile. @vanitosa95, in fondo, è solo un modo per chiamarla. Quello che veramente importa è che questo account è in Twitter dal maggio scorso, che ha collezionato ben 116 messaggi (capirai!) tutti di odio e di augurio per determinati interlocutori (Laura Boldrini, la figlia di Laura Boldrini, i partecipanti alla Leopolda, Maria Elena Boschi, le persone che fanno battute sulla colica di Matteo Salvini) di tumori e disgrazie varie. Sono delle modalità assolutamente riprovevoli di agire e che hanno fatto sì che Twitter chiudesse l’account nel pomeriggio di oggi, mentre lo screenshot con i due tweet di odio puro l’ho fotografato questa mattina, quando l’account era ancora operativo. E’ un esempio come tanti altri di cialtronismo e di gusto per la vendetta usa-e-getta, ma i messaggi in questione mi sono sembrati particolarmente pesanti. Sarà che non ho mai augurato il cancro a nessuno. Sarà che ho sempre pensato che certi personaggi sono spesso dei grandissimi portatori di polemiche e che le polemiche si smontano con i fatti, per cui non c’è bisogno di invocare il cancro su di loro, basta contraddirli con argomentazioni solide e incontrovertibili. Sarà che trovo internet uno strumento troppo prezioso per sprecarlo in inutili invocazioni oncologiche a danno di questi e di quelli. Sarà che i messaggi di questa persona, di cui ho oscurato la foto (non per rispetto della sua privacy, perché non ne ho nessuno, ma per rispetto di quella della persona a cui è stata probabilmente carpita) mi hanno turbato al punto di venirne a parlare con voi e di lasciarne traccia. Perché il male in rete esiste. Ed oggi è passato per il nome di @vanitosa95.
Starting to look food fior the highly respected Prime Minister of the Italian Republic Giuseppi Conte. Represented Italy powerfully at the C7. Loves his Country greatly and works well with the USA. A very talented man who Will hopefully remain Prime Minister.
Evidentemente Donald Trump nello scrivere questo post ha parlato della pluralità del terzo mandato a Giuseppi Conte.
Ormai è ufficiale. Gli assassini di Mario Cerciello Rega hanno confessato. Sono stati loro. Americani, cittadini USA, bianchi, ricchi, figli di papà, di buona famiglia, incensurati, chiaramente viziati, in viaggio in Italia e domiciliati in un albergo lussuoso (“vuoto mito americano di terza mano”, avrebbe detto il Sommo Poeta).
Nulla a che fare con i nordafricani alti 1,80 e con le mèches contro cui si è rivoltato il web, o, almeno, la sua parte più deteriore e sovranista. E’ stato tutto un “dàgli al négher!”.
Nessuno ha pensato un po’, nessuno ha lasciato fare gli inquirenti prima di scrivere, nessuno ha voluto sentire ragioni o argomenti vari.
E l’unico argomento è che stavolta no, non sono stati gli africani, gli immigrati (chiaramente illegali) i disgraziati della malora, i bastardi che vogliono venire nel nostro paese a delinquere e a toglierci il lavoro. Sono stati due come noi. E’ stato l’occidente, prosperoso e mezzo drogato, è stata la nostra sicurezza di bravi cittadini (ma all’occasione ripieni di cocaina), insomma, legaioli, fratelliditalia, giornalisti arroganti, precipitosi, sopporters violenti, conigli da tastiera, tutti si sono buttati addosso ai nordafricani. Solo che i nordafricani, in questo caso, non esistevano. Brutta figura, nevvero?
Ma in questo cumulo di afflato sovranista sono caduti tutti. Tutti. Anche quelli del PD. Paolo Gentiloni in un tweet parla di un “controllo su due sospetti nordafricani”. E allora il mondo gira proprio alla rovescia, in questo continuo giro del giorno in ottanta mondi che porta sempre e costantemente allo stesso punto su cui destra e sinistra, evdentemente, amano molto ristrovarsi. Spesso e volentieri.
Io non faccio uso smisurato di Twitter. Più che altro lo leggo tanto, quello sì, perché ho una combinazione di contributi e notizie piuttosto interessante e spesso le breaking news sono prima su Twitter che sui giornali (provare per credere, l’ho sperimentato in almeno quattro o cinque occasioni).
Però scrivo poco, anzi, pochissimo, faccio qualche commento (quelli sì), e rilancio gli articoli del blog, perché magari qualcuno viene a leggere quello che scrivo.
Comunque devo dire che anche su Twitter mi sono dato da fare a restare antipatico a un bel po’ di personcine e personaggetti che, evidentemente, non avendo altre preoccupazioni per il capo, hanno pensato bene di bannarmi e/o censurarmi a vari livelli. Che, poi, voglio dire, la censura su Twitter è sempre piuttosto blanda. Generalmente non si riesce mai a “bannare” del tutto una persona, tutto quello che si può fare è impedirgli di “vedere” i contenuti del proprio miniblog e, eventualmente, di commentare. Il primo impedimento abbiamo già visto che è facilmente aggirabile, quindi è possibile continuare a leggere tranquillamente quello che uno scrive.
L’ultima persona in ordine di tempo che ha messo un filtro sul mio account è David Puente (debunker di stato), che, seguendo le orme passate del suo amico, collega e mentore Paolo Attivissimo (debunker di stato svizzero), ha deciso che con me non si può parlare e mi ha messo il filtrino. Posso commentare, ma a lui i miei commenti non arrivano, non li legge, li ignora, ha altro da fare e insomma, vedremo in un post separato com’è andata la vicenda.
Per ora accontentevi di sapere che David Puente si aggiunge al gruppo di chi mi ha bannato composto finora da (che io sappia) lui, Paolo Attivissimo (che, per la verità, mi riulta aver rimosso i suoi filtri), Barbara Collevecchio, Asia Argento e Selvaggia Lucarelli.
Cioè, tutta gente che tra una minaccia di morte, una diffamazione, una diagnosi clinica, un blog sul Fatto Quotidiano abbandonato nel 2013, un’accusa di molestie sessuali su minori, un paio di condanne per diffamazione ha avuto il tempo e la voglia di bloccare ME che esprimo solo delle opinioni senza offendere nessuno. Queste non sono censure, sono medaglie al merito.
“Previsto per il 1° maggio un calo di temperature anche di 10° C. Lo aspetto come un bambino aspetta i doni di Natale la notte del 24. Sì, vieni Signore Gesù!!”
La montagna ha partorito un topolino. Twitter ha annunciato l’implementazione, per le lingue europee più importanti (tranquilli, l’italiano sarà incluso), di una nuova piattaforma che permetterà di postare i singoli messaggi (i cosiddetti “tweet”) in 280 caratteri anziché gli attuali 140. Erano anni che il problema del limite troppo angusto delle comunicazioni del gigante del microblogging si faceva presente mediante le lamentele dei propri iscritti, ma è la prima volta che ci si mette una pezza: lo spazio raddoppia e, così, la possibilità di scrivere stupidaggini.
Funzionerà così: saranno visualizzati ancora solo i primi 140 caratteri del messaggio: per scorrerlo, o per leggere il resto, bisognerà cliccare su un link apposito. Almeno ci saranno la decenza e la prudenza di chiedere il consenso. Eppure 140 caratteri non erano un limite, ma la ricchezza di Twitter. In meno di un SMS dovevi trovare le parole giuste per dire quello che avevi in testa e attirare l’attenzione dei tuoi lettori. Se ci riuscivi, bene, altrimenti vaffanculo, il tuo tweet spariva nel dimenticatoio, come una sfoglia di carta igienica buttata nel cesso poco prima di tirare lo sciacquone (immagine volgaruccia ma efficace).
Come giustamente dice Gianluca Nicoletti in un suo (video)intervento su “ObliquaMente”, la sua rubrica per la versione on line de “La Stampa”,
“L’opulenza di spazio espressivo non favorisce l’intensità del concetto espresso. La forza di Twitter era l’allenamento che imponeva ai suoi utenti a cercare le parole più efficaci per lasciare tracce di sé, in un fiume di punti di vista di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza.”.
Perché bisognava saper scrivere per creare un testo efficace. Bisognava conoscere l’italiano, trovare la parola giusta e breve per farsi ascoltare, come diceva De André, il tweet era una forma d’arte obbligata in uno spazio ristretto, come l’haiku. Naturalmente, il fatto che si trattasse di una forma d’arte non significa affatto che tutti i twitter fossero degli artisti: su un foglio bianco si può fare un bel ritratto o un pessimo scarabocchio. Oddio, non è che raddoppiando il numero di caratteri a disposizione si sia allargato poi così tanto lo spazio a disposizione, si tratta pur sempre di cinque righe striminzite, ma “più caratteri per tutti” non significa necessariamente messaggi di qualità o maggiore libertà di potersi esprimere: una stronzata resterà pur sempre una stronzata, ed è di questo che è fatto il web dei social network, di stronzate. Perché dovresti avere bisogno di 280 caratteri per accompagnare la foto di un gattino, l’immagine di un cuoricino, quella di un mazzo di fiori che non interesseranno a nessuno?? E se hai qualcosa di importante ed interessante da dire, non ti pare che 140 caratteri colpiranno di più l’attenzione di chi legge di una sbrodolatura da 280.
Anni fa (ma molti anno fa) Bill Gates disse che
“256 Kb. di RAM saranno sufficienti per ciascuno di noi”
poi i quantitativi vennero allargati a dismisura e oggi se hai 1 Gb di RAM fai ridere i polli. Cos’è questo cannibalismo informatico? In 140 caratteri non sei capace di esprimere un concetto?? Allora forse non sei in grado di utilizzare Twitter. Tutto lì.
Non lo userò il tweet extra-large. E così spero di voi.
Succede anche questo nello strampalato mondo dei social network.
Ho inviato un link a un destinatario. Anzi, due. Uno dei due è l’indirizzo di RadioTre.
L’altro mi invia questa risposta: “@valeriodistefan Grazie, ma non accetto post da sconosciuti. Né tanto meno li leggo @Radio3tweet“.
E’ straordinario. Pensavo che le cose da non accettare dagli sconosciuti fossero le caramelle, come ci insegnavano da bambini.
Ma la cosa ancora più straordinaria è che Twitter NON consente (per l’evidente sua natura) di non accettare contributi, post e messaggi diretti. Proprio perché su Twitter chiunque può raggiungere chiunque altro. Che sia conosciuto o sconosciuto dal “chiunque altro” in questione. Non si può NON accettare questa semplicissima realtà, perché, viceversa, non si accetterebbe di stare su Twitter.
E’ come dire “io non accetto raccomandate da chi non conosco“, oppure “non ricevo SMS se non da chi voglio io“. E’ anacronistico, oltre che impensabile.
E’ notevole anche la precisazione “Né tantomeno li leggo“. Insomma, uno non li accetta, non li legge, ma si piglia la briga di rispondere e chiarire. Strano.
Poi che faccio? Vado su Facebook e noto che il mittente non-accettante è uno dei miei “amici”.
E’ la libertà di potersi esprimere che fa paura, non gli “sconosciuti!”
Twitter è qualcosa di meraviglioso, peccato che l’ho scoperto troppo tardi.
140 caratteri, praticamente un palpito. Un blogghettino minimale e, soprattutto, niente ansia di avere tanto “follower” (si chiamano così i fans su Twitter) perché, tanto, tutto è pubblico e chiunque può leggere tutto di chiunque altro.
Insomma, semplice, immediato, veloce, accessibile da quasi qualunque piattaforma (esistono blogger come Yoani Sánchez che aggiornano il proprio blog attraverso gli SMS), trasparente, ma soprattutto arma di discussione e di critica nei confronti dei politici (io ho risposto a Laura Puppato e Matteo Renzi). Su Twitter, molto più che su Facebook, ognuno si ritrova davanti al popolo del web.
Al punto che, tempo fa, la deputata laburista Stella Creasy e la blogger Caroline Criado-Pérez, oltre a tre giornaliste, sono state molestate su Twitter nel Regno Unito con l’invio di tweet volgari, offensivi e denigratori, e addirittura alcune minacce di morte.
Sono cose che fanno male. Molto male.
E così, svariate migliaia di utenti ha pensato di chiedere a Twitter di inserire un pulsante antimoltestia. Che non si sa bene come funzionerà dal punto di vista pratico. Cioè, io ritengo di essere stato molestato da qualcuno, clicco sul pulsantino e Twitter mi rimuove il contenuto suppostamente denigratorio e fa tottò all’utente? Sarebbe terribile.
Comunque sia, il direttore generale di Twitter Tony Wang ha commentato: «Mi scuso personalmente con le donne che sono state insultate su Twitter e per quello che hanno sopportato»
Di che si scusa? Non è colpa sua. Non le ha mica scritte lui quelle minacce. Può sentirsi colpito perché la sua piattaforma è stata usata per scopi non propriamente umanitari, ma da qui a scusarsi c’è una bel salto!
Esiste un principio giuridico ormai vigente in tutto il mondo (tranne in Italia, dove, si sa, siamo in leggera controtendenza, specialmente con la sentenza Google) per cui il provider non è responsabile dei contenuti immessi dall’utente. Cioè YouTube non risponde del copyright eventualmente violato dai suoi iscritti.
E poi aggiunge: «La gente merita di sentirsi al sicuro su Twitter».
E certo. Ma se una persona può segnalarmi così, just for, io non mi sento affatto al sicuro.
Io, come tutti gli altri, saremo alla mercè di qualche buontempone, o di qualche integralista, o di qualche personaggio con la sensibilità alle stelle, che se io scrivo “Chi non mangia la Golia o è un ladro o è una spia” e quello/a non mangia la Golia e si sente offeso/a perché non è né un ladro né una spia (si veda il caso), mi sbottoncina e poi, se mi va bene, devo riferire a Twitter il perché e il percome (il mio inglese scritto è pessimo, abbiate pietà!).
Saremo l’uno il Grande Fratello dell’altro, basterà un clic per cancellare pensieri, parole, opere e omissioni. Per la colpa degli altri.
Se siete arrivati su questo post è perché anche voi volete aumentare i vostri followersSSS su TwittersssSSS e raccogliere centinaia di migliaia di amiche e di amichi su FacebooksssSSSS.
Complimenti, siete proprio capitati sul luogo giusto. Tra poco avrete la straordinaria e insostituibile opportunità di moltiplicare senza fatica, con incredibile e magica efficacia, ma soprattutto aggràtisse (che i quattrini son sempre pochi ed è meglio tenerli nel borsellino piuttosto che dare gli euri in giro, non si sa mai).
Voi non dovete fare altro che stare seduti comodamente sulla vostra poltrona. Che chissà quante volte ve l’hanno detto che basta stare seduti comodamente sulla vostra poltrona e il sistema fa tutto per conto vostro, vi è mai successo? No? Cambiate poltrona.
Allora cominciamo ad entrare nel merito del tema, vi state tenendo forte?? Guardate che state per apprendere un sistema davvero esclusivo e semplicissimo, a meno che non siate de’ tontoloni nelle informatiche vicende.
Prima di tutto prendete il vostro accàunt. Avete una foto poco accattivante? Ahi ahi ahi, questo è il vostro primo errore, gagaroni belli, ma per fortuna ci sono qui io a darvi tutte le indicazioni possibili ed immaginabili e senza chiedervi il biccio di un $oldo, pensate un po’. Allora cambiatela subito. Se la vostra foto attuale è sorridente sappiate che dovete mettercene una molto più trèndy. Che so, non ne avete una in cui vi mettete le dita nel naso o vi tagliate le unghie dei piedi? Ecco, quella andrà benissimo perché istantaneamente sarete guardati da tanti amichi ed amiche che vi cliccheranno come forsennati incuriositi da questa vostra stravagante attività.
Va benissimo anche un’istantanea in cui prendete a calci un gattino o abbandonate il vostro cucciolo di Golden Retriever direttamente in contromano sulla A14, ma purtroppo in questo caso potreste essere invasi da orde di amanti degli animali che purtroppo si indignano quando le bestie vengono scaraventate dai ponti autostradali e che vi riempirebbero di spamming.
Da dove si comincia? (Già, perché son già due ore che scrivo e non vi ho ancora detto da dove si comincia) Ma sì, dai vostri amichi e amiche. La vostra rubrica telefonica sarà la vostra più preziosissima alleata perché solo guardando il vostro SmartphoneSSSSSS troverete i vostri primi contatti.
Sappiate, cari incrèduli, che il fatto che voi siate su TwittersssSSSS o su FacebookSSSSS è una cosa molto importante e che i vostri amichi sono molto interessati a questo, per cui se glielo ricordate (meglio verso le tre e mezza di notte) loro verranno subito gàrruli a porgervi corone di fiori e si alzeranno volentierissimissimo dal letto per andare a cliccare sul vostro account o aggiungervi alle loro amicizie, che, come vi dicevo, è una delle cose più importanti che esistano al mondo.
E poi, una volta che avrete i primi amichi, cominciate a giardare chi sono i loro amichi a loro volta (perché scrivere una guida a internet con un italiano agile e piacevole è uno dei requisiti fondamentali della comunicazione) e cominciate loro a scrivere comunicando la lieta novella: voi siete su TwittersssSSSS voi siete su FacebooksssSSSS ed eventualmente ripetete l’operazione due volte al giorno a ore pasti finché, vedrete, le persone contattate cederan… vi concederanno il loro contatto sui Social NetworkssssSSSSS per avere espiato la pena.
Continuate così per un buon quattro o cinque mesetti poi uscite felici di casa: avete realizzato il vostro sogno. E pensate che le corcate che riceverete sono comprese nel prezzo!!
E a proposito di prezzo, va bene che questi consigli sono aggràtisse, ma se poteste intanto anticiparmi un gingerino e le sigarette… no, eh???
Allora diciamolo pure che Fiorello si è cancellato da Twitter.
Ma sì, facciamone un caso. Anzi, peggio, facciamone una notizia. Rendiamo importante per l’opinione pubblica la scelta (perché solo di questo si tratta, di una scelta personale) di un personaggio dello spettacolo di NON far più parte di un social network come Twitter.
Che, voglio dire, è come dare le dimissioni dalla Caritas Parrocchiale. O dalla bocciofila del paese.
Che qualunque sia il motivo che ha spinto Rosario Fiorello a non servirsi più di Twitter non come mezzo di socializzazione né, tanto meno, di comunicazione, ma di pubblicità (eh, su, diciamocelo tranquillamente… non c’è nulla di male a farsi della pubblicità quando la pubblicità viene riconosciuta e dichiarata come tale…), non è una cosa importante.
Non c’è più. Basta. E’ una sua scelta. Il mondo continuerà a girare anche senza che lui continui a mandare i suoi messaggi su Twitter. Sia che si sia stufato, sia che abbia fatto il “colpaccio” pubblicitario del momento.
E chissà perché ci deve restare per forza. Chissà perché una scelta diventa motivo di critica, peggio, di dissociazione, anzi, peggio ancora, di stigmatizzazione. Come se per essere “in” uno debba essere su Twitter a tutti i costi.
Perché, si sa, la gente può cambiare idea. E chi non cambia idea cinguetta.