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Una Rosa
es una cosa
olorosa
que reposa
en un nombre de esposa.
(C) 2014
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Mi lavo i denti, sì, ci son problemi?
Nemmeno in bagno mi dài pace. E remi
contro alle mie ansie e al sagrificio
di spazzolarmi in bocca il dentifricio.
Dal mezzo, sì, dal mezzo l’ho strizzato,
ti fa strano? L’hai sottolineato
in blu, vero errore da zero tondo.
Lo so, il Colgate si spreme dal fondo,
ma cosa voi che importi? Dài, aspetta…
lo so, non alzo più la tavoletta
del viccì, che sarà mai? Ti fa schifo
anche l’odore, ormai. Son tuo marito,
guàrdami, non un mangiapane a ufo!
Siamo una cosa sola, ti rammenti?
"Ti prendo come sposo", e adesso menti?
E’ un matrimonio, non un more uxorio…
Non puoi lasciarmi qui, sul coluttorio!
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E sia, allora. Non ci parliamo più!
Me l’hai detto testè, in modo acconcio,
garbata, ma decisa. Metti il broncio
la lagrimina e il mento un po’ all’insù;
ti è sempre stato facile assentire
con quello smilzo sorrisetto artato.
I tuoi silenzi hanno predetto il fato
nell’imbarazzo infìdo del non-dire.
Allora, ormai va preso come un dato
che siamo altro e che non c’è da farci
che un saluto, magari un po’ ammezzato.
E che il “Ti chiamo io! Tu non provarci…”
detto con il tuo tono assai affrettato,
non celi più la fretta del lasciarci.
(C) 2011 – Valerio Di Stefano
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Férmati amor mio… fammi respirare!
Possibile che non ci sia da fare
null’altro che il meccanico scopare
che sa di mandorle, mandorle amare,
che chiude le parole nelle bare
della "petite mort", senza parlare…
Ma dimmi un po’ anche tu, ti piace il mare?
E nell’autunno i funghi da cercare?
Hai una frase saggia da citare?
O un libro vecchio da rispolverare
e pagine stampate da annusare…
Te l’assicuro, no, non sono tare,
è quello che di più possiamo dare
al ritmico e incalzante fornicare
in un motel, sulla Firenze-Mare,
con tuo marito sempre a lavorare
mia moglie no, non può immaginare,
ma c’è qualcosa oltre il tuo ansimare?
Spegni un po’ quel cazzo di cellulare!
(C) 2011 – Valerio Di Stefano
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“Oddio, amor mio, ci sono -senti?-… vengo!
Non ti fermare, ch’io di te mi pungo.
Trafitta, si’, e solo a te mi pongo
nuda e intrisa. Nel mio pensier non fingo,
son tua, mio bene. E giunta al fine, piango!”
(esercizio di rima su “Sognando” di Don Backy)
(C) 2011 – Valerio Di Stefano
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SU UN TEMA DI CAMILLE SAINT-SAENS
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VARIAZIONI SU UN TEMA DI GIORGIO GABER
C’è il peso del tuo corpo sopra il mio.
Dio, che perfezione il tuo respiro lento!
Dopo l’amore si è alla fine spento
quel movimento, quel tuo rimescolìo
che ha fatto del sudore appiccicume
e degli umori un vago gorgoglìo.
Dormi, chè non è ancora spento il lume.
La perfezione pesa, non negare…
Spòstati, dài, che ho voglia di fumare!
(C) 2010 – Valerio Di Stefano
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"Poesia sei tu", scriveva il Castigliano.
Pian piano il verso si fa voce pura,
nuda come croce, avanzo di paura.
E torni ancora, sì com’eri prima
a dirmi "t’amo!"
Ma non fai più la rima.
(C) 2010 – Valerio Di Stefano
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“Amore arde e non s’estingue”, mi dicesti,
ma il vento stringe le tue vesti audaci,
parole spente già ridotte a braci.
Saranno i vaniloqui dell’amante?
Ma sì, che vuoi, se ne dicon tante…
E il fievole attutirsi del calore
Amor riporta a ceneri più umane.
Avvampan le parole, non le braci.
Sedotto il cuore, almeno adesso, taci!
(C) Valerio Di Stefano – 2010
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