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Categoria: Opinioni
“Bolognamarket” vende i miei libri a quasi il doppio
Nota del 24 marzo 2025:
Ho saputo che, tramite Amazon, la Libreria Bolognamarket di Mordano (vedere gli screenshot sottostanti) vende il mio volume in inglese “The Word “God” in the King James Bible” al prezzo di 36,99 euro, contro un prezzo di copertina di 19 euro.
Riconoscendo il pieno diritto di ogni rivenditore di prodotti editoriali a stabilire il prezzo finale di un volume a suo libero arbitrio, aumentato o scontato che sia, sarà mia cura adoperarmi affinché un aumento di quasi il 100%, del tutto ingiustificabile anche solo facendo ricorso ad argomentazioni quali la difficile reperibilità del volume (è pubblicato in Italia) non abbia a ripetersi, che i guadagni dell’editore e del rivenditore siano giusti ed equi, così come è apparso al momento della pubblicazione (peraltro molto recente) del libro, nonché che l’acquirente finale non sia penalizzato rispetto a chiunque altro lo comperi altrove.
Skype chiude i battenti per sempre: ecco cosa devi sapere!
È ufficiale: Skype, l’app che per anni ha fatto da sinonimo alle videochiamate e alle chiacchiere VoIP, chiuderà i battenti il 5 Maggio 2025, come annunciato ( https://www.microsoft.com/en-us/microsoft-365/blog/2025/02/28/the-next-chapter-moving-from-skype-to-microsoft-teams/ ) da Microsoft, lasciando un vuoto che sa di nostalgia ma anche di inevitabile evoluzione tecnologica. Niente dura per sempre, nemmeno i servizi che hanno segnato un’epoca e, Skype sembra aver perso quel fuoco culturale che lo rendeva unico, schiacciato da un mondo di alternative più agili e da una gestione che, diciamolo, negli ultimi anni ha arrancato tra ripensamenti e tentativi di rilancio. Al suo posto, Microsoft tira fuori dal cilindro una versione gratuita di Microsoft Teams, un passaggio che sembra logico per chi guarda al futuro, ma che lascia un po’ di amaro in bocca a chi, come noi, ha ricordi legati a quel logo blu e a quel suono di chiamata che sembrava venire da un altro pianeta. Gli utenti attivi di Skype potranno fare il grande salto su Teams senza troppi drammi: basterà accedere con le proprie credenziali e, come per magia, ritroveranno la cronologia dei messaggi, le chat di gruppo e i contatti, tutto pronto per continuare la conversazione senza bisogno di un nuovo account. Ma attenzione, c’è un colpo di scena: dopo il periodo di transizione, Teams dirà addio alla telefonia, quel gioiellino che permetteva di chiamare numeri reali, nazionali o internazionali, ovvero l’ultimo baluardo che rendeva Skype speciale. Niente più squilli verso il telefono fisso di nonna o chiamate intercontinentali a prezzi stracciati: chi usa un numero Skype dovrà correre ai ripari e trasferirlo altrove, mentre i crediti Skype superstiti potranno essere spesi fino alla loro scadenza, sia su Skype che su Teams, una piccola consolazione per i fedelissimi utenti.
Eppure, nel 2025, l’idea di stupirsi per una “telefonata gratis su Internet” fa quasi sorridere: da WhatsApp a FaceTime, da Telegram a Discord, ogni app oggi offre chiamate VoIP, e il vecchio fascino di Skype si è sbiadito come una foto lasciata al sole. John Oliver lo ha detto meglio di chiunque: un tempo “skyppare” significava videochiamare, ora sembra più un sinonimo di buttare via un’opportunità d’oro. E allora, chapeau al team originale di Skype – e sì, anche a Microsoft – per aver supportato Linux così a lungo, un gesto raro per un servizio closed-source che non sempre riceve l’amore che merita. Ora però si volta pagina: lo snap ufficiale ( https://snapcraft.io/skype ) di Skype sparirà presto dallo store, quindi se non accedi da un po’ (e chi può biasimarti?), corri a installarlo, fai login e salva tutto ciò che conta entro due mesi.
Fonte: omgubuntu.co.uk ( https://www.omgubuntu.co.uk/2025/02/skype-hangs-up-for-good-on-may-5 )
Google AdSense non conviene più
La Siria ha ancora bisogno di te (Islamic Relief)
Oggi segna il 14° anniversario dell’inizio della crisi in Siria, un conflitto che ha causato oltre 500.000 morti e ha costretto milioni di persone a fuggire.
Quest’anno, però, le cose sono diverse. Per la prima volta dal 2011, i siriani sfollati hanno visto una speranza concreta di tornare a casa
Abdul ha 13 anni e tutto ciò che ha conosciuto nella sua breve vita è stato il conflitto e lo sfollamento.
“Non riesco a esprimere i miei sentimenti; provo una gioia travolgente. Le persone dei villaggi sono tornate e la terra sta tornando al suo popolo.”
Nonostante le devastazioni, per la prima volta, ci sono segnali di speranza: dopo il cambiamento di governo a dicembre 2024, oltre 270.000 siriani sono tornati in patria.
Ma la situazione resta difficile: oltre 16,7 milioni di persone necessitano ancora di aiuti umanitari.
La ricostruzione della Siria deve essere guidata dal popolo siriano, ma la scala del bisogno è enorme e richiede un sostegno internazionale significativo
Islamic Relief è presente in Siria dal 2011, fornendo assistenza vitale sia dentro il paese che nei paesi limitrofi. Stiamo lavorando per migliorare i rifugi temporanei, assistere i ritorni e contribuire alla riapertura di ospedali nelle città devastate.
Con il vostro supporto, possiamo aiutare la Siria a ricostruirsi e dare un futuro migliore a chi ha perso tutto.
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Il Team di Islamic Relief Italia
La Siria ha ancora bisogno del tuo sostegno, dona ora
Dona il tuo 5×1000 ad Islamic Relief | CF: 97325770150
Al servizio dei più bisognosi nel mondo
Reportage fotografico: lo Spirito del Navratri prende vita al Chittaranjan Park di Delhi
Il Navratri è una delle feste più significative del calendario indù

L’idolo di Maa Durga si erge maestoso sopra il demone Mahishasur, che giace sconfitto ai suoi piedi. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Nel vivace quartiere di Chittaranjan Park [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] (CR Park), situato nel sud-est di Delhi, in India, il sommesso ronzio della devozione si mescola al tintinnio ritmico degli strumenti degli artigiani, impegnati a dare vita alla sacra argilla. Stanno realizzando gli idoli di Maa (Madre) Durga [it], la venerata dea indù che simboleggia la vittoria del bene sul male [it], un racconto senza tempo che risuona profondamente nel mondo complesso e turbolento di oggi.

Gli artigiani dipingono con pennelli sottili i dettagli intricati delle sculture. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Navratri, che significa “nove notti”, è una delle festività più importanti del calendario indù. Celebra il trionfo di Maa Durga su Mahishasura [it], un demone mutaforma che assume le sembianze di un bufalo e rappresenta il caos e l’oppressione.

L’imponente figura di Maa Durga, incompleta e maestosa, sovrasta Mahishasur. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Secondo la mitologia indù, Mahishasura fu benedetto con una grazia divina che lo rendeva invincibile a tutti gli uomini, e la sua tirannia si diffuse nei cieli e sulla terra. In risposta, gli dei combinarono le loro energie per creare una potente guerriera: Maa Durga. A cavallo di un leone e armata di armi divine nelle sue molteplici braccia, la dea combatté Mahishasura per nove giorni, uccidendolo infine il decimo giorno, noto come Vijayadashami [it] o Dussehra.

Un artista dà gli ultimi ritocchi all’idolo del demone Mahishasur. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Quando Maa Durga sovrasta i demoni che sconfigge, i suoi idoli diventano simboli di speranza e resilienza, rispecchiando le sfide che affrontiamo a livello globale. In un’epoca di conflitti, violenza di genere in aumento e disastri ambientali che minacciano le comunità, il suo trionfo appare più rilevante e urgente che mai.

Un idolo sereno di Ganesh, il dio dei nuovi inizi, della saggezza e della fortuna, accanto a un artigiano che lavora su un’altra scultura di Ganesh. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Questa festa non è soltanto una celebrazione di un evento mitologico, ma rappresenta un riflesso della costante lotta tra il bene e il male, sia nel cosmo che all’interno di ciascuno di noi. I nove giorni del Navratri sono dedicati al culto di diverse forme della dea, che simboleggiano purezza, forza, conoscenza e protezione.

Un artigiano applica brillantini ai piedi di Maa Durga, aggiungendo il tocco finale di brillantezza. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Mentre gli artigiani del Chittaranjan Park lavorano instancabilmente nei vicoli stretti per modellare gli idoli di Maa Durga, catturano l’essenza della dea che si prepara a sconfiggere i demoni. Ogni dettaglio accuratamente realizzato riflette la sua natura feroce e compassionevole, incarnando la resilienza e il potere del divino femminile.

Uno sguardo allo spazio di lavoro dell’artista, con strumenti e sculture. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Un artigiano dipinge con cura i vividi dettagli dell’idolo di Ganesh. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Il volto del demone Mahishasur è illuminato in modo drammatico, evidenziando i contorni netti della sua espressione feroce. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Un idolo di Maa Durga appena scolpito si erge imponente. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Un artigiano dà il tocco finale al cigno che accompagna Saraswati, la dea della saggezza. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Una scultura incompiuta del Signore Kartikeya, il Dio della Guerra, si trova intatta in un angolo, in attesa che le mani dell’artista le diano vita. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Aste di bambù sostengono l’idolo di Maa Durga, assicurando il suo corretto equilibrio mentre si erge imponente e maestoso, in attesa di ulteriori modifiche. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con il permesso.

Un artigiano mescola colori vivaci in una ciotola, preparandosi a dipingere le sculture. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Un artista mescola fango e paglia per creare il materiale perfetto per la scultura. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Scultura appena completata, coperta, in attesa della verniciatura finale. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Un primo piano del volto di Maa Durga mentre la sua scultura si asciuga sotto il caldo sole del pomeriggio. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con il permesso.

Un artigiano mescola la vernice con concentrazione, mentre i colori si fondono tra loro, proprio come le storie che prendono vita durante il festival di Navratri. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Il volto di Mahishasur è completamente scolpito, con espressioni precise e minacciose di rabbia e sfida. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.

Le sculture sono disposte in file ordinate sotto il sole, ad asciugare in vista del festival. Immagine del fotoreporter Shivansh Srivastava. Utilizzata con autorizzazione.
Nel corso dei preparativi al Chittaranjan Park, questo microcosmo di devozione e creatività offre non solo uno scorcio sulla creazione dell’arte sacra, ma anche un riflesso del nostro bisogno collettivo di forza, resilienza e rinnovamento.
Informazioni sull’autore: Shivansh Srivastava è un fotoreporter di Delhi/NCR, India. Il suo lavoro si concentra principalmente su cultura, diritti umani, questioni di genere, dinamiche sociali, cambiamenti climatici e ambiente.
I miei omonimi a Gaza: portare i martiri con noi nella diaspora
Dal 2023 porto i Safa di Gaza con me ovunque vada. Hanno guidato le mie decisioni più importanti e mi hanno fatto sentire il peso della responsabilità di essere viva.

‘Unwritten memories: It should have been me/it could have been me’ (‘Memorie non scritte: dovevo essere io/potevo essere io’). Tatreez [en, come i link seguenti, salvo dove diversamente indicato] palestinese cucito a mano e collage fotografico su tela, 2024, dell’autore. Foto dell’autore, usata previo consenso.
Quando il Ministero della Salute di Gaza [en, come i link seguenti] ha pubblicato l’elenco delle persone uccise, non ho potuto fare a meno di cercare il mio nome. Quanti ‘me’ ho trovato? La prima volta che ho controllato, nel novembre 2023, erano stati uccisi 19 ‘me’ — poi il numero dei Safa uccisi di cui si aveva notizia è cresciuto fino a superare i 50, di età compresa tra gli 1 e gli 82 anni.
Che cosa ci unisce? E cosa potranno insegnarmi senza che ci siamo mai incontrati?
Una dualità palestinese
Mi sono spesso sentita tirata in due direzioni opposte — una dualità che percepisco da palestinese della diaspora: desiderio e angoscia. Da un lato, il desiderio dei ricordi d’infanzia che avrei potuto avere in Palestina — perché non io? Dall’altro l’angoscia al pensiero di ciò che sarebbe potuto accadere se la mia famiglia fosse fuggita verso Gaza e se ora fossi stata lì — e se fossi stata io?
Penso spesso a come la mia vita sarebbe potuta essere se avessi avuto dei ricordi d’infanzia in Palestina… specialmente nella mia fantasia di una Palestina libera. Magari saremmo andati sul Mar Mediterraneo per le nostre gite di famiglia.
Spesso penso anche che avrei potuto avere un destino diverso dalla mia realtà d’esilio. Se uno dei miei nonni avesse preso una decisione diversa nel 1948 e si fosse spostato verso sud, ora sarei potuta essere a Gaza.
Da figlia e nipote di rifugiati palestinesi, mi sono spesso trovata a pensare a come la mia vita sarebbe potuta essere diversa se fossero fuggiti verso sud durante la Nakba.
Noi palestinesi della diaspora abbiamo dovuto confrontarci con la sindrome del sopravvissuto, specialmente durante il genocidio a Gaza. Diana Safieh ha scritto: “Il costante flusso di notizie angosciose dalla Palestina — immagini di distruzione, storie di perdita e resoconti di violazioni dei diritti umani — è asfissiante. E mi sento in colpa nel parlare d’insonnia perché non è nulla in confronto a ciò che le persone in Palestina devono affrontare in continuazione”.
Un nome in comune
Mi consola credere che un legame unisca i Safa. Il fatto che abbiamo lo stesso nome potrà anche essere una coincidenza, ma crescendo ho riflettutto spesso sul suo significato.
Safa (in arabo: صفاء) si può tradurre in molti modi. A seconda della persona a cui si chiede, potrebbe essere tradotto come “chiarezza”, “serenità”, o “tranquillità”. È anche uno dei luoghi di culto più noti ai musulmani che intraprendono il pellegrinaggio: Safa e Marwa. La parola Safa compare nel nome di molti luoghi, come il villaggio di Umm Safa in Palestina. Nel sud della Siria c’è una montagna vulcanica che si chiama come me.
Crescendo mi sono chiesta spesso se queste chiarezza, serenità e tranquillità mi rappresentassero o se fossero un qualcosa a cui aspirare — che non riuscirò mai davvero ad ottenere ma proverò sempre a raggiungere. Spesso mi sono sentita nel caos, priva di equilibrio e confusa.
I Safa di Gaza, quelli della mia età o più grandi di me, erano confusi anche loro, oppure qualcuno di loro aveva capito tutto? Vorrei parlare soprattutto alla Safa 82enne. Era appena più grande di quanto è mia madre oggi. Quali erano i traguardi più importanti che ha raggiunto e i suoi ricordi più preziosi? Che consiglio avrebbe dato a noi altri Safa, se fosse stata ancora viva?
Nome (AR) | Nome (IT) | Sesso | Età | Data di nascita |
صفا سليمان سلمان النجار | Safa Suleiman Salman al-Najar | femmina | 1 | 2022-04-25 |
صفا بلال محمد الرملاوى | Safaa Bilal Mohammed Al-Ramlawi | femmina | 2 | 2021-10-12 |
صفاء عيسى ياسين السراج | Safaa Issa Yassin Al-Sarraj | maschio | 5 | 2019-01-01 |
صفاء خالد جهاد ابوجباره | Safaa Khaled Jehad Abu-jebara | femmina | 5 | 2018-10-11 |
صفا مثقال علي ابوسيف | Safa Muthqal Ali Abosaif | femmina | 8 | 2015-11-03 |
صفا اسعد علي عروق | Safaa Asaad Ali Arouq | femmina | 9 | 2014-07-09 |
صفا علاء عمر النمر | Safaa Alaa Omar Al-Nimr | femmina | 12 | 2011-05-18 |
صفاء عدنان عبدالكريم ابومصطفى | Safaa Adnan Abd Al-Karim Abu-Mustafa | femmina | 14 | 2009-05-10 |
صفاء شريف محمد الدلو | Safa Sharif Mohammed Al-Dalu | femmina | 14 | 2009-02-13 |
صفا ياسر عايدي وافي | Safa Yasser Aidi Wafi | femmina | 16 | 2008-05-19 |
صفا ايمن عبدالكريم عماره | Safaa Ayman Abd Al-Karim Amara | femmina | 18 | 2005-03-03 |
صفاء خليل عبدالحافظ البغدادي | Safaa Khalil Abd Al-Hafiz Al-Baghdadi | femmina | 18 | 2005-04-17 |
صفاء محمد كامل جنديه | Safaa Mohammed Kamel Jundiyeh | femmina | 19 | 2004-08-19 |
صفاء محمد يوسف شحيبر | Safaa Mohammed Yusuf Shahibir | femmina | 19 | 2004-03-05 |
صفاء جهاد موسى خليفة | Safaa Jihad Mousa Khalifa | femmina | 19 | 2005-03-18 |
صفا رافت جاسر الكحلوت | Safa Raafat Jaser Al-Kahlout | maschio | 23 | 2000-07-23 |
صفاء عمر حامد البطنيجي | Safaa Omar Hamed Al-Batniji | femmina | 24 | 1999-11-05 |
صفاء منذر عبدالحميد زينو | Safaa Munthr Abdalihamaid Zeino | femmina | 25 | 1998-01-06 |
صفاء جهاد التلباني | Safaa Jehad Altlbanei | femmina | 25 | 1999-01-01 |
صفاء حسن محمد عماره | Safaa Hassan Muhammad Ammarah | femmina | 25 | 1998-08-14 |
صفاء اكرم محمد ابوعيش | Safaa Akram Muhammad Abu-aish | femmina | 26 | 1997-06-20 |
صفاء نزار جميل حسونة | Safaa Nizar Jameel Hassouna | femmina | 26 | 1997-01-20 |
صفاء محمود محمد التترى | Safaa Mahmoud Muhammad Alttra | femmina | 27 | 1995-10-28 |
صفاء يوسف فراج فراج | Safaa Youssef Faraj Faraj | femmina | 27 | 1996-07-12 |
صفاء جميل محمود موسى | Safaa Jameel Mahmoud Moussa | femmina | 28 | 1995-03-10 |
صفاء حسن خليل ابوسيف | Safaa Hassan Khalil Abosaif | femmina | 30 | 1993-09-10 |
صفا محمود محمد الشوربجي | Safa Mahmoud Muhammad Alshoarabji | femmina | 30 | 1993-05-15 |
صفاء صابر محمود الزريعي | Safaa Sabr Mahmoud Alzriai | femmina | 30 | 1993-01-11 |
صفاء فؤاد عبدالكريم كرم | Safa Fawad Abd Al-Karim Karam | femmina | 30 | 1993-05-12 |
صفاء سهيل مراد الغندور | Safaa Suhail Marad Alghnadoar | femmina | 31 | 1991-12-14 |
صفاء طلال محمد البياع | Safaa Talal Muhammad Albiaa | femmina | 32 | 1991-06-10 |
صفاء عبدالرحيم خليل أبوشقرة | Safaa Abdalrahaiam Khalil Aboshqurah | femmina | 33 | 1990-05-11 |
صفاء كمال محمد علي ابوكميل | Safaa Kamal Muhammad Ali Abukamil | femmina | 34 | 1989-05-15 |
صفاء جمال احمد مشتهى | Safaa Jamal Ahmed Moshtaha | femmina | 34 | 1989-03-15 |
صفاء جودت مجدي منصور | Safaa Jodt Mjadi Munasoar | femmina | 36 | 1988-04-22 |
صفاء حرب سالم صباح | Safaa Harab Salem Sabah | femmina | 37 | 1986-09-12 |
صفاء عبدالسميع يونس الكفارنه | Safaa Abdul-sami Yunus al-Kafarna | femmina | 37 | 1986-11-28 |
صفا منصور عبد صبح | Safa Munasoar Abd Sbh | femmina | 38 | 1985-08-27 |
صفاء عادل عياده العجله | Safaa Adel Aiadah al-Ajlah | femmina | 38 | 1986-01-04 |
صفاء ابراهيم محمد جراده | Safaa Ibrahem Muhammad Jradah | femmina | 39 | 1984-03-19 |
صفاء علي محمد ابووردة | Safaa Ali Muhammad Abu-warda | femmina | 39 | 1984-02-26 |
صفاء هاني ابراهيم المدهون | Safaa Hani Ibrahem al-Madhoun | femmina | 39 | 1983-12-09 |
صفا صهيب حسام الفرا | Safa Suhib Husam al-Farra | femmina | 40 | 1984-07-04 |
صفاء محمد أحمد السراج | Safaa Mohammed Ahmed Al-Sarraj | femmina | 41 | 1982-07-28 |
صفاء الدين محمد سلمان التلباني | Safaa Addeen Muhammad Salman Altlbanei | maschio | 41 | 1982-05-24 |
صفاء نزهات صالح جحا | Safaa Nazuhat Saleh Jha | femmina | 44 | 1979-10-29 |
صفاء سالم صبح ابوقايدة | Safaa Salem Sbh Aboqaidah | femmina | 45 | 1979-03-12 |
صفاء عبدالرزاق خليل عياش | Safaa Abdalrzaq Khalil Aiish | femmina | 46 | 1977-02-27 |
صفاء عبدالجواد محمد ابوراس | Safaa Abdul-jawad Muhammad Aburas | femmina | 48 | 1975-07-26 |
صفاء احمد خليل اسماعيل | Safaa Ahmed Khalil Ismail | femmina | 49 | 1974-08-19 |
صفا عبد الرؤوف عايش اللحام | Safa Abd Arraouf Ayesh Allham | femmina | 49 | 1974-06-20 |
صفاء صبحى سلمان سويدان | Safaa Sbha Salman Suwaidan | femmina | 51 | 1972-03-15 |
صفا حسن محمد ابوسخيل | Safa Hassan Muhammad Aboskhil | femmina | 59 | 1964-04-12 |
صفاء مصطفي حسن الدن | Safaa Mustfi Hassan Aldn | femmina | 70 | 1953-04-24 |
صفا محمد عبدالله درغام | Safa Muhammad Abdullah Drgham | femmina | 73 | 1950-01-01 |
صفاء واكد وهدان أبو عقلين | Safaa Wakd Whadan Abu Aqlain | femmina | 82 | 1941-08-10 |
Maya Angelou una volta ha detto, “Vengo come una, ma ne porto 10.000 con me.” Un tempo pensavo che significasse che ovunque andassi avrei portato con me i miei nonni, zii, zie ed antenati, come anche i miei cari ancora in vita ma lontani. Dal 2023, invece, porto con me i Safa di Gaza ovunque vada. Hanno guidato le mie decisioni più importanti e mi hanno fatto sentire il peso della responsabilità di essere viva.
“Sì alle case, no alle baracche”: il progetto abitativo nato con la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo
Il SAAL nacque nell’estate del 1974 con l’obiettivo di dare alloggi dignitosi al popolo portoghese

Quartiere SAAL di Casal das Figueiras a Setúbal. 2022. Foto di Pedro Augusto Almeida, uso autorizzato
Portogallo, 1974: nel Paese più occidentale d’Europa vivevano 8,754 milioni di persone, di cui circa un quarto era analfabeta [pt, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione]; 38 bambini su 1.000 morivano nel primo anno di vita. Ciò accadeva sotto il regime dell’Estado Novo [it], in vigore dal 1933.
A 50 anni di distanza dallì’ 25 aprile 1974 [it], che segnò la fine del regime, il Paese si è trasformato sotto ogni punto di vista. Il colpo di Stato della cosiddetta Rivoluzione dei Garofani [en] ha spianato il cammino a molti cambiamenti guidati dalla gente scesa in strada.
Il 1° maggio di quell’anno, la prima Giornata dei Lavoratori dopo la rivoluzione del 25 aprile, si svolse la più grande manifestazione della storia portoghese, che spinse le classi meno abbienti a scendere in piazza. La popolazione iniziò anche a organizzarsi nei quartieri. Alcuni degli slogan dell’epoca erano: “Sì alle case, no alle baracche” e “Le case appartengono al popolo. Abbasso lo sfruttamento”.
A Porto, i residenti delle case popolari si riunirono per chiedere la fine dei regolamenti che li privavano della loro libertà. A Lisbona, gli abitanti delle baraccopoli si unirono alla lotta per chiedere un alloggio dignitoso e occuparono gli edifici sociali che erano stati completati ma non distribuiti. Più di 2.000 case furono occupate nelle città dove si concentrava il maggior numero di industrie, come Lisbona, Porto e Setúbal.
Sebbene non esistessero dati concreti sul numero di persone senza fissa dimora, o sulle condizioni in cui vivevano coloro che una dimora ce l’avevano, l’indagine del Primo censimento generale delle abitazioni: Portogallo continentale e isole, condotto dall’Istituto nazionale di statistica (INE) nel 1970, indicava l’esistenza di 31.110 “baracche e altro” in tutto il Paese.
L’architetto José António Bandeirinha, nella sua tesi “Il processo SAAL e l’architettura del 25 aprile 1974”, ha stimato che un quarto della popolazione residente in Portogallo viveva in spazi non idonei all’abitazione. Il primo governo provvisorio e quelli successivi adottarono misure urgenti per cercare di affrontare il problema.
Il 6 agosto 1974, meno di quattro mesi dopo la rivoluzione, fu formalmente istituito il SAAL, Servizio di Assistenza Ambulatoriale Locale, con un decreto firmato dal Ministro dell’Amministrazione Interna, Manuel da Costa Brás, e dal Segretario di Stato per l’Edilizia e l’Urbanistica, Nuno Portas.
Trattandosi di un decreto, tuttavia, il SAAL ebbe un fragile potere legislativo per risolvere i problemi abitativi del Portogallo. Nonostante ciò, permise la costruzione di 75 quartieri e la realizzazione di dinamiche realmente partecipative tramite la condivisione dei poteri tra enti pubblici, come il Fondo per lo Sviluppo Abitativo (FFH), professionisti e studenti di architettura, assistenti sociali e la popolazione che sarebbe andata ad abitare nei quartieri.
Bandeirinha racconta che il Segretario di Stato Nuno Portas, quando l’FFH iniziò a elaborare il piano di sostegno per le popolazioni che potevano usufruire del SAAL, procedette a “sistematizzare azioni e priorità che riflettevano una certa attenzione pragmatica basata sulle esperienze di cui aveva conoscenza diretta, in particolare quelle del Sud America e del Nord Africa”.
In questo modo, è possibile stabilire l’influenza sul SAAL degli esperimenti architettonici di interesse e dimensione sociale che ebbero luogo in America Latina a partire dagli anni Sessanta. Ne sono un esempio le iniziative di cooperativismo in Uruguay, i quartieri progettati da Germán Samper Gnecco [es] in Colombia e, soprattutto, PREVI, Progetto abitativo sperimentale, in Perù.
In questo Paese, il Presidente Fernando Belaúnde Terry, architetto di professione, iniziò ad attuare un piano che mirava, tra le altre cose, a risolvere il problema delle “barriadas” [es], ovvero le baraccopoli che stavano proliferando a Lima a causa di un enorme esodo rurale verso la capitale. Attraverso un concorso internazionale furono selezionati tredici architetti e architette provenienti da tutto il mondo, che parteciparono a PREVI insieme ad architetti e architette locali.
Con il colpo di Stato del 1968 [en] in Perù e l’instaurazione di una dittatura militare, le preoccupazioni sociali passarono in secondo piano e quindi soltanto 500 dei 1.500 alloggi previsti furono costruiti, tutti inaugurati nel 1974.
L’esperienza portoghese
A fronte di 170 progetti elaborati, il processo SAAL permise di costruire 76 quartieri: 17 attraverso la Delegazione SAAL/Nord, 34 attraverso la Delegazione SAAL/Lisbona e Centro-Sud e 24 attraverso la Delegazione SAAL/Algarve. La maggior parte dei comuni coinvolti si trova nella zona costiera del Portogallo. Più che la quantità, è però importante sottolineare le dinamiche che hanno caratterizzato questo programma di edilizia abitativa.
Come si potevano costruire quartieri che rispettassero e incorporassero le caratteristiche sociali ed economiche della popolazione? Le Brigate Tecniche istituite per la costruzione dei quartieri SAAL erano composte non solo da architetti e architette, ma anche da assistenti sociali, che svolsero un ruolo importante nella comprensione delle caratteristiche della popolazione a cui erano destinati.
Questa articolazione tra i vari attori del cambiamento sociale provocò un confronto diretto tra le diverse visioni sociali. Inoltre, quando possibile, i quartieri SAAL furono costruiti negli stessi luoghi in cui sorgevano le baraccopoli, in modo da preservare le dinamiche che si erano rafforzate nel tempo e che erano state fondamentali per resistere al potere autoritario dell’Estado Novo.
Un’altra possibilità contemplata dal SAAL era la costruzione autonoma. Quando le persone interessate lo ritenevano opportuno, potevano costruirsi la casa da sole.
La lotta per il diritto all’abitazione in Portogallo dopo la rivoluzione del 25 aprile è stata anche una lotta femminile. Come sostiene la ricercatrice Lia Antunes nel suo articolo “Il mio sogno? Avere una casa. Riflessioni sull’abitazione, la città e la cittadinanza femminile nel Portogallo rivoluzionario (1974-1976)”, le donne sono state protagoniste dei progetti e delle discussioni incentrate sul diritto alla casa.
Sebbene il SAAL abbia perso slancio dopo il colpo di Stato militare del 25 novembre 1975, che mise fine al processo rivoluzionario iniziato l’anno precedente, e sia stato soppresso nel 1976, si tratta di un esempio di politica pubblica che all’epoca incorporò la partecipazione popolare in modo reale e pionieristico e che non ebbe mai più seguito in Portogallo.
Nel 1976 si svolse a Vancouver, in Canada, il primo Forum Habitat organizzato dalle Nazioni Unite (ONU) e dedicato agli “insediamenti umani”. Il Portogallo decise di partecipare promuovendo il SAAL attraverso il documentario “Habitat: una sfida”, del regista portoghese Fernando Lopes, uno dei nomi del nuovo cinema portoghese, la cui opera più nota è “Belarmino” (1964).
Questa produzione del Centro Cinematografico Portoghese diede vita a un cortometraggio documentario sul problema della carenza di alloggi in Portogallo, sul modo in cui il SAAL stava compiendo i primi passi per risolvere il problema abitativo e sul contesto sociopolitico dell’“autostrada ai confini dell’Europa”, secondo la definizione del Portogallo data dal politologo Philippe Schmitter.
Abitazione, una protesta in corso
La Costituzione portoghese del 1976, nonostante le sue sette revisioni, continua a riconoscere l’abitazione come un diritto fondamentale (articolo 65). Tuttavia, la teoria non sempre corrisponde alla pratica e le possibilità aperte dal SAAL sono state pesantemente indebolite dalla speculazione immobiliare.
L’ultimo decennio ha visto un forte aumento dei prezzi delle case in Portogallo. Eurostat, che raccoglie dati e statistiche dell’Unione europea, sottolinea che i prezzi delle abitazioni sono aumentati del 7% nel primo semestre del 2024, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre la media dell’Unione europea è stata dell’1,3%.
Il coordinatore della Strategia nazionale per l’integrazione delle persone senza fissa dimora (ENIPSSA) ha ammesso che il numero di persone senza dimora è raddoppiato tra il 2018-2022.
Nel 2023, in diverse città portoghesi si sono svolte due grandi proteste di piazza sul tema della casa: il 1° aprile e il 30 settembre. Il 27 gennaio 2024, le strade delle principali città sono state teatro di proteste per il diritto all’abitazione e una nuova manifestazione si è tenuta a fine settembre.
Trump può aiutare il pachistano Imran Khan?
Molti si chiedono se Trump interverrà nella politica pakistana

Il presidente degli Stati Uniti Donald J. Trump accoglie il Primo ministro Imran Khan della Repubblica Islamica del Pakistan lunedì 22 luglio 2019, all’ingresso dell’ala ovest della Casa Bianca. (Foto ufficiale della Casa Bianca di Joyce N. Boghosian). Immagine via Flickr di Trump White House Archived. Dominio pubblico.
La complessa relazione tra gli Stati Uniti e il Pakistan è stata lungamente segnata da un misto di cooperazione e profonda ostilità [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], dovuto a relazioni diplomatiche conflittuali, politiche sul nucleare e problemi regionali quali la guerra in Afghanistan. Gli Stati Uniti sono visti da molti pachistani come una forza esterna che interviene nei propri affari interni, una narrazione creata da decenni di instabilità politica, volatilità economica e operazioni militari, specialmente durante la “Guerra al terrorismo” [it] da parte degli Stati Uniti.
Questa narrazione si è consolidata quando l’ex Primo ministro Imran Khan è stato destituito due anni fa. Lui ha rapidamente puntato il dito contro gli Stati Uniti per la sua caduta. Khan è stato destituito dal suo incarico nel 2022 in seguito a un voto di sfiducia da parte del parlamento pachistano. È stato poi condannato a 10 anni di prigione per corruzione nel gennaio del 2024, qualche settimana prima delle elezioni politiche pachistane di febbraio. A ogni modo, l’ex giocatore di cricket convertitosi in politico ha dichiarato che gli alti generali del proprio paese e Washington hanno cospirato per destituirlo dal proprio incarico. La dichiarazione non era verificata ma i suoi sostenitori l’hanno largamente accettata.
In questi giorni, dopo che Donald Trump ha conquistato una vittoria decisiva su Kamala Harris nelle elezioni presidenziali americane del 2024, i sostenitori di Imran Khan, l’ex Primo ministro pachistano incarcerato, sostengono che Trump troverà del tempo per scrivere un tweet che faccia luce sulla situazione di Khan. Pare che i due leader condividano un forte legame che risale a quando l’allora Primo ministro Khan ha fatto visita alla Casa Bianca nel Luglio del 2019. L’incontro è stato visto come una vittoria diplomatica di Khan, che incrementava la propria statura internazionale e dava segnali di un disgelo delle relazioni Stati Uniti-Pakistan.
Memori di quei tempi, i sostenitori di Khan, inclusi molti dei facenti parte dei 625.000 membri della comunità pachistano-statunitense, ritengono che Trump potrebbe essere disposto a sostenere l’ex Primo ministro nel corso del suo secondo mandato. Mentre Trump era presidente ha incontrato Khan (allora Primo ministro) molte volte, anche alla Casa Bianca. Quando i due leader si sono incontrati di nuovo nel gennaio del 2020, nella cornice del World economic forum a Davos, in Svizzera, il Presidente Trump ha definito Khan un “mio buon amico.”
La comunità pachistano-americana negli Stati Uniti ha instaurato stretti legami con la campagna di Trump e ha promesso il proprio supporto al Rappresentante Repubblicano piuttosto che alla Candidata Democratica Kamala Harris. Trump ha un atteggiamento non interventista e contrario alla guerra e ha dichiarato di opporsi alle “operazioni di cambio di regime” sul suolo straniero.
L’intrigo intorno al ritorno di Trump è reso più complicato dalle sue promesse elettorali, compreso il potenziale sostegno per il rilascio di Khan dalla detenzione. Un video che circola in rete lo mostra mentre promette alla camera il rilascio di Khan; si tratta tuttavia, di un vecchio video modificato dai sostenitori di Imran Khan e il fatto non è mai avvenuto.
Mentre Trump si prepara a insediarsi nel gennaio del 2025 rimane una domanda: Interverrà nella politica pachistana? Mentre i sostenitori di Khan sono naturalmente ottimisti, è vitale considerare le più ampie ramificazioni delle politiche estere statunitensi nell’Asia meridionale, specialmente sotto un leader come Trump che ha dato prova di un approccio transazionale alle politiche internazionali. La politica estera di Trump ha spesso dato la priorità alle relazioni personali e alle ricompense nel breve termine piuttosto che agli obiettivi strategici sul lungo termine.
Storicamente le amministrazioni statunitensi hanno utilizzato la propria autorità per influenzare i risultati in Pakistan, spesso preferendo gli interessi geopolitici alle norme democratiche. L’influenza dell’esercito nella politica pachistana non può essere sopravvalutata; il sistema militare esercita un potere significativo e detta spesso le scelte in fatto di politica estera. Gli analisti ritengono che indipendentemente da chi occuperà la Casa Bianca, gli Stati Uniti tratteranno più probabilmente con l’esercito pachistano piuttosto che con singoli politici. Questo presenta significativi ostacoli per Khan, il quale si è insediato come un outsider nei sistemi del potere tradizionale, sia quello pachistano che quello statunitense.
L’amministrazione Biden ha ripreso l’appoggio militare e gli investimenti in Pakistan, concentrandosi sulla tecnologia e le energie rinnovabili, aree a cui Trump potrebbe negare la priorità visti i suoi precedenti. L’idea che Trump assumerà una posizione più garantista verso Khan non garantisce che ignorerà gli interessi strategici degli Stati Uniti nella zona, soprattutto in merito alle relazioni con l’India e all’opposizione all’egemonia cinese.
Ciò nonostante, l’intervento di Trump, anche qualora fosse nominalmente in supporto di Khan, si rivelerebbe rischioso. I precedenti di Trump indicano che le sue decisioni in fatto di politica estera sono frequentemente influenzate da rapporti personali e interessi finanziari invece che da posizioni ideologiche coerenti; ciò crea preoccupazione circa il suo impegno a lungo raggio verso un qualunque risultato in Pakistan. Inoltre, il futuro impegno di Trump con il Pakistan potrebbe esacerbare le divisioni, specialmente se il suo appoggio dovesse essere interpretato come uno schierarsi contro il sistema militare. Una posizione del genere potrebbe rafforzare gli individui pro-Khan, esacerbando al contempo la lunga lotta per il potere civile-militare del Paese.
Va notato che Washington considera Islamabad un alleato contro Tehran nell’improbabile circostanza di un conflitto con l’Iran. C’è stato un consenso su questo durante il tavolo strategico tra Stati Uniti e Pakistan. Ora che i Repubblicani hanno preso il controllo della Casa Bianca, il Senato, e probabilmente la Camera dei rappresentanti, il nuovo governo si rivolgerà al Pakistan indipendentemente da Khan o altri legislatori. Una qualsiasi influenza dall’amministrazione Trump sarà motivata dagli obiettivi strategici degli Stati Uniti, specialmente nell’Asia meridionale, come a esempio la sicurezza regionale e l’opposizione all’influenza cinese piuttosto che da semplici considerazioni umanitarie.
Le Isole Marshall chiedono giustizia per i test nucleari statunitensi nel Pacifico
I test nucleari degli Stati Uniti hanno lasciato un’eredità radioattiva mortale

Immagine a colori di un’arma nucleare che viene fatta esplodere nell’atollo di Bikini, nelle Isole Marshall, nel 1946. Foto del governo degli Stati Uniti. Fonte: Account Flickr della Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari. CC BY-NC 2.0
La Repubblica delle Isole Marshall ha ottenuto una vittoria diplomatica dopo essere stata eletta come rappresentante del Pacifico nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite dal 2025 al 2027. In un post [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] su X (ex Twitter) ha promesso di promuovere l’agenda dei piccoli Stati insulari alle prese con il duro impatto del cambiamento climatico.
As the Marshallese proverb goes, ‘An pilinlin koba komman lometo’ (The collection of individual droplets makes a mighty ocean), the Republic of Marshall Islands is committed to representing the Pacific region and advocating for the interests of Small Island Developing States within the Council.
Come recita il proverbio marshalliano “An pilinlin koba komman lometo” (L’insieme delle singole gocce crea un oceano potente), la Repubblica delle Isole Marshall si impegna a rappresentare la regione del Pacifico e a difendere gli interessi dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo all’interno del Consiglio.
Il Paese ha inoltre rinnovato la sua richiesta di giustizia per le vicende legate al nucleare, chiamando in causa l’ONU e il governo degli Stati Uniti per il ruolo svolto nella conduzione di test atomici nel Paese dal 1946 al 1958. In quel periodo, le forze armate statunitensi hanno condotto almeno 67 test, in cui si stima che 318 ordigni esplosivi siano finiti nel Pacifico, sconvolgendo gli ecosistemi marini e causando danni permanenti alle aree circostanti. I test rilasciarono anche quantità massicce di radiazioni, che causarono impatti devastanti sulla salute degli abitanti dell’isola, tra cui ustioni, malformazioni congenite e cancro.
La potenza esplosiva totale di questi test è stata diverse migliaia di volte superiore a quella della bomba atomica che ha distrutto Hiroshima nel 1945.
Un dialogo interattivo promosso dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha evidenziato l’impatto distruttivo dei test. La segreteria del vice-alto commissario delle Nazioni Unite Nada Al-Nashif ne ha riassunto le conclusioni.
During consultations, the Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights heard harrowing accounts of the historical and ongoing impacts of nuclear testing: Stories of radiation exposure and the proliferation of cancers, of painful memories of miscarriages, stillbirths, and of what some Marshallese refer to as ‘jellyfish babies’ – infants born with translucent skin and no bones. A somber reminder of the gendered impacts of radiation exposure.
Durante le consultazioni, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha ascoltato testimonianze strazianti sugli effetti passati e odierni degli esperimenti nucleari: storie di esposizione alle radiazioni e di proliferazione di tumori, di ricordi dolorosi, di aborti spontanei, di bambini morti alla nascita e di quelli che alcuni marshallesi chiamano “bambini medusa”: neonati venuti al mondo con la pelle traslucida e senza ossa. Un cupo promemoria dell’impatto di genere dell’esposizione alle radiazioni.
Last Friday, 4 Oct, #HRC57 held an Enhanced Interactive Dialogue on the #nuclearlegacy in the Marshall Islands with @nuclear_RMI & @MEInonprofit. #OHCHR presented a report highlighting the ongoing effects of the 67 known nuclear tests performed between 1946 and 1958. pic.twitter.com/DOZpvyFQq8
— Marshall Islands Permanent Mission in Geneva (@RMIGeneva) October 7, 2024
Venerdì scorso, 4 ottobre, il #HRC57 (57esima sessione del consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite) ha tenuto un dialogo interattivo sulla #nuclearlegacy (eredità nucleare) nelle Isole Marshall con @nuclear_RMI (Comitato Nazionale sul Nucleare della Repubblica delle Isole Marshall) e @MEInonprofit (progetto formativo marshallese). L’#OHCHR (alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani) ha presentato un rapporto che evidenzia gli effetti attuali dei 67 test nucleari noti effettuati tra il 1946 e il 1958.
Alla 79ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, il presidente delle Isole Marshall Hilda Heine ha esortato l’ONU a dare il buon esempio chiedendo scusa per la decisione di approvare i test nucleari degli anni Cinquanta.
We did not choose this nuclear fate — it was chosen for us…We can’t undo the past. But as a United Nations, we owe it to ourselves to make amends through the adoption of a resolution which formally apologizes for the failure to heed the petition of the Marshallese people. By doing so, all of us will begin the process of healing, and to re-establish faith and trust in this institution.
The trust was violated when 67 known nuclear weapons were tested on our atolls, leading to perpetual displacement and depriving our people of their rights.
Non abbiamo scelto la strada del nucleare – questa è stata scelta per noi… Non possiamo cancellare il passato. Ma come Nazioni Unite, abbiamo il dovere di fare ammenda attraverso l’adozione di una risoluzione che si scusi formalmente per non aver dato ascolto alla petizione del popolo marshalliano. Così facendo, tutti noi inizieremo il processo di guarigione e ristabiliremo la fede e la fiducia in questa istituzione.
La fiducia è stata violata quando 67 armi nucleari accertate sono state testate sui nostri atolli, causando uno sfollamento perpetuo e privando il nostro popolo dei suoi diritti.
Heine ha anche affermato che “senza verità, non ci può essere giustizia”, riferendosi al rifiuto del governo statunitense di rendere pubblici i documenti relativi agli esperimenti nucleari.
Despite these wrongs, for almost 80 years, we have not received an official apology. There has been no meaningful reconciliation, and we continue to seek redress.
The Marshallese people were misled, forcibly displaced and subjected to scientific experimentation without their consent.
Nonostante questi torti, per quasi 80 anni non abbiamo ricevuto scuse ufficiali. Non c’è stata alcuna riconciliazione significativa e continuiamo a cercare un risarcimento.
Il popolo marshallese è stato ingannato, sfollato con la forza e sottoposto a esperimenti scientifici senza il suo consenso.
Danity Laukon, specializzata in curriculum per il sistema scolastico pubblico della Repubblica delle Isole Marshall, ha rappresentato i giovani a un evento collaterale delle Nazioni Unite a Ginevra. Ha sottolineato le conseguenze a lungo termine dei test nucleari nel suo Paese.
Unfortunately many of us in this generation are only starting to realize this history now. The younger generations are also impacted because of the nuclear testing and that’s true.
My grandparents were survivors of World War II, and when the nuclear bombs were exploding it triggered the trauma again from the world war that they lived through.
Purtroppo molti di noi in questa generazione stanno iniziando a rendersi conto di questa storia solo ora. Anche le generazioni più giovani sono colpite dai test nucleari, ed è vero.
I miei nonni erano sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale e l’esplosione delle bombe nucleari ha scatenato nuovamente il trauma della guerra mondiale che avevano vissuto.